Luciano Federighi - Confessin' the blues

Ci sono libri che raccontano la storia della musica attraverso date, discografie e classifiche. 

E poi ci sono libri che danno voce alle voci, che ti fanno entrare nelle stanze, nei camerini, nei locali dove il jazz, il blues e il soul si sono fatti carne, sudore, ironia, dolore e desiderio. Confessin’ the Blues di Luciano Federighi è uno di questi.

Pubblicato da Mimesis nel 2022, Confessin’ the Blues. Incontri e interviste con grandi voci jazz, blues e soul è molto più di una raccolta di interviste. È un viaggio appassionato e profondamente umano nel mondo della voce afroamericana, attraverso dialoghi autentici con cantanti noti e meno noti, raccontati con lo sguardo curioso, partecipe e competente di uno dei migliori divulgatori italiani del settore.

Federighi — critico, scrittore, musicista — non si limita a fare domande: ascolta, ricostruisce contesti, coglie sfumature. Si passa da artisti leggendari come Carmen McRae, Esther Phillips, Betty Carter, Etta Jones, Jimmy Scott, Tony Bennett, a figure spesso dimenticate ma fondamentali per capire l’anima del blues e del soul, come Johnny Adams, Bill Henderson o Roy Brown.

Leggendo, si ha la sensazione di essere lì, seduti accanto all’autore, in un bar fumoso o in una stanza d’albergo, mentre la cantante racconta un episodio della sua carriera, una ferita, una battaglia contro le case discografiche, un momento di grazia sul palco. Come quando Esther Phillips, stufa dei mancati pagamenti, affronta i dirigenti dell’etichetta con una mazza da baseball in mano. Non è solo folklore: è il blues vissuto.

Il libro scivola con eleganza tra jazz, soul, gospel, rhythm & blues. Non c’è bisogno di tracciarne i confini: per Federighi, ciò che conta è la voce come espressione dell’anima. E tutte le voci che compaiono in queste pagine hanno qualcosa da dire. Anche quando sono dimenticate dal mercato, anche quando il successo è durato un attimo, o non è mai arrivato.

È anche un atto d’amore per la musica vocale nera, troppo spesso messa in secondo piano nei testi di storia del jazz, dominati da strumentisti e capiscuola. Qui invece la parola torna protagonista. E lo fa con una naturalezza che coinvolge anche il lettore meno esperto: chiunque ami queste musiche troverà in Confessin’ the Blues una miniera di racconti, emozioni e scoperte. 

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