Sonny Rollins: dal silenzio del 1959 al ritorno trionfale

Nell'estate del 1959, Sonny Rollins svanì dalla scena jazz. Nessun concerto d'addio. Nessun annuncio. Solo silenzio. 

In un gesto che scioccò il mondo musicale, uno dei sassofonisti più celebrati e innovativi dell'epoca si ritirò improvvisamente dalle scene al culmine della sua fama, per intraprendere un viaggio spirituale e artistico che sarebbe diventato una delle leggende più affascinanti della storia del jazz.

Alla fine degli anni '50, Sonny Rollins era al vertice del panorama jazz mondiale. Era l'ultimo sopravvissuto della generazione di giganti che rivoluzionarono il jazz negli anni '50, avendo suonato e registrato con Charlie Parker, Miles Davis e Thelonious Monk mentre era ancora adolescente. Ma proprio questa rapida ascesa al successo iniziò a pesargli.

Sonny ricorda di aver preso il suo congedo dalla scena perché "stavo diventando molto famoso all'epoca e sentivo di dover perfezionare vari aspetti del mio mestiere. Sentivo che stavo ottenendo troppo, troppo presto, quindi ho detto, aspetta un minuto, lo farò a modo mio.

Nel 1959, dopo aver effettuato il suo primo tour europeo, Rollins si sentì frustrato da quelle che percepiva come le proprie limitazioni musicali e intraprese il primo - e più famoso - dei suoi sabbatici musicali, sentendosi sotto pressione per l'inaspettata rapidità della sua ascesa alla fama.

All'apice della sua fama, Rollins si ritirò dalle registrazioni e dalle esibizioni pubbliche, sentendo che gli elogi erano immeritati e che il suo modo di suonare non soddisfaceva i suoi alti standard personali. Ma questo non fu semplicemente un periodo di pausa: fu una trasformazione completa.

Invece di impegni retribuiti, orientò il suo tempo verso la salute personale e la crescita spirituale. Cambiò drasticamente la sua dieta, iniziò a praticare yoga, sollevava pesi e si impegnava in altri esercizi regolari e intensi. Leggeva approfonditamente filosofia e religione, investigando sistemi di credenze esoteriche.

Residente nel Lower East Side di Manhattan senza uno spazio privato per praticare, portò il suo sassofono sul Ponte di Williamsburg per esercitarsi da solo. Rollins iniziò a praticare sul Ponte di Williamsburg per evitare di disturbare una vicina incinta, un fatto che divenne noto attraverso un racconto semi-romanzato di Ralph Berton pubblicato sulla rivista Harper's.

Questo ponte divenne il suo santuario musicale, dove per quasi tre anni perfezionò la sua tecnica lontano dai riflettori, dalle pressioni commerciali e dal clamore della fama. Era un'immagine poetica e potente: uno dei più grandi musicisti jazz del mondo che si esercitava in solitudine su un ponte, con il vento del fiume East come unica audience.

Quando Sonny Rollins tornò finalmente a suonare nel novembre del 1961, era un uomo cambiato. Era un musicista più sicuro e raffinato, ma anche un umanista radicale. Il suo ritorno fu segnato dall'album "The Bridge" del 1962, un titolo che omaggiava il luogo della sua rinascita artistica.

L'album "The Bridge" rappresentava una dichiarazione relativamente sottile e meditativa, che lo rese ancora più sorprendente nell'atmosfera rivoluzionaria del jazz degli anni '60. L'album "The Bridge" sarebbe stato inserito nella Grammy Hall of Fame nel 2015.

La decisione di Rollins di ritirarsi al culmine della carriera per perseguire la perfezione artistica è rimasta unica nella storia del jazz. Piuttosto che seguire la strada facile verso il successo commerciale ripetendo le sue performance passate, lasciò il palco per tre anni al culmine della sua fama per praticare da solo sul Ponte di Williamsburg di New York, perseguendo con determinazione il suo elusivo ideale di perfezione.

Rollins tornò a esibirsi e registrare rinnovato e rinfrancato, continuando con un programma di spettacoli punishing, inclusi lunghi soggiorni in Europa fino alla fine degli anni '60, quando ancora una volta fece una pausa nella sua carriera per seguire la sua ricerca spirituale.

La storia del ritiro di Sonny Rollins è diventata un simbolo di integrità artistica nel mondo della musica. In un'industria spesso guidata dal profitto e dalla pressione commerciale, il suo gesto rappresentò una dichiarazione potente: l'arte autentica richiede tempo, riflessione e la volontà di mettere la crescita personale prima del successo immediato.

Rollins continuò a registrare e esibirsi per decenni, prendendo un altro sabbatico alla fine degli anni '60 prima di tornare a una lunga serie di tour mondiali. Si ritirò dalle esibizioni nel 2014 a causa di malattie respiratorie, ma la sua posizione come uno dei più grandi improvvisatori del jazz rimane intatta.

La leggenda del Ponte di Williamsburg continua a ispirare musicisti e artisti di tutto il mondo, ricordando loro che a volte il silenzio e la solitudine sono necessari per trovare la propria voce autentica. Il gesto di Rollins rimane un testamento al potere trasformativo della dedizione artistica e alla ricerca incessante dell'eccellenza musicale.

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