Lontano dai grandi palchi e dalle produzioni più spettacolari, la scelta di ambientare il film in un contesto intimo consente di cogliere l’essenza di un musicista che per decenni è stato considerato tra i più grandi pianisti jazz di sempre. Non a caso Count Basie lo definì “il pianista più grande del mondo”, riconoscendo la sua influenza profonda sul linguaggio jazzistico moderno.
Il documentario alterna momenti di performance a riflessioni personali, in cui Hines racconta con semplicità e chiarezza il suo approccio alla musica. In una delle dichiarazioni più celebri, afferma: “The way I like to play is that … I’m an explorer … I’m looking for something all the time … almost like I’m trying to talk”. Una frase che riassume perfettamente la sua arte: suonare per Hines significava esplorare, cercare continuamente nuove possibilità espressive, trasformando il pianoforte in una voce capace di dialogare.
La regia riesce a catturare questo spirito di ricerca, alternando primi piani sul volto e sulle mani del pianista a inquadrature che restituiscono l’atmosfera calorosa del club. Il pubblico diventa parte integrante della scena, reagendo all’energia, alle invenzioni improvvisate, persino ai caratteristici vocalizzi con cui Hines accompagnava talvolta i suoi assoli.
Non è un caso che l’International Herald Tribune lo abbia definito “il più grande film jazz mai realizzato”: non solo un ritratto, ma un’esperienza capace di trasmettere l’essenza di un’arte viva.
A quell’altezza della sua carriera, Hines aveva già attraversato oltre mezzo secolo di storia del jazz. Nato nel 1903 a Duquesne, vicino Pittsburgh, aveva sviluppato da giovanissimo un linguaggio pianistico unico, capace di fondere la solidità della formazione classica con l’inventiva improvvisativa.
Dopo aver segnato un’epoca negli anni Venti e Trenta, negli anni Sessanta e Settanta riuscì a ritrovare una nuova stagione di notorietà, portando la sua musica in giro per il mondo con freschezza e vitalità sorprendenti.
Rivedere oggi il documentario significa non solo ascoltare un grande maestro in un momento di forma straordinaria, ma anche assistere a una vera e propria lezione di storia del jazz. In un’ora di immagini e suoni prende vita l’universo creativo di un artista che ha saputo innovare senza mai perdere il contatto con la tradizione, trasformando ogni concerto in un dialogo aperto, vibrante e irripetibile.

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