Kurt Elling e Yellowjackets Celebrate Weather Report - Jazzaldia 2025 (video)

Il 24 luglio 2025, la sessantesima edizione del prestigioso Jazzaldia di Donostia-San Sebastián ha ospitato uno degli eventi musicali più memorabili dell'anno: l'incontro tra due giganti del jazz contemporaneo per celebrare l'immortale eredità dei Weather Report. 

Kurt Elling, definito dal New York Times "il cantante maschio di maggior spicco del nostro tempo", si è unito ai leggendari Yellowjackets in una performance che ha rappresentato un momento epocale nella storia del festival basco.

La collaborazione tra Kurt Elling e gli Yellowjackets per celebrare i Weather Report ha rappresentato molto più di un semplice concerto tribute. Si è trattato di un incontro artistico che ha fuso due approcci diversi ma complementari al jazz contemporaneo: da una parte la voce straordinaria e l'innovazione interpretativa di Elling, dall'altra la solidità strumentale e la ricerca sonora dei Yellowjackets, band californiana con oltre quattro decenni di eccellenza musicale.

I Weather Report, considerati la quintessenza del jazz moderno degli anni '70 e '80, hanno lasciato un'eredità compositiva e stilistica che continua a influenzare generazioni di musicisti. Il progetto "Celebrate Weather Report" non si è limitato a una semplice rivisitazione nostalgica, ma ha proposto reinterpretazioni audaci e originali che hanno onorato lo spirito innovativo del gruppo guidato da Joe Zawinul, Wayne Shorter e Jaco Pastorius.

Il repertorio della serata ha incluso classici come "A Remark You Made", "Three Views of a Secret" e "Continuum", con un'enfasi particolare sulle composizioni di Wayne Shorter, recentemente scomparso e considerato uno dei compositori più influenti del jazz moderno.

Kurt Elling, nominato ai Grammy 2025 per il "Best Jazz Vocal Album" con "Wildflowers Vol. 1", ha portato al progetto la sua inconfondibile capacità di trasformare qualsiasi materiale musicale in un'esperienza emotiva profonda. La sua voce baritonale e le sue straordinarie doti improvvisative hanno dato nuova vita alle complesse architetture sonore dei Weather Report, creando un ponte tra l'eredità fusion degli anni '70 e il jazz vocale contemporaneo.

Christian McBride's Big Band - Without Further Ado, Vol.1

Nel panorama del jazz contemporaneo, pochi nomi risuonano con la stessa autorità e versatilità di Christian McBride

Il bassista, compositore, arrangiatore, produttore e bandleader pluripremiato torna ora con un progetto ambizioso che conferma il suo status di innovatore: "Without Further Ado, Vol.1", un album che rappresenta il perfetto equilibrio tra tradizione big band e sperimentazione artistica.

Christian McBride non ha bisogno di presentazioni per gli amanti del jazz: la sua carriera abbraccia decenni di eccellenza musicale, collaborazioni leggendarie e riconoscimenti internazionali. Con la sua Big Band vincitrice del Grammy Award, McBride dimostra ancora una volta perché sia considerato uno dei musicisti più influenti della sua generazione.

"Without Further Ado, Vol.1" rappresenta il seguito stellare del acclamato "For Jimmy, Wes & Oliver" del 2020, confermando la capacità di McBride di riunire talenti eccezionali attorno a una visione artistica unica.

L'album, pubblicato il 29 agosto 2025 su Mack Avenue Records, presenta una lineup di ospiti che solo un artista del calibro di Christian McBride potrebbe assemblare. Il roster include nomi leggendari come Sting, Andy Summers (The Police), Jeffrey Osborne, oltre a stelle contemporanee del jazz come Samara Joy, José James, Cécile McLorin Salvant, Dianne Reeves e Antoinette Henry.

Questa collaborazione trans-generazionale e trans-genere crea un dialogo musicale unico, dove rock, pop, soul e jazz si fondono in arrangiamenti sofisticati e coinvolgenti.

Il disco presenta otto brani che dimostrano l'incredibile versatilità della Big Band di McBride. Ciò che rende "Without Further Ado, Vol.1" particolarmente speciale sono gli arrangiamenti magistrali che McBride crea per ogni brano. L'album funziona tanto come showcasing vocale quanto come dimostrazione della potenza di una big band moderna. La versatilità di McBride si riflette in ogni traccia, dove generi apparentemente distanti si incontrano in un linguaggio musicale comune.

Wayne Shorter - Introducing Wayne Shorter (Original Jazz Classics)

La prestigiosa collana Original Jazz Classics di Craft Recordings celebra il 2025 con una ristampa fondamentale: "Introducing Wayne Shorter", l'album di debutto del leggendario sassofonista tenore che segnò l'inizio di una delle carriere più influenti nella storia del jazz moderno.

Originariamente pubblicato su Vee-Jay nel 1960, "Introducing Wayne Shorter" rappresenta un momento cruciale nella storia del jazz: il primo passo di Wayne Shorter come leader, dopo gli anni formativi nei Jazz Messengers di Art Blakey. L'album sarà disponibile in formato digitale dal 27 giugno 2025 e in vinile 180g dal 29 agosto 2025.

Ciò che rende questo album particolarmente speciale è la formazione straordinaria che accompagna il giovane Shorter. L'album presenta il bassista Paul Chambers e il batterista Jimmy Cobb, la sezione ritmica di Miles Davis, insieme a Lee Morgan alla tromba e Wynton Kelly al pianoforte. Questa combinazione di talenti crea un sound inconfondibile che fonde la freschezza dell'innovazione con la solidità dell'esperienza.

L'album include 5 composizioni originali di Shorter e una cover di "Mack The Knife". Il programma dimostra fin da subito la capacità compositiva di Shorter, con brani che spaziano dall'hard bop più tradizionale a soluzioni armoniche e melodiche che anticipano le sue future esplorazioni avant-garde.

Questo album rappresenta molto più di un semplice debutto discografico. Come primo sforzo di Shorter come bandleader, l'album presenta una formazione stellare che offre sei brani di hard bop di qualità. È il documento di un artista che, pur essendo ancora agli inizi della sua carriera da leader, dimostra già una voce compositiva distintiva e una visione artistica matura.

Allan Harris - The Poetry of Jazz

Nell'universo musicale contemporaneo, raramente si assiste a progetti artistici che riescono a fondere con tale naturalezza due forme d'arte apparentemente distinte. 

"The Poetry of Jazz" di Allan Harris rappresenta esattamente questo: un'opera che trasforma la poesia classica in esperienza jazz vivente, creando un dialogo intimo tra parola e musica.

Allan Harris non è semplicemente un cantante jazz, ma è, in molti modi, un capitolo vivente nella storia del jazz stesso. 

Con una carriera che abbraccia continenti e generazioni, questo vocalist, chitarrista e narratore di Brooklyn, ora residente ad Harlem, ha alle spalle 17 album e continua a ridefinire il jazz per nuove audience.

La sua presenza scenica va oltre la performance musicale: Harris è un educatore e un narratore che intesse storia e intuizione in ogni esibizione, portando con sé un'autorità silenziosa e un impegno incrollabile verso l'arte che rappresenta.

"The Poetry of Jazz: Live at Blue LLama" è uscito l'11 luglio 2025 via Blue Llama Records e rappresenta un'audace incursione nel regno del verso poetico. Accompagnato dal pianista John Di Martino, dal bassista Jay White, dalla batterista Sylvia Cuenca e dal violinista Alan Grubner, Harris intreccia le parole di William Shakespeare, Langston Hughes, Robert Frost e altri maestri letterari con originali ispirati e standard senza tempo.

Harris non si limita a cantare: interpreta, recita e trasforma le poesie classiche in esperienze jazz completamente nuove. Sostenuto da un quartetto jazz dinamico, Harris infonde ogni verso con ritmo, melodia ed emozione.

La scelta di registrare l'album dal vivo al Blue LLama Jazz Club non è casuale. Questo formato permette di catturare l'energia spontanea e l'interazione diretta tra artista e pubblico che caratterizza l'essenza stessa del jazz. L'esperienza di "Poetry of Jazz" rappresenta l'incontro tra poesia classica e jazz spirituale in una performance ispirata e dinamica.

Simone Sessa - Space Echo

Con Space Echo Simone Sessa conferma il suo talento di chitarrista e compositore capace di muoversi oltre i confini di genere. 

Pubblicato dall’etichetta indipendente Dodicilune, l’album vede il musicista pugliese guidare il trio Genetic, formato insieme a Umberto Lepore al basso e al contrabbasso e Marco Castaldo alla batteria. Una formazione solida, che ha trovato nel tempo un equilibrio naturale e una forte intesa creativa.

Il disco si presenta come un vero e proprio viaggio musicale. La chitarra di Sessa esplora paesaggi che uniscono jazz, ambient, post-rock e progressive, intrecciando linee melodiche nitide e aperture improvvisative. 

La sezione ritmica accompagna con precisione e inventiva, contribuendo a creare un suono compatto e dinamico. Ne risultano otto brani diversi tra loro, capaci di alternare energia e introspezione, forza ritmica e delicatezza lirica.

Tra i momenti più intensi emerge Genetic Heritage, brano che sembra racchiudere l’essenza del progetto, con una scrittura incisiva che si intreccia a una forte espressività collettiva. A chiudere l’album c’è invece The Brave Traveler, una ballata acustica che svela la vena più intima e riflessiva di Sessa, confermando la varietà di registri che il trio è in grado di attraversare.

Charles Lloyd pubblica un singolo dal suo nuovo album

È stato pubblicato oggi il nuovo singolo “Hina Hanta, the Way of Peace”, anticipazione del prossimo doppio album in studio di Charles Lloyd, intitolato Figure In Blue, in uscita il 10 ottobre 2025 via Blue Note Records

L’album, il dodicesimo di Lloyd per l’etichetta, vede il leggendario sassofonista impegnato in un nuovo trio con il pianista Jason Moran e il chitarrista Marvin Sewell. Il progetto spazia tra mondi sonori diversi, dal blues più grezzo del Delta a ballate di rara bellezza

Il titolo del singolo rimanda alla tradizione dei Choctaw, popolazione nativa del Sudest americano. Lloyd, che ha origini legate a questa comunità attraverso la trisavola Sallie Sunflower Whitecloud, ha voluto rendere omaggio alla sua forza e alla sua resilienza. 

La memoria di questa figura, capace di affrontare prove durissime pur di rimanere fedele al proprio cammino, diventa per il musicista fonte di ispirazione spirituale e motore creativo. In Hina Hanta il sax sembra farsi voce di una preghiera universale, fragile e potente insieme, sostenuta dal dialogo con pianoforte e chitarra.

Il nuovo album Figure In Blue raccoglie brani originali, riletture di composizioni già affrontate in passato e nuove interpretazioni del repertorio jazz. È un’opera che unisce dimensione intima e forza orchestrale, capace di passare dalla dolcezza di una ballata alla crudezza del blues più viscerale. Nonostante l’età avanzata, Lloyd dimostra ancora una freschezza creativa sorprendente e un suono che conserva la sua intensità luminosa.

A Cesena il concerto di Richard Galliano

Prosegue sul territorio regionale il viaggio musicale dell’Emilia Romagna Festival (ERF), giunto quest’anno alla sua 25esima edizione, con 67 appuntamenti in comuni e location differenti, e tantissimi artisti coinvolti.

A Cesena l’ultimo appuntamento con questo lungo itinerario musicale che unisce la bellezza dei luoghi con la magia della musica, è in programma per lunedì 1° settembre, alle ore 21:00. 

Si tratta di ‘Passion Galliano: Around Gershwin’, un concerto d’eccezione con Richard Galliano, fisarmonicista e compositore di fama internazionale, che ha rivoluzionato la storia della fisarmonica fondendo jazz, musica classica e tradizione francese. 

Nel programma ‘Around Gershwin’, Galliano propone una rilettura originale della celebre Rhapsody in Blue, arricchita da improvvisazioni e omaggi musicali a Gershwin, Debussy, Satie, Ravel, Piazzolla e alle sue stesse composizioni.

Un viaggio sonoro unico, in cui epoche e stili si intrecciano in un’esplosione di creatività e virtuosismo, portando sul palco l’essenza della sua “New Musette”: un genere che unisce la raffinatezza della chanson francese al linguaggio del jazz. Un’esperienza imperdibile con uno dei più grandi interpreti contemporanei della musica improvvisata. 

Dal 2 al 22 novembre, la 45^ edizione di MantovaJazz

L’edizione di “MantovaJazz 2025” è stata presentata venerdì 29 agosto, nella sala Consiliare del Palazzo Municipale di via Roma 39, dal sindaco di Mantova Mattia Palazzi e per il festival da Giorgio Signoretti e Roberto Biaggi della direzione artistica e dal responsabile Marco Monici.

Il cartellone 2025 del Chiozzini ruoterà intorno a quattro maestri che del jazz hanno fatto un terreno di incontro con lo “swing del mondo”. Tre di questi sono pianisti, quasi a voler continuare l’opera di ricognizione che negli ultimi anni ha portato a Mantova maestri classici e nuovissimi come Carla Bley, Fred Hersch, Joey Alexander e Tigran Hamasyan. 

Due sono autentici campioni delle sensibilità latine del Centro-America, come il panamense Danilo Pérez (sabato 8 novembre) e il cubano Gonzalo Rubalcaba (mercoledì 12 novembre), il terzo è un musicista cosmopolita come l’israeliano Shai Maestro (sabato 22 novembre), la cui straordinaria qualità pianistica sarà pienamente percepibile anche in una masterclass pomeridiana con gli studenti del Conservatorio. Il cartellone è completato dal formidabile contraltista afroamericano Immanuel Wilkins (domenica 2 novembre), che sta vivendo un momento artistico straordinariamente felice che lo vede come voce di punta della sempre imprescindibile scena del jazz di New York.

MantovaJazz - Festival “Roberto Chiozzini”, è frutto di una storica partnership tra ARCI Provinciale e Circolo del Jazz e porta a Mantova ininterrottamente dal 1981 il più grande jazz della scena statunitense ed europea, individuando ogni anno un tema complessivo che serva da stimolo, rivolto a spettatori, musicisti e studenti, per una riflessione sempre più consapevole sul valore assoluto che il jazz ha assunto come forma espressiva universale e straordinariamente ricca e vitale.

Abdullah Ibrahim & Ekaya con Terence Blanchard al Heineken Jazzaldia 2017 (video)

La sera del 25 luglio 2017 la Plaza de la Trinidad, cuore pulsante del Heineken Jazzaldia di San Sebastián, si trasformò in un luogo sospeso tra memoria e attualità. 

Sul palco arrivò Abdullah Ibrahim, figura leggendaria del jazz sudafricano, alla guida del suo ensemble Ekaya, accompagnato per l’occasione dalla tromba elegante e incisiva di Terence Blanchard. Fu un incontro di mondi musicali diversi, un abbraccio tra Africa e America, tra radici profonde e modernità sonora.

L’ensemble di Ibrahim, compatto e raffinato, costruiva intorno al pianoforte un tessuto di suoni stratificati che si muoveva tra momenti meditativi e improvvise aperture corali. Il dialogo tra i fiati, sostenuti da una sezione ritmica attenta e flessibile, creava un impasto timbrico di grande ricchezza. In questo contesto la tromba di Blanchard emergeva come una voce contemporanea capace di legarsi alla tradizione senza rinunciare a un linguaggio personale, donando nuova luce a melodie che affondano le loro radici nel Cape Jazz di Ibrahim.

Il concerto si caricava inevitabilmente di una dimensione storica. Ibrahim, nato a Città del Capo nel 1934 e definito a più riprese “Mozart sudafricano”, porta con sé un bagaglio di esperienze segnato dall’esilio e dalla rinascita. La sua musica è un ponte tra culture, un intreccio di gospel, melodie africane e improvvisazione jazzistica che negli anni lo ha reso un simbolo non solo musicale ma anche politico. Di fronte a lui, Blanchard incarnava un’altra storia: quella di New Orleans, dei Jazz Messengers e del jazz che dialoga con il cinema, un percorso che lo ha reso una delle trombe più riconoscibili della sua generazione.

L'album Tony Bennett-Bill Evans 50 anni dopo

Nel 1975, due giganti della musica americana si incontrarono in studio per creare quello che molti considerano ancora oggi uno dei più grandi album di jazz vocale mai realizzati. 

"The Tony Bennett/Bill Evans Album" celebra quest'anno il suo cinquantesimo anniversario, confermandosi come un'opera che ha ridefinito i parametri artistici della collaborazione tra voce e pianoforte.

L'album rappresentò l'unione tra due maestri ai vertici della loro arte: Tony Bennett, già affermato interprete del Great American Songbook, e Bill Evans, uno dei pianisti jazz più innovativi e lirici del suo tempo. 

L'album presentava solo voce e pianoforte, senza musicisti aggiuntivi, con i due artisti che selezionarono personalmente i brani e elaborarono gli arrangiamenti per quello che sarebbe diventato il primo di due album insieme.

La genesi di questa collaborazione nacque dalla reciproca stima artistica. Bennett aveva sempre dimostrato una particolare sensibilità verso il jazz e i suoi interpreti, mentre Evans aveva sviluppato uno stile pianistico caratterizzato da una poeticità e un'intimità che si sposavano perfettamente con l'approccio interpretativo del cantante.

Queste performance rappresentano qualcosa di unico - un punto culminante della forma musicale, come sottolineano i critici contemporanei. La forza dell'album risiede proprio nella sua apparente semplicità: due musicisti, due strumenti (voce e pianoforte), e una selezione di standard jazz scelti con cura maniacale.

Il repertorio spazia attraverso alcuni dei più amati classici del jazz e della canzone americana, tra cui "My Foolish Heart", "The Touch of Your Lips", "Young and Foolish" e "Days of Wine and Roses". Ogni brano diventa un dialogo intimo tra i due artisti, dove la voce calda e espressiva di Bennett si intreccia con le linee pianistiche raffinate ed evocative di Evans.

Alexa Tarantino - The Roar and the Whisper

Alexa Tarantino ha pubblicato il suo quinto album in studio, The Roar and the Whisper, per l’etichetta Blue Engine Records, legata al Jazz at Lincoln Center. 

Il progetto conferma la maturità artistica della sassofonista e flautista statunitense, riconosciuta oggi come una delle voci più originali e versatili della scena jazz contemporanea.

Il disco nasce dalla collaborazione con musicisti di grande affiatamento: Steven Feifke al pianoforte, Philip Norris al contrabbasso e Mark Whitfield Jr. alla batteria. 

A questi si aggiungono ospiti di spicco come la cantante Cécile McLorin Salvant, che presta la sua voce a due brani, tra cui una sua composizione, e il percussionista Keita Ogawa, che arricchisce con sfumature ritmiche un omaggio a Billy Strayhorn. L’album comprende anche un tributo a Wayne Shorter, dimostrando la capacità di Tarantino di dialogare con il repertorio storico senza rinunciare alla propria cifra personale.

Il titolo The Roar and the Whisper nasce dall’idea di esplorare la dualità tra forza ed eleganza, tra energia e delicatezza. In questa contrapposizione si racchiude l’essenza del progetto: un lavoro che alterna momenti di impeto e improvvisazioni travolgenti a episodi lirici e meditativi. Il primo singolo, “Provoking Luck”, ha già mostrato questa direzione, coniugando virtuosismo tecnico e comunicatività immediata.

La critica ha sottolineato come l’album rappresenti una sintesi particolarmente equilibrata del linguaggio di Tarantino. L’artista unisce la precisione della scrittura a una grande libertà improvvisativa, attraversando territori che vanno dallo swing alle atmosfere più rarefatte, sempre con un forte senso narrativo. La varietà timbrica dei fiati, arricchita dalla sua padronanza anche del flauto, conferisce al disco un colore unico e inconfondibile.

Love and Understanding: The Jazz Photography of Don Schlitten (Edizione Inglese)

Don Schlitten lavorava come fotografo e grafico pubblicitario a New York quando co-fondò la Signal Records nel 1955. 

Quando la Signal fu incorporata nella Prestige Records poco dopo, Bob Weinstock, a capo della Prestige, assunse Don per produrre musica, fotografare musicisti e disegnare copertine di album. 

Il suo nome impreziosisce le copertine di oltre 400 dischi prodotti tra gli anni '50 e '80, come produttore, fotografo o designer di album, spesso tutte e tre le cose.

Questo libro presenta oltre 100 foto, selezionate personalmente da Don Schlitten come le sue migliori, molte inedite, altre note come copertine di album ma inserite in un nuovo contesto nel loro formato originale. 

Con icone del jazz come Miles Davis, Thelonious Monk, John Coltrane, Ella Fitzgerald, Sonny Rollins e Frank Sinatra, il libro include anche foto spontanee di giganti del jazz poco conosciuti come Booker Ervin, Eric Dolphy, Mal Waldron, Don Patterson, Etta Jones e Sonny Criss, tra gli altri.

Il libro include un saggio biografico scritto dallo scrittore jazz Ted Panken, con un'introduzione del "Jazz Detective" in persona, Zev Feldman. Come bonus aggiuntivo, il libro presenta una striscia a fumetti di American Splendor in cui Don istruisce Harvey Pekar, oltre a una galleria delle 30 copertine dei suoi album preferiti.

prolex - prolex

L’esordio discografico di prolex, con l’omonimo album, propone una serie di ambienti sonori che mirano a condensare le esperienze personali e i background dei tre giovani musicisti della band, ovvero Maurizio de Gennaro (chitarra), Fabio Angeli (basso) e Matteo Stefani (batteria).

prolex è una sorta di concept album che mira a esprimere musicalmente una dimensione esistenziale particolare, quella che nasce dall’esperienza della generazione degli anni Duemila.

«prolex – dichiara il trio – è figlio di un mondo iperconnesso che segue la velocità delle macchine e dove l’errore non viene ammesso. Parla del senso di solitudine frutto della società individualista moderna e di un allontanamento progressivo dalla natura e dai suoi ritmi più umani. Soprattutto incorpora il senso di inadeguatezza e di impotenza di un’intera generazione. Quest’esperienza rimane impressa nella nostra musica e diventa parte costituente dell’estetica e delle tematiche dei brani».

Peculiarità sostanziale del progetto non è evidenziare le capacità strumentali dei singoli membri, quanto piuttosto delineare uno spazio comune, dare forma a un progetto collettivo in cui il contributo di ciascuno sia fondamentale e di pari importanza, senza porsi limiti di genere e sfruttando l'improvvisazione come strumento narrativo.

«Per questo motivo – confidano i tre – lo spazio solistico è ridotto all’osso ed è stato inserito in un secondo momento nel processo di creazione, per essere a servizio del sound complessivo. Il suono del gruppo è sicuramente l’aspetto che privilegiamo, una caratteristica che sia allo stesso tempo decisamente riconoscibile ed estremamente malleabile. Il metodo compositivo – proseguono – è perciò molto vario, a volte qualcuno propone un brano piuttosto completo, altre volte partiamo da bozze da elaborare insieme o da vere e proprie jam».

Jacob Collier rende omaggio a Brian Wilson con “Keep An Eye On Summer”

Jacob Collier ha presentato al pubblico il suo primo singolo dell’anno, una rivisitazione di “Keep An Eye On Summer”, brano poco conosciuto dei Beach Boys pubblicato originariamente nel 1964 nell’album Shut Down Volume 2. 

La scelta non è casuale: Collier, da sempre affascinato dalle armonie vocali e dalla sensibilità compositiva di Brian Wilson, ha trovato in questo pezzo minore del repertorio un perfetto equilibrio tra malinconia e raffinatezza.

L’idea di reinterpretarlo è nata quasi per gioco, durante il solstizio d’estate del 2024. In quell’occasione l’artista inglese registrò in poche ore una versione intima e spontanea, senza pensare a una pubblicazione ufficiale. 

La morte di Brian Wilson, avvenuta l’11 giugno 2025, ha poi trasformato quella registrazione in qualcosa di più profondo: un gesto di riconoscenza verso uno dei suoi più grandi punti di riferimento.

La nuova versione si distingue per la sua essenzialità. Collier si affida alle sue chitarre Taylor a cinque e dieci corde, costruendo un tessuto sonoro delicato, fatto di armonie strette e timbri caldi. Ne emerge un’atmosfera meditativa, che lascia spazio all’emozione pura e rende omaggio allo spirito originale del brano, filtrato attraverso la sensibilità contemporanea di un musicista abituato a muoversi tra generi e sperimentazioni.

Bernstein - Gatto - Lanzoni “Organ Trio” a Empoli

Martedì 16 settembre data extra del Festival di Firenze nel Chiostro della Collegiata di Empoli, dove si esibirà il Bernstein-Gatto-Lanzoni Organ Trio.

La formazione è composta da tre grandi protagonisti del jazz contemporaneo: Peter Bernstein, chitarrista di riferimento della scena newyorkese; Roberto Gatto, tra i batteristi più autorevoli in Italia; e Alessandro Lanzoni, pianista e organista di talento, vincitore del Top Jazz. 

Questo trio inedito è frutto della collaborazione ormai consolidata tra Roberto Gatto e Peter Bernstein al quale si unisce Alessandro Lanzoni qui in veste di "hammondista". Una formula molto collaudata quella dell'organ trio e sempre molto accattivante.

Bernstein, figura chiave della scena newyorkese, ha collaborato con leggende come Sonny Rollins, Lonnie Smith, Brad Mehldau.

Gatto, uno dei più influenti batteristi italiani, vanta una carriera internazionale con artisti come Chet Baker, Michael Brecker e Joe Zawinul.

Lanzoni, pianista e compositore raffinato, ha vinto il Top Jazz come miglior nuovo talento e oggi esplora l'Hammond con linguaggio personale e contemporaneo.

Il trio propone un repertorio che attraversa standard rivisitati, composizioni originali e momenti di puro interplay, nel segno della libertà espressiva.

Jan Garbarek Group feat. Trilok Gurtu a Venezia

Nell’ambito della nuova rassegna Incroci in musica, il 4 ottobre (ore 20.00) al Teatro Goldoni di Venezia si terrà il concerto Jan Garbarek Group feat. Trilok Gurtu.

Jan Garbarek può probabilmente essere considerato uno dei musicisti che detta lo stile nel jazz europeo. E questo è stato valido per gli ultimi cinquant’anni. Innumerevoli musicisti sono stati influenzati dal suono di questo sassofonista norvegese, spesso descritto come ipnotico, lirico, vocale, etereo, meditativo e sicuramente scandinavo. 

Invece che adagiarsi su questo, e al contrario della sua auto-dichiarata pigrizia, Jan Garbarek all’età di 71 anni si batte ancora per avere esperienze musicali nuove e sempre migliori, preferibilmente live in concerto: ”cerco solo di suonare ciò che io stesso vorrei ascoltare”, spiega con grande modestia. “Se qualcuno riesce ad immedesimarsi, allora ottimo. Ogni reazione è buona. E anche nessuna reazione va bene. Ad essere onesto, non fa una gran differenza. Mettiamola così: io non sono Elvis Presley. Non posso prevedere o anticipare ciò che prova l’ascoltatore. Ma quando i musicisti sentono che sono dentro al ritmo, è un incantevole momento di pura felicità. Quella sensazione è assoluta euforia.”

Garbarek si mantiene in forma con la sua pratica quotidiana e “non vede una fine vicina” ma pianifica di continuare a essere creativo finche la salute glielo permette. Continua a comporre nuova musica incessantemente. 

Quando parla del suo lavoro creativo lo definisce una “cosa rotolante” e aggiunge: “prima di poter solo pensare a una melodia o a una progressione di accordi, parto con l’idea di un particolare ritmo.” Nel 1963, figlio di un ex prigioniero di guerra polacco e della figlia di un contadino norvegese, è stato ispirato più da John Coltrane che dai Beatles. 

1959: l’anno che cambiò il jazz (video)

Ci sono momenti nella storia della musica che rappresentano autentiche svolte, anni in cui l’arte sembra accelerare e aprire strade nuove. Per il jazz, quell’anno è il 1959. 

A raccontarlo con precisione e passione è il documentario “1959: The Year that Changed Jazz”, una produzione della BBC andata in onda nel 2009, diretta da Paul Bernays. 

In meno di un’ora, il film ricostruisce un anno cruciale, in cui quattro dischi fondamentali vennero pubblicati a distanza di pochi mesi, cambiando per sempre la direzione del jazz moderno.

Il documentario si concentra infatti su quattro album cardine:

Miles Davis – Kind of Blue, manifesto del jazz modale, che con la sua essenzialità lirica aprì nuove possibilità di improvvisazione.

Dave Brubeck – Time Out, con i suoi tempi dispari che rivoluzionarono il rapporto tra melodia e ritmo.

Charles Mingus – Mingus Ah Um, un lavoro che fonde blues, gospel e denuncia sociale, trasformando la musica in racconto.

Ornette Coleman – The Shape of Jazz to Come, il disco che spalancò le porte al free jazz, liberando l’improvvisazione dalle griglie armoniche tradizionali.

John Taylor - Tramonto

Il nuovo album "Tramonto" di John Taylor, in uscita il 19 settembre 2025 per ECM Records, rappresenta un documento musicale straordinario che cattura l'energia e la creatività del compianto pianista britannico (1942-2015) in una delle sue performance più vibranti. 

Registrato dal vivo durante un tour della Contemporary Music Network a Birmingham nel gennaio 2002, l'album presenta Taylor insieme a due musicisti americani di eccezionale calibro: il bassista Marc Johnson e il batterista Joey Baron.

Questa formazione si sarebbe rivelata particolarmente fortunata, tanto che lo stesso trio avrebbe successivamente realizzato "Rosslyn", uno degli album ECM più acclamati dalla critica, registrato pochi mesi dopo a Oslo. La chimica tra questi tre musicisti era evidente fin da subito, e "Tramonto" ne rappresenta la prima testimonianza documentata.

John Taylor ha rappresentato una figura centrale nel catalogo ECM fin dal 1977, quando debuttò nell'etichetta con il progetto Azimuth, insieme alla vocalist Norma Winstone e al trombettista Kenny Wheeler. Tuttavia, raramente l'artista britannico aveva avuto l'opportunità di esprimersi nel formato del trio jazz pianistico su ECM, rendendo "Tramonto" un documento ancora più prezioso.

L'unica eccezione precedente era stata la sua partecipazione al trio guidato dal batterista Peter Erskine, per il quale Taylor aveva anche contribuito come compositore. Due di queste composizioni vengono rivisitate in "Tramonto", subendo trasformazioni potenti e affascinanti. "Pure and Simple" e "Ambleside" acquistano nuova vita in questo contesto, con "Ambleside" che si estende in un'epica di 15 minuti caratterizzata da cambi d'umore rapidi e intensi, offrendo spazio per assoli estesi di tutti e tre i musicisti.

La rivista britannica Jazzwise, recensendo "Rosslyn", scrisse che "il tocco sottile ma energico di Taylor e le sue invenzioni melodiche fluide trovano una risposta immediata in Johnson e Baron, due musicisti che eccellono nel tipo di svolte inaspettate e nell'intreccio testuale intricato così tipico dell'immaginazione musicale del pianista." Questa descrizione si applica perfettamente anche a "Tramonto", dove l'intesa tra i tre musicisti raggiunge livelli di eccellenza rari nel panorama jazzistico contemporaneo.

Geri Allen - The Printmakers

Nel panorama del jazz contemporaneo ci sono debutti che non passano inosservati e che, con il tempo, diventano punti di riferimento. 

È il caso di The Printmakers, il primo album a nome di Geri Allen, registrato nel febbraio del 1984 a Stoccarda con Anthony Cox al contrabbasso e Andrew Cyrille alla batteria. 

Pubblicato dalla neonata etichetta tedesca Minor Music, il disco segnò subito la nascita di una voce originale e audace, capace di aprire nuove prospettive per il pianismo jazz.

Quarant’anni più tardi, nel 2025, quello stesso lavoro torna alla luce in una prestigiosa ristampa in vinile, un’operazione che non ha soltanto il valore di un omaggio ma diventa un atto di memoria e di rinnovata attualità. 

L’etichetta Minor Music, che nacque proprio con la pubblicazione di questo album, celebra così la sua stessa storia e quella di un’artista che nel corso della carriera avrebbe saputo ridefinire il ruolo del pianoforte jazz nel dialogo con la tradizione e l’avanguardia.

Riascoltato oggi, The Printmakers conserva intatta la sua forza. Dall’apertura con “A Celebration of All Life”, dove percussioni e suoni astratti si trasformano progressivamente in una melodia vibrante, fino alle atmosfere di “Eric (For Eric Dolphy)”, omaggio a uno degli innovatori più radicali della storia del jazz, ogni brano rivela la capacità di Allen di mettere in discussione schemi consolidati e di costruire paesaggi sonori in cui lirismo e ricerca convivono. 

Aruán Ortiz - Créole Renaissance

Quando Aruán Ortiz si siede al pianoforte, non lo suona convenzionalmente: lo interroga, lo decostruisce e lo reinventa. 

Questa affermazione racchiude l'essenza di "Créole Renaissance", il secondo album da solista del pianista nato a Santiago de Cuba e ora residente a Brooklyn, pubblicato il 29 agosto 2025 per Intakt Records.

Registrato negli Artesuono Recording Studios di Cavalicco in Italia nel dicembre 2024, l'album rappresenta molto più di una semplice performance pianistica: è un manifesto culturale e filosofico che ridefinisce cosa possa essere la musica diasporica nel ventunesimo secolo. 

Ortiz non si limita a espandere le possibilità del jazz; sta ridefinendo cosa possa essere la musica diasporica nel XXI secolo.

Il concetto di "Rinascimento Creolo" che dà il titolo all'album non è confinato ai Caraibi ma deve essere diasporico nella sua portata, come spiega lo studioso Brent Hayes Edwards nelle note di copertina. Edwards traccia una genealogia che parte da un numero del 1935 di una rivista parigina, una delle origini del movimento della Negritudine, esplorando il suo significato per Ortiz.

La musica di Ortiz porta l'impronta di giganti del pianoforte come Don Pullen e Cecil Taylor, offrendo anche fugaci riferimenti a figure come Duke Ellington e Compay Segundo. Tuttavia, questi non sono citazioni dirette: sono echi, rifratti attraverso l'obiettivo compositivo unico di Ortiz. Il risultato è un linguaggio che fonde jazz, classica d'avanguardia, tradizioni afro-cubane e improvvisazione sperimentale in una voce singolare che è intellettualmente rigorosa ed emotivamente provocatoria.

Nel suo precedente album solista "Cub(an)ism" del 2017, Ortiz aveva descritto il suo approccio come "Cubismo Cubano": un processo di costruzione di movimenti armonici non familiari e di loro stratificazione con idee ritmiche cubane. Come l'arte visuale cubista di Picasso e Braque, questa tecnica enfatizza frammentazione, simultaneità e prospettive multiple.

Craig Taborn, Nels Cline, Marcus Gilmore - Trio of Bloom

Nel panorama del jazz contemporaneo esistono combinazioni che sembrano inevitabili, quasi predestinate dalla logica musicale stessa. 

L'unione di Craig Taborn, Nels Cline e Marcus Gilmore nel progetto "Trio of Bloom" rappresenta esattamente questo tipo di convergenza naturale, dove tre visioni artistiche complementari si fondono per creare qualcosa di completamente nuovo e al tempo stesso profondamente radicato nella tradizione dell'improvvisazione avanzata.

Il loro album omonimo, in uscita il 26 settembre 2025 per Pyroclastic Records, segna il primo incontro ufficiale tra questi tre giganti della musica contemporanea, convergendo in una creazione che sboccia, come i fiori che adornano l'artwork dell'album, in una cosa vivente di radiante bellezza, vibrante vitalità e intensità sensuale.

"Queen King" emerge come il primo singolo dell'album, presentato in esclusiva attraverso un video in studio, e rappresenta perfettamente l'estetica del gruppo. Il brano si configura come un'esperienza spirituale afrobeat, con le tastiere aeree e psichedeliche di Taborn in primo piano, culminando dopo sei minuti con la caratteristica "skronk" chitarristica di Cline.

Craig Taborn porta nel progetto la sua esperienza ventennale come uno dei tastieristi più innovativi del jazz contemporaneo. La sua capacità di muoversi fluidamente tra il pianoforte acustico e i sintetizzatori, combinata con una comprensione profonda sia dell'armonia tradizionale che delle possibilità soniche più avanguardistiche, conferisce al trio una palette timbrica ricchissima.

Nels Cline arriva forte della sua doppia identità di leggenda del rock contemporaneo, grazie ai suoi due decenni con i Wilco, e di esploratore instancabile delle possibilità chitarristiche nel jazz e nella musica improvvisata. Nel contesto del trio, Cline utilizza chitarre a 6 e 12 corde, lap steel guitar e persino il basso sui brani "Queen King" e "Bend It", dimostrando ancora una volta la sua versatilità strumentale.

Sarah Vaughan all’Ed Sullivan Show 1949

Quando si parla di grandi voci della storia del jazz, il nome di Sarah Vaughan emerge sempre tra i primi. 

Conosciuta come “The Divine One” o semplicemente “Sassy”, Vaughan ha lasciato un segno indelebile nella musica del Novecento grazie a una vocalità inconfondibile, capace di spaziare con naturalezza tra registri profondi e acuti luminosi, arricchita da un fraseggio sofisticato e da un’intonazione impeccabile.

Il video della sua esibizione di “Bianca” all’Ed Sullivan Show il 26 giugno 1949, nel programma televisivo americano simbolo degli anni Cinquanta e Sessanta, restituisce con rara intensità la magia del suo canto. In un’epoca in cui il jazz stava vivendo una fase di rinnovamento e di dialogo con il grande pubblico televisivo, Vaughan riuscì a portare la sua arte in prima serata, dimostrando che una canzone interpretata con classe poteva catturare l’attenzione anche al di fuori dei club e delle sale da concerto.

“Bianca”, tratto da Kiss Me, Kate non è tra i brani più noti del repertorio jazzistico, ma proprio per questo la sua interpretazione risulta sorprendente: Vaughan ne fa un piccolo gioiello, trasformandolo in un momento di pura eleganza. Ogni parola è scolpita con attenzione, ogni variazione melodica appare naturale e mai ostentata, segno della sua capacità di fondere tecnica e sentimento.

Esbjörn Svensson Trio - Leverkusener Jazztage 2002, 2005

Il video caricato dal canale KizCat offre un'opportunità rara di ascoltare l'Esbjörn Svensson Trio in azione durante due concerti al Leverkusener Jazztage, uno dei festival jazz più prestigiosi d'Europa, nel 2002 e nel 2005.

L'Esbjörn Svensson Trio, noto anche come e.s.t., è stato uno dei gruppi più innovativi e influenti nel panorama del jazz europeo. Formato nel 1993 a Stoccolma, il trio era composto da: Esbjörn Svensson – pianoforte, Dan Berglund – contrabbasso e Magnus Öström – batteria e percussioni.

La loro musica ha saputo fondere elementi del jazz tradizionale con influenze di musica classica, rock, pop ed elettronica, creando un sound distintivo e moderno. Il gruppo è stato particolarmente noto per le sue esibizioni dal vivo, spesso in ambienti non convenzionali, come club rock, attirando un pubblico giovane e diversificato. 

Il loro album del 1999, From Gagarin's Point of View, ha segnato il loro debutto internazionale, essendo il primo disco del trio a essere distribuito al di fuori della Scandinavia tramite l'etichetta tedesca ACT. Questo lavoro ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Jahrespreis der Deutschen Schallplattenkritik e il German Jazz Award. Nel 2004, il trio è stato insignito del Hans Koller Prize come Artista Europeo dell'Anno.

Quando il jazz incontra l'arte: copertine d'autore

Il jazz è sempre stato molto più di un genere musicale: è un linguaggio, un’estetica, un modo di vivere e di pensare. 

Non sorprende quindi che, nel corso dei decenni, molte copertine di album jazz siano state firmate da pittori celebri o da artisti visivi legati alle correnti più innovative del loro tempo. 

Questi dischi non sono soltanto capolavori sonori, ma diventano oggetti d’arte, ponte fra le improvvisazioni musicali e le avanguardie figurative.

Uno dei nomi più noti in questo dialogo è Andy Warhol. Prima di diventare l’icona indiscussa della Pop Art, Warhol mise il suo segno grafico su diverse copertine jazz. Alcuni esempi celebri sono Blue Lights di Kenny Burrell e The Congregation di Johnny Griffin, pubblicati tra il 1957 e il 1958. 

Con pochi tratti essenziali, Warhol riusciva a sintetizzare l’energia del jazz in immagini minimaliste, quasi prototipi di quello che più tardi sarebbe diventato il suo linguaggio visivo pop. Oggi queste prime copertine sono pezzi da museo, più che semplici oggetti discografici.

Negli anni ’70 il rapporto tra jazz e pittura si fece ancora più radicale grazie alle collaborazioni tra Miles Davis e il visionario Mati Klarwein. Bitches Brew (1970) è forse la più celebre: un vortice psichedelico di colori, corpi e simboli che riflette perfettamente la rivoluzione elettrica di Davis. 

Klarwein tornò a collaborare con il trombettista anche per Live-Evil, spingendosi verso visioni mistiche e oniriche che amplificavano la carica innovativa della musica. Non è un caso che lo stesso pittore avesse già illustrato Abraxas di Santana, confermando come la sua pittura fosse capace di attraversare mondi sonori diversi ma accomunati dalla ricerca spirituale e dall’energia primordiale.

Ma le contaminazioni non si fermano qui. Negli anni ’60, alcuni album come Sketches of Spain mostrarono copertine chiaramente ispirate alle correnti pittoriche moderne spagnole – dal cubismo di Picasso fino alle geometrie oniriche di Miró – creando un parallelo visivo con le sonorità iberiche che Miles Davis e Gil Evans avevano elaborato. 

Eric Alexander - Chicago To New York

Pochi sassofonisti riescono a catturare l'essenza del hard bop moderno con la maestria di Eric Alexander

Il suo ultimo album, "Chicago To New York" pubblicato per Cellar Music Group nel 2025, rappresenta un omaggio sentito e sofisticato al dialogo musicale che da decenni unisce due delle città più importanti nella storia del jazz americano.

"Chicago to New York" celebra l'intersezione e l'interazione che ancora esiste tra Chicago e New York, rendendo omaggio al vibrante scambio musicale tra due delle metropoli più leggendarie del jazz. 

Alexander, veterano della scena newyorkese, ha voluto creare un ponte sonoro tra queste due città che hanno forgiato il sound del jazz moderno, non limitandosi a una semplice raccolta di standard ma costruendo una riflessione musicale profonda su come le tradizioni di Chicago e New York si siano influenzate reciprocamente nel corso dei decenni.

L'idea dell'album nasce dalla consapevolezza che il jazz contemporaneo è figlio di questo continuo scambio tra le due sponde del continente americano. Da una parte Chicago, con la sua eredità blues e la potenza del jazz urbano degli anni '20 e '30, dall'altra New York, crocevia mondiale dove si sono incontrati tutti i grandi maestri e dove ancora oggi si definiscono le tendenze del jazz moderno. Alexander, texano di nascita ma newyorkese di adozione dal 1991, conosce bene entrambe le tradizioni e ha saputo distillarne l'essenza in questo progetto.

Il casting dell'album riflette perfettamente il concept geografico del progetto. Eric Alexander al sassofono tenore guida un quarteto di classe che include Mike LeDonne al pianoforte, Dennis Carroll al contrabbasso e George Fludas alla batteria. La formazione rappresenta simbolicamente le due città, con LeDonne e Alexander che portano l'esperienza della scena newyorkese, mentre Carroll contribuisce con l'influenza della tradizione chicagoana nel suo approccio al walking bass profondo e swing.

La tracklist presenta una selezione curata che spazia da standard classici a composizioni che riflettono l'identità musicale delle due città. L'apertura con "Afro Blue" di Mongo Santamaría stabilisce immediatamente il tono sofisticato dell'album, mentre "Wise One" rappresenta un omaggio sentito a John Coltrane che dimostra la profondità interpretativa di Alexander. Il sassofonista affronta ogni brano con rispetto per la tradizione ma senza essere nostalgico, trovando sempre un approccio contemporaneo che parla alle nuove generazioni di jazzofili.

Patty Lomuscio - My Foolish Heart

La cantante Patty Lomuscio torna con un nuovo album, My Foolish Heart, pubblicato per l’etichetta AlfaMusic. 

Il disco propone un repertorio di standard jazz rivisitati con arrangiamenti contemporanei, interpretati con sobrietà e precisione tecnica.

Il progetto vede la collaborazione di musicisti di alto livello: il contrabbassista Peter Washington, il sassofonista Vince Herring e il chitarrista Gianluca Renzi

Questa formazione internazionale conferisce al disco un sound ricco e raffinato, dove ogni elemento musicale sostiene l’eleganza della voce di Lomuscio senza sovrastarla.

L’album, della durata complessiva di circa 46 minuti, comprende nove tracce che spaziano tra standard classici e composizioni meno conosciute, tra cui You’ve Changed, Love Theme from Spartacus e il brano omonimo My Foolish Heart, che chiude il progetto con un’intensa interpretazione vocale.

Disponibile sia in CD per il mercato europeo sia in formato digitale ad alta risoluzione (fino a 24-bit/96?kHz), l’album è pensato per offrire un’esperienza di ascolto curata nei minimi dettagli. Il singolo My Foolish Heart (feat. Peter Washington & Vince Herring) è già disponibile sulle principali piattaforme di streaming.

Ray Charles - Come Live With Me

La recente ristampa di "Come Live With Me" di Ray Charles, riporta finalmente sotto i riflettori uno dei capitoli più eleganti e sottovalutati della carriera del Genio. 

L'album originale del 1974, primo lavoro pubblicato sulla sua etichetta Crossover, rappresenta un momento di straordinaria maturità artistica che la nuova edizione rimasterizzata restituisce in tutta la sua ricchezza sonora e emotiva.

Questa ristampa arriva al momento giusto, permettendo a una nuova generazione di ascoltatori di scoprire un Ray Charles diverso, più introspettivo ma non meno potente, mentre offre agli appassionati di lunga data l'opportunità di riscoprire un album che aveva forse ricevuto meno attenzione di quella che meritava. 

Il lavoro di rimasterizzazione ha restituito una fedeltà straordinaria alla voce di Charles e alla ricchezza degli arrangiamenti orchestrali, facendo emergere dettagli che nelle edizioni precedenti potevano sfuggire all'ascolto.

L'LP del 1974 di Ray Charles "Come Live With Me" presenta un lato di ballate orchestrate e un lato di canzoni R&B vivaci, creando quello che potremmo definire come "Due Lati di una Serata del Sabato - elegante e introspettivo all'inizio, sciolto ed elettrizzante verso la fine". 

Questa struttura duale non è casuale ma riflette la complessità artistica di Charles, capace di passare dalla più intima riflessione emotiva all'esplosione di energia pura senza soluzione di continuità.

La prima parte dell'album, arrangiata dal collaboratore di lunga data e direttore d'orchestra Sid Feller, mette in evidenza la consegna vocale emotiva di Charles su ballate lussuose e orchestrate. Qui troviamo brani come "Till There Was You", una rilettura delicata del classico di Meredith Willson che Charles trasforma in un momento di pura intimità vocale. La title track "Come Live With Me" rappresenta una supplica lenta e gentile a una donna di unirsi al cantante in una vita di felicità matrimoniale e familiare, con un morbido e crescente arrangiamento di Sid Feller, classico ed elegante come sempre.

Il secondo lato dell'album svela invece l'anima più energica e ritmica di Charles, con quella capacità di far swing che aveva reso famoso il pianista e cantante fin dagli anni Cinquanta. È in questa sezione che emergono brani come "Everybody Sing" e "Problems, Problems", dove la sua voce si fa più graffiante e il ritmo più incalzante, dimostrando che anche a metà degli anni Settanta Ray Charles manteneva intatta la sua capacità di far ballare il pubblico.

Gretchen Parlato e Alan Hampton pubblicano il nuovo singolo “If It Was”

Il nuovo singolo If It Was, pubblicato il 22 agosto 2025 da Edition Records, segna un momento intenso e profondamente umano nel percorso artistico di Gretchen Parlato e Alan Hampton

A loro si uniscono due musicisti di grande sensibilità: il pianista Gerald Clayton e il leggendario contrabbassista John Clayton, padre di Gerald. 

Insieme, danno vita a una composizione che non è soltanto musica, ma una vera e propria testimonianza di resilienza collettiva.

Il brano nasce in realtà diversi anni fa, scritto da Hampton all’indomani del terribile tsunami che devastò il Giappone nel 2011. Quella melodia sospesa, dal sapore intimo e dolente, aveva già allora il compito di tradurre in musica un senso di perdita e di speranza. 

Oggi, però, la canzone trova una nuova vita, profondamente legata all’esperienza recente degli incendi che hanno colpito la comunità di Altadena, alle porte di Los Angeles, luogo dove gli stessi musicisti vivono o lavorano.

“Suonare If It Was è come dire ti amo,” racconta Alan Hampton. “Non conta soltanto il testo o la melodia, ma il gesto stesso di suonarla, che diventa un atto di condivisione. Questa volta il disastro è accaduto a casa nostra, tra i nostri vicini e amici. Molti hanno perso tutto, dalle case alle scuole, e noi abbiamo sentito il bisogno di rispondere con la musica.”

Anche Gretchen Parlato sottolinea il valore emotivo del brano: “Parla della nostra esperienza condivisa del dolore. Alan riesce a trasformare la tragedia in una forma di accettazione e di consolazione, offrendo allo stesso tempo la forza di guardare avanti.” La sua voce, delicata e luminosa, sembra abbracciare il testo e farne una carezza collettiva.

Francesca Leone & Guido Di Leone Quartet per JazzAltro 2025

Sabato 30 agosto 2025 si conclude la sedicesima edizione di JazzAltro, la manifestazione curata da Mario Caccia, patron della casa discografica Abeat Records, che dal 2010 porta tra le province di Varese e Milano i suoni e le musiche del mondo.

L’evento di chiusura di JazzAltro 2025 si svolge presso il cortile del municipio di Castellanza (Varese), in via delle Rimembranze 4, con il concerto del Francesca Leone & Guido Di Leone Quartet (Francesca Leone, voce; Guido Di Leone, chitarra; Gianluca Fraccalvieri, basso; Fabio Delle Foglie, batteria).

Il loro nuovo progetto, Aquele Abraço, è un suggestivo viaggio nel mondo senza tempo della bossanova e del samba, con originali riletture di capolavori dei maestri brasiliani Tom Jobim, Vinicius de Moraes, Edu Lobo, Gilberto Gil, ma anche di Cole Porter, Jule Styne, Franco Cerri e Pino Daniele. Un’esecuzione di grande eleganza e raffinatezza e al tempo stesso molto piacevole all’ascolto.

L'ingresso è gratuito con donazione, con inizio del concerto alle ore 21.00

Rita Marcotulli e Israel Varela a Catania

Venerdì 29 agosto, alle 21, in piazza Federico di Svevia, di fronte il Castello Ursino, suonerà il trio della pianista romana Rita Marcotulli in trio con Ares Tavolazzi al contrabbasso e Israel Varela alla batteria. 

Un viaggio avventuroso l'incontro di Rita Marcotulli e il percussionista messicano Israel Varela, un viaggio alla ricerca tanti suoni che rimandano al jazz, al flamenco, alla musica araba e indiana. E se anche a tratti può sembrare di trovarsi in Tibet per via di una campana rituale o magari in Giappone, lo scopo è sempre lo stesso: proseguire oltre e non fermarsi al primo piacere dell’ascolto. Non potrebbe essere altrimenti con una artista che ha alle spalle variegate collaborazioni con Pat Metheny, Pino Daniele, Peter

Erskine, Dewey Redman, Enrico Rava, Richard Galliano. Con lo stesso Pino Daniele Rita Marcotulli ha largamente collaborato dedicandogli poi un intero album (“A Pino”).

Israel Varela è un abile e raffinato compositore, batterista, e cantante dalla sorprendente e ricca musicalità. L'evoluzione spirituale ha sempre fatto parte dell'identità artistica di Varela, vincitore dell'Euro Latin Award ed uno degli artisti più affermati della sua generazione.  

Con loro Ares Tavolazzi, nome che si collega immancabilmente alla cruciale, spregiudicata esperienza sonora degli Area, tra la band più sperimentali in Italia che fondeva free jazz, rock progressivo, musica etnica ed elettronica. Nel curriculum del contrabbassista ferrarese, però, ci sono anche collaborazioni con Eugenio Finardi, Lucio Dalla, Francesco Guccini, Paolo Conte e Stefano Bollani. Tavolazzi, con la sua esperienza, è il valore aggiunto che completa il viaggio sonoro di questo progetto.

Il concerto è a ingresso libero ed è organizzato dall'associazione culturale Algos di Catania, dal 2017, impegnata nell'organizzazione di eventi di musica afro-americana.

Miles Davis all’Isle of Wight Festival 1970

Il 29 agosto 1970, davanti a un pubblico oceanico stimato in oltre 600.000 persone, Miles Davis salì sul palco dell’Isle of Wight Festival, regalando una delle performance più iconiche e sorprendenti della sua carriera. 

In un evento dominato dal rock – con artisti come Jimi Hendrix, The Who, The Doors, Joni Mitchell e molti altri – Davis decise di portare il linguaggio del jazz elettrico al centro della scena, in un contesto che raramente, fino ad allora, aveva dato spazio a questo universo musicale.

Il concerto, passato alla storia con il titolo Call It Anything (così venne presentato al pubblico dall’annunciatore), rappresenta un punto di svolta nella parabola artistica del trombettista. 

Dopo l’uscita di Bitches Brew (1970), Miles stava esplorando nuovi territori sonori: un jazz contaminato dal rock, dal funk e dalle sonorità psichedeliche, in cui l’improvvisazione si mescolava con l’energia elettrica e la ripetitività dei groove. L’Isle of Wight divenne così il palcoscenico perfetto per mostrare al mondo questa trasformazione radicale.

La formazione che lo accompagnava era di prim’ordine: Chick Corea e Keith Jarrett alle tastiere elettriche, Gary Bartz al sax, Dave Holland al basso, Jack DeJohnette alla batteria e Airto Moreira alle percussioni. Un ensemble che incarnava la nuova frontiera del jazz fusion, capace di creare un muro sonoro travolgente, pulsante e ipnotico.

La performance, lunga poco meno di 40 minuti, fu un flusso ininterrotto di energia, senza interruzioni né presentazioni. Davis, con la tromba rivolta verso il pubblico e il corpo quasi sempre girato verso i musicisti, guidava il gruppo più con gesti e segnali che con parole, costruendo un dialogo costante e febbrile. Il risultato fu un magma sonoro che lasciò spiazzati molti spettatori: una parte del pubblico rimase perplessa, abituata a strutture rock più immediate, ma per altri fu una rivelazione.

Kenny Dorham - Blue Bossa in the Bronx

Tra le pubblicazioni del 2025, merita una citazione "Blue Bossa in the Bronx: Live from the Blue Morocco" di Kenny Dorham

Si tratta di una registrazione mai pubblicata prima d'ora, catturata dal vivo al Blue Morocco jazz club nel Bronx, New York, nel 1967, che finalmente vede la luce grazie al meticoloso lavoro di ricerca archivistica di Resonance Records.

Questo album rappresenta molto più di una semplice curiosità discografica: è un documento storico che testimonia il talento cristallino di uno dei trombettisti più raffinati del jazz, in un momento cruciale della sua carriera artistica.

Il 1967 fu un anno significativo per Kenny Dorham, un periodo in cui il trombettista texano aveva già consolidato la sua reputazione come uno dei principali esponenti del hard bop. Ex membro fondatore dei Jazz Messengers e collaboratore di leggende come Thelonious Monk e Sonny Rollins, Dorham si trovava al culmine della sua maturità artistica quando questa registrazione fu catturata.

L'album emerge da quel periodo come una testimonianza della sua capacità di guidare un ensemble stellare, dimostrando non solo le sue doti tecniche ma anche quelle di leader generoso e ispiratore.

La band che accompagnò Dorham in quella serata al Blue Morocco rappresentava una vera e propria dream team del jazz dell'epoca: Kenny Dorham - tromba e leadership; Sonny Red - sassofono alto; Cedar Walton - pianoforte; Paul Chambers - contrabbasso; Denis Charles - batteria

Ogni musicista portava con sé un bagaglio di esperienza e talento che si traduceva in una chimica musicale straordinaria. La presenza di Paul Chambers, leggendario bassista dei quintetti di Miles Davis, e di Cedar Walton, futuro pilastro del jazz mainstream, conferiva alla sezione ritmica una solidità e un groove impeccabili.

Una delle caratteristiche più affascinanti di questo album è la generosità di Dorham come leader. Come evidenziato dalle critiche, il trombettista dimostra una rara capacità di lasciare spazio ai suoi compagni di band, permettendo loro di brillare. Un esempio emblematico è "Memories of You", completamente dedicato a Sonny Red, con una introduzione grandiosa di Cedar Walton che prepara il terreno per l'ingresso del sassofonista.

Stefano Bellon - Vocativo (Live at Concertgebouw)

Stefano Bellon (Padova, 1956) è un compositore che ha saputo tracciare un percorso personale e originale all’interno della musica contemporanea italiana. 

La sua formazione è solida e ricca di incontri determinanti: si è formato alla scuola di Wolfango Dalla Vecchia, perfezionandosi poi con Franco Donatoni presso l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma e all’Accademia Chigiana di Siena. 

Ha inoltre frequentato i seminari di figure come Salvatore Sciarrino, Pierre Boulez e Karlheinz Stockhausen, mentre con Giacomo Manzoni ha approfondito lo studio dell’analisi musicale.

Bellon ha avuto un rapporto diretto anche con il mondo del jazz, che da giovane ha praticato come pianista e successivamente come arrangiatore. Dopo gli studi nei conservatori di Udine, Trieste e Rovigo, è diventato docente di composizione al Conservatorio “Pollini” di Padova, ruolo che ricopre da diversi anni.

La sua musica è stata eseguita in Europa, America e Asia da ensemble di grande prestigio come l’Arditti Quartet, l’Atlas Ensemble, il CMEK e il Lumen Contemporary Ensemble, oltre che da importanti solisti. Un ruolo significativo nel suo percorso creativo è rivestito dalla collaborazione con Alvise Vidolin, specialista nell’ambito della musica elettronica.

Dal punto di vista stilistico, Bellon ha mosso i primi passi avvicinandosi alle posizioni di Donatoni e Luciano Berio, al quale ha dedicato Paul McCartney Commentaries, presentato alla Biennale Musica di Venezia. Nel suo lavoro è rintracciabile anche la lezione di Bruno Maderna, in particolare nel dialogo costante tra scrittura tradizionale e suggestioni provenienti dal jazz, così come nell’elaborazione di un linguaggio post–seriale che attinge a materiali extraeuropei, con particolare attenzione alle culture asiatiche.

Ray Brown: His Life and Music (English Version)

Nel 2025 è uscita la prima biografia completa dedicata a Ray Brown, uno dei contrabbassisti più influenti e rispettati della storia del jazz. 

Scritta da Jay Sweet e pubblicata da Equinox Publishing, Ray Brown: His Life and Music racconta in oltre 300 pagine la vita, la musica e l’eredità di un artista che ha attraversato, da protagonista, più di mezzo secolo di storia musicale.

Il libro segue un percorso cronologico, partendo dalla Pittsburgh degli anni Trenta, dove Brown mosse i primi passi, fino agli ultimi anni della sua lunga carriera. 

L’autore mette in luce come l’incontro con il bebop – e con figure leggendarie come Dizzy Gillespie e Charlie Parker – abbia segnato l’inizio di una parabola straordinaria. Non mancano le pagine dedicate al sodalizio con Oscar Peterson, che dal 1951 al 1966 ha ridefinito il ruolo del contrabbasso all’interno del trio jazz.

Un aspetto interessante del volume è che non si limita a celebrare i successi, ma restituisce anche la dimensione personale e quotidiana del musicista: il matrimonio con Ella Fitzgerald, il trasferimento a Los Angeles, le collaborazioni come session man, il ruolo di mentore per nuove generazioni di jazzisti. Sweet mette in evidenza la solidità e la professionalità di Brown, qualità che lo distinsero in un ambiente spesso segnato da eccessi e fragilità.

Il libro restituisce anche un Ray Brown in continua evoluzione: dal lavoro con giovani talenti come Gene Harris e Benny Green, alla creazione di Superbass! insieme a John Clayton e Christian McBride, fino al ruolo di guida morale e musicale negli ultimi anni. Ciò che emerge è il ritratto di un artista che non si è mai adagiato sul passato, ma ha sempre cercato nuove forme di espressione e collaborazione.

Marc Ribot - Map of a Blue City

Marc Ribot ha pubblicato "Map of a Blue City", il suo primo album vocale in una carriera che abbraccia più di trent'anni. 

Non si tratta semplicemente di un nuovo capitolo nella discografia del leggendario chitarrista, ma di un'opera che rappresenta forse la sua dichiarazione artistica più definitive sia come strumentista che come cantautore.

La genesi di questo album risale agli anni '90, quando Ribot presentò una prima versione del progetto a un'etichetta specializzata in "brutal death metal bands and puke-splattered poets", che lo rifiutò giudicandolo "troppo cupo". Da allora, l'album è cresciuto e si è evoluto attraverso tre decenni di riflessioni, rielaborazioni e registrazioni.

La storia dietro il titolo dell'album rivela la sensibilità artistica di Ribot. Quando sua figlia era bambina e lui era un giovane padre, lei disegnò una mappa di una città in un blu profondo, ricco e vivido. Quando lui elogiò la sua "mappa blu", lei lo corresse: "Non è una mappa blu, ma una mappa di una città blu". Quella distinzione colpì profondamente Ribot e alla fine ispirò la canzone che dà il titolo all'album.

Questo aneddoto rivela molto dell'approccio artistico di Ribot: la capacità di trovare profondità poetica nei dettagli più semplici della vita quotidiana, trasformandoli in arte universale.

L'album è il risultato di un processo creativo complesso che coinvolge diverse fasi temporali. Le sessioni originali furono prodotte dal compianto Hal Willner, figura leggendaria della produzione musicale conosciuta per il suo lavoro visionario con artisti come Lou Reed, Marianne Faithfull e Tom Waits. Dopo la morte di Willner, Ben Greenberg ha assunto il compito di produrre e mixare il materiale finale, combinando le sessioni di studio originali con registrazioni casalinghe più recenti.

Questa stratificazione temporale conferisce all'album una profondità unica, dove passato e presente si fondono in un'opera coerente ma ricca di sfumature.

Pubblicato un singolo inedito di Oscar Peterson

Il nuovo singolo di Oscar Peterson, City Lights, pubblicato il 15 agosto 2025 da Two Lions Records su tutte le principali piattaforme streaming, con distribuzione esclusiva Mack Avenue Records, rappresenta un tassello prezioso nella riscoperta di una delle figure più leggendarie della storia del jazz. 

Non si tratta infatti di una semplice riedizione, ma di una registrazione dal vivo risalente al 1994 a Monaco, un documento che testimonia uno dei momenti più intensi e significativi della carriera del pianista canadese.

Il concerto da cui nasce questo brano arrivò poco dopo l’ictus che, nel 1993, colpì Peterson compromettendo seriamente l’uso della mano sinistra. Molti pensarono che quella tragedia avrebbe posto fine alla sua carriera. 

Invece, con una forza e una determinazione straordinarie, Peterson tornò sul palco mostrando come la sua creatività e il suo virtuosismo fossero ancora intatti. City Lights diventa così non solo un brano da ascoltare, ma un simbolo di rinascita artistica, la prova che l’energia vitale della musica può superare ogni limite fisico.

Al suo fianco, in quel concerto, un quartetto d’eccezione: Niels-Henning Ørsted Pedersen al contrabbasso, Lorne Lofsky alla chitarra e Martin Drew alla batteria. Una formazione che, con il prezioso apporto della chitarra, contribuiva a sostenere l’architettura sonora e a bilanciare il ruolo del pianoforte, rendendo la performance compatta e vibrante.