Addio a Gianni Bergamelli: Il pittore che dipingeva a ritmo di jazz

Con la scomparsa di Gianni Bergamelli, a 95 anni, il mondo dell'arte e della musica perde una figura unica nel panorama culturale italiano. 

Nato a Nembro il 26 luglio 1930, Bergamelli ha incarnato per oltre sei decenni un raro esempio di sintesi artistica, dove pittura e jazz si sono fusi in un linguaggio espressivo del tutto personale.

Gianni Bergamelli aveva coniato un motto che riassumeva perfettamente la sua filosofia di vita: "Che bel campà, sunà e piturà" (Che bello vivere, suonare e dipingere). In queste parole bergamasche si racchiudeva l'essenza di un artista che non ha mai voluto scegliere tra le sue due passioni, ma le ha intrecciate in modo indissolubile.

Cresciuto artisticamente nel mondo della musica jazz, Bergamelli si è esibito come pianista e compositore, portando la sua musica non solo nelle principali città italiane, ma anche all'estero, in Svezia. La sua formazione musicale, tuttavia, non è rimasta confinata alle sale da concerto: è diventata linfa vitale per la sua pittura.

"Sono un pittore che sa suonare", amava definirsi Bergamelli, e questa definizione catturava perfettamente la sua identità artistica. Le sue opere pittoriche, realizzate con tecniche sperimentali, nascevano spesso dall'improvvisazione tipica del jazz, trasformando ritmi e melodie in colori e forme.

La connessione tra la sua arte visiva e quella musicale non era solo concettuale, ma profondamente viscerale. I suoi ritratti e le sue composizioni astratte sembravano vibrare della stessa energia spontanea che caratterizzava le sue performance al pianoforte. Come nel jazz, ogni pennellata era un'improvvisazione guidata dall'istinto e dall'esperienza.

Il legame di Bergamelli con il jazz trova una delle sue espressioni più significative nel suo ruolo di promotore del Festival Jazz del Teatro Donizetti di Bergamo. La sua visione artistica ha contribuito a creare un ponte tra le diverse forme espressive, dimostrando come musica e pittura potessero dialogare e arricchirsi reciprocamente.

Nel 2019, le sue creazioni erano state protagoniste della mostra "Jazz In Bergamo 1969-2019", un evento che celebrava i cinquant'anni del festival jazz cittadino. In quella occasione, l'artista quasi novantenne aveva mostrato ancora una volta la freschezza del suo approccio creativo, confermando che l'età non aveva intaccato la sua capacità di innovare.

Tra le collaborazioni più significative di Bergamelli spicca quella con il sassofonista e clarinettista Gianluigi Trovesi, altro nome illustre del jazz bergamasco. Insieme hanno dato vita a performance uniche, dove la musica dal vivo si fondeva con l'arte visiva in tempo reale, creando eventi di rara suggestione artistica.

Questi concerti-performance rappresentavano l'apice della ricerca artistica di Bergamelli: momenti in cui il confine tra discipline diverse si dissolveva, lasciando spazio a un'esperienza estetica totale.

La carriera pittorica di Bergamelli, iniziata negli anni Sessanta come autodidatta, ha attraversato più di mezzo secolo di sperimentazione costante. Dal suo esordio nel 1967 con una mostra in via della Spiga a Milano, fino alle ultime esposizioni, ha sempre mantenuto uno spirito di ricerca che lo accomunava ai grandi innovatori del jazz.

Come i musicisti che amava, Bergamelli non si è mai accontentato di ripetere formule consolidate. Ogni opera era un'esplorazione, ogni quadro una composizione che nasceva dall'incontro tra tecnica e improvvisazione, tra studio e ispirazione del momento.

Per Bergamelli, il jazz non era solo un genere musicale, ma una vera e propria filosofia di vita. L'improvvisazione, l'ascolto reciproco tra i musicisti, la capacità di trasformare gli errori in opportunità creative: tutti questi elementi del jazz si riflettevano nel suo approccio alla pittura e alla vita quotidiana.

Anche nel suo rapporto con Nembro, il paese dove ha sempre vissuto, Bergamelli ha mantenuto questo spirito jazzistico: disponibile al dialogo, sempre pronto a condividere la sua arte con chiunque avesse voglia di ascoltare, che fossero note o colori.

"Ho sempre sognato di andare sulla Luna, ma non ho mai capito il perché", scriveva Bergamelli. In questa frase si coglie la poetica di un artista che ha sempre cercato la magia nell'ordinario, trasformando la quotidianità in arte attraverso il filtro della sensibilità jazzistica.

Le sue opere, colorate di "romantica poesia", erano inviti a guardare il mondo con occhi diversi, a sentire i ritmi nascosti della vita di tutti i giorni, a trasformare ogni momento in un'occasione di bellezza.

Con la scomparsa di Gianni Bergamelli, il panorama artistico italiano perde non solo un pittore e un musicista di talento, ma soprattutto un testimone di quella contaminazione tra le arti che ha caratterizzato i momenti più fertili della cultura contemporanea.

Il suo esempio continuerà a ispirare tutti coloro che credono nell'arte come linguaggio universale, capace di superare le barriere tra discipline diverse per toccare direttamente l'anima. Come nelle migliori tradizioni del jazz, la sua musica e la sua pittura continueranno a vivere, reinterpretate e rielaborate da quanti hanno avuto la fortuna di incontrare la sua arte.

Nessun commento:

Posta un commento