Non si tratta semplicemente di un nuovo capitolo nella discografia del leggendario chitarrista, ma di un'opera che rappresenta forse la sua dichiarazione artistica più definitive sia come strumentista che come cantautore.
La genesi di questo album risale agli anni '90, quando Ribot presentò una prima versione del progetto a un'etichetta specializzata in "brutal death metal bands and puke-splattered poets", che lo rifiutò giudicandolo "troppo cupo". Da allora, l'album è cresciuto e si è evoluto attraverso tre decenni di riflessioni, rielaborazioni e registrazioni.
La storia dietro il titolo dell'album rivela la sensibilità artistica di Ribot. Quando sua figlia era bambina e lui era un giovane padre, lei disegnò una mappa di una città in un blu profondo, ricco e vivido. Quando lui elogiò la sua "mappa blu", lei lo corresse: "Non è una mappa blu, ma una mappa di una città blu". Quella distinzione colpì profondamente Ribot e alla fine ispirò la canzone che dà il titolo all'album.
Questo aneddoto rivela molto dell'approccio artistico di Ribot: la capacità di trovare profondità poetica nei dettagli più semplici della vita quotidiana, trasformandoli in arte universale.
L'album è il risultato di un processo creativo complesso che coinvolge diverse fasi temporali. Le sessioni originali furono prodotte dal compianto Hal Willner, figura leggendaria della produzione musicale conosciuta per il suo lavoro visionario con artisti come Lou Reed, Marianne Faithfull e Tom Waits. Dopo la morte di Willner, Ben Greenberg ha assunto il compito di produrre e mixare il materiale finale, combinando le sessioni di studio originali con registrazioni casalinghe più recenti.
Questa stratificazione temporale conferisce all'album una profondità unica, dove passato e presente si fondono in un'opera coerente ma ricca di sfumature.
"Map of a Blue City" presenta canzoni che mettono in collisione tradizioni diverse: roots, bossa nova, no wave, noise, free jazz e suoni che non hanno (ancora) alcuna associazione di genere. Questa collezione di nove brani presenta principalmente composizioni originali di Ribot, con l'eccezione della reinterpretazione di "When the World's on Fire" dei Carter Family. Ogni brano rappresenta un tassello di un mosaico emotivo più ampio, dove temi personali e universali si intrecciano in una narrazione che spazia dall'intimità familiare alla riflessione esistenziale.
Ribot è universalmente riconosciuto come uno dei chitarristi più inventivi e ricercati al mondo, avendo collaborato con una lista impressionante di artisti: Tom Waits, Elvis Costello, John Zorn, Wilson Pickett, Marianne Faithfull, Caetano Veloso, Solomon Burke, Robert Plant & Alison Krauss, Neko Case, tra molti altri.
La sua reputazione come sideman di eccellenza ha spesso oscurato il suo lavoro come leader, ma "Map of a Blue City" dimostra che Ribot ha sempre avuto qualcosa di personale e profondo da esprimere, qualcosa che andava oltre la sua straordinaria abilità tecnica.
Le prime recensioni descrivono l'album come "irregolare, inquietante, intrigante e sorprendentemente caldo ma non facilmente accessibile alla maggior parte". Questa apparente contraddizione – essere allo stesso tempo inquietante e caldo – cattura perfettamente l'essenza dell'arte di Ribot, che ha sempre navigato tra accessibilità e sperimentazione.
L'album non cerca la facilità d'ascolto, ma piuttosto l'autenticità espressiva, caratteristica che lo rende un'opera destinata a crescere nell'apprezzamento degli ascoltatori nel tempo.
La presenza di Hal Willner come produttore delle sessioni originali conferisce all'album un'aura particolare. Willner era famoso per la sua capacità di creare atmosfere uniche e di far emergere aspetti inediti degli artisti con cui lavorava. Il suo contributo, anche se interrotto dalla morte, permea l'album di quella sensibilità per il dettaglio e per l'inaspettato che caratterizzava le sue produzioni.
"Map of a Blue City" rappresenta il culmine di un percorso artistico trentennale, dove Ribot finalmente si concede di essere vulnerabile e personale. L'album documenta non solo la sua evoluzione come musicista, ma anche come essere umano, padre e osservatore del mondo.
La scelta di includere la propria voce – letteralmente – nel progetto rappresenta un atto di coraggio artistico, considerando quanto sia conosciuto principalmente come strumentista.
"Map of a Blue City" è molto più di un primo album vocale: è la mappa emotiva e artistica di uno dei musicisti più influenti della sua generazione. Ribot ha creato un'opera che funziona sia come summa della sua carriera che come nuovo inizio, dimostrando che dopo trent'anni di attività ha ancora molto da dire e nuovi territori da esplorare.

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