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| By Schorle - Own work CC BY-SA 4.0 |
La sua morte è stata annunciata dalla figlia, Kierra Denise Foster Ba, in un post su Facebook.
Con la scomparsa di Al Foster, si chiude un capitolo fondamentale della storia del jazz contemporaneo. Il batterista dalle capacità straordinariamente acute e flessibili ha formato una corrente vorticosa nel jazz moderno per più di 60 anni, lasciando un'impronta indelebile su generazioni di musicisti e ascoltatori.
Al Foster (Aloysius Tyrone Foster) nacque a Richmond il 18 gennaio 1943, ma è nella sua lunga collaborazione con Miles Davis che trovò la sua dimensione artistica più compiuta. Foster fu noto soprattutto per la sua lunga collaborazione con Miles Davis tra la metà degli anni settanta e quella degli anni ottanta, un periodo che coincise con alcune delle trasformazioni più radicali nella musica del trombettista di Alton.
Tredici album risultarono dalla loro collaborazione 1972-1985, che incluse anche il ritiro auto-imposto di Miles dal 1975-1980. Foster non fu solo un musicista per Davis, ma anche un amico fidato. Foster fu anche uno dei pochi amici che Davis continuò a frequentare dopo il suo ritiro alla fine degli anni 70, testimoniando un legame che andava ben oltre la dimensione professionale.
Foster è stato anche notato per essere uno dei pochi musicisti a registrare regolarmente con Miles prima della sua pausa alla fine degli anni '70, e dopo il suo ritorno nel 1981. Questa continuità attraverso le diverse fasi della carriera di Davis dimostra la fiducia e la stima che il grande trombettista nutriva per il batterista di Richmond.
La carriera di Foster, un polistrumentista capace di suonare anche il sassofono, il pianoforte e il basso, cominciò precocemente a New York nei gruppi del trombettista Blue Mitchell, e Hugh Masekela nel 1960. Questa versatilità strumentale si rifletteva nella sua concezione della batteria, che non era mai fine a se stessa ma sempre al servizio del discorso musicale collettivo.
Batterista noto per il suo stile groove, e per essere un favorito di leader sia più giovani che veterani, inclusi Herbie Hancock, Sonny Rollins e Joe Henderson. Foster rappresentava quel tipo di musicista che riusciva a essere contemporaneamente innovativo e radicato nella tradizione, capace di adattarsi ai linguaggi più diversi senza mai perdere la propria identità sonora.
Foster fece la sua ultima performance il 18 gennaio 2025 — il suo 82º compleanno. C'è qualcosa di poetico e simbolico in questa coincidenza: un musicista che ha dedicato la vita alla musica che chiude la propria parabola artistica nel giorno del suo compleanno, come se la vita e l'arte si fossero fuse in un unico, perfetto accordo finale.
Il suono caratteristico di Foster fu specialmente un contributo benvenuto che sviluppò la sua lunga relazione con Miles Davis, insieme a Herbie Hancock, Joe Henderson, e Sonny Rollins. Questa rete di collaborazioni racconta la storia di un musicista che non era solo un accompagnatore, ma un vero e proprio co-creatore del linguaggio jazz contemporaneo.
Quando il batterista Al Foster era con Miles Davis negli anni Settanta, la musica di Davis non suonava per niente come jazz. Questa affermazione, lungi dall'essere una critica, descrive perfettamente la capacità di Foster di accompagnare Davis nelle sue esplorazioni più audaci, dal funk-jazz di "On the Corner" alle atmosfere elettroniche degli anni '80.
Foster possedeva quella qualità rara che distingue i grandi batteristi: la capacità di far swingare qualsiasi ritmo, di trovare il groove anche nelle situazioni più complesse, di essere contemporaneamente motore e volano del suono collettivo. La sua batteria non era mai invadente ma sempre presente, non era mai decorativa ma sempre funzionale al discorso musicale.
Con la morte di Al Foster, il jazz perde non solo un grande batterista, ma anche un testimone vivente delle sue trasformazioni più significative. Foster ha attraversato e contribuito a definire alcune delle stagioni più creative del jazz contemporaneo, dal post-bop degli anni '60 al fusion degli anni '70, fino alle sperimentazioni elettroniche degli anni '80.
La sua capacità di essere se stesso in ogni contesto, la sua fedeltà al groove e al suono acustico anche negli arrangiamenti più elettronici, la sua generosità come sideman e la sua leadership discreta ma sicura, fanno di Al Foster una figura insostituibile nel panorama del jazz.
Foster morì mercoledì nel suo appartamento di New York City, nella città che lo aveva adottato e che lui aveva contribuito a rendere il centro pulsante del jazz mondiale. La sua scomparsa lascia un vuoto incolmabile, ma la sua musica continuerà a parlare a chiunque creda che il jazz sia, prima di tutto, una conversazione tra spiriti liberi uniti dalla ricerca di una bellezza sempre nuova.
Al Foster ci ha insegnato che la batteria jazz non è solo ritmo, ma è il cuore stesso della musica, il luogo dove si incontrano tradizione e innovazione, dove si crea quello spazio magico in cui ogni nota trova il suo posto e ogni silenzio il suo significato.

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