Johnathan Blake - My Life Matters

La musica jazz ha sempre avuto una dimensione politica e sociale profonda, dai tempi di Billie Holiday che cantava "Strange Fruit" fino ai grandi album di protesta degli anni Sessanta. 

Oggi, questa tradizione trova una nuova voce in Johnathan Blake, batterista e compositore che il 19 settembre pubblicherà per Blue Note Records il suo nuovo album "My Life Matters", un'opera che si inserisce a pieno titolo nel solco dei grandi statement musicali contro l'ingiustizia razziale.

Blake non ha mai nascosto le sue intenzioni. Durante il periodo di composizione di questo lavoro, racconta, "sembrava che ogni giorno, guardando o ascoltando le notizie, fosse un'altra persona di colore — un altro nero o ispanico — a essere portato via da noi per mano di persone che dovevano servirci e proteggerci". Una realtà che il musicista non voleva accettare passivamente: "Non volevo diventare insensibile alle cose che si stavano svolgendo davanti a me. Volevo parlare attraverso la mia musica".

L'album nasce come commissione per The Jazz Gallery e si sviluppa in 14 composizioni originali che Blake stesso definisce come una doppia riflessione sui valori familiari e sull'imperativo sociale di alzarsi in piedi di fronte all'ingiustizia. Un approccio che affonda le radici negli insegnamenti ricevuti in famiglia: "Quando io e le mie sorelle stavamo crescendo, i nostri genitori ci dicevano sempre che se vedi un'ingiustizia accadere e non fai niente, sei parte del problema tanto quanto gli altri".

La produzione dell'album è stata affidata a Derrick Hodge, bassista e collega di etichetta noto per il suo approccio innovativo e per aver spinto i confini musicali in progetti come il Robert Glasper Experiment. Il suo tocco si sente in ogni traccia, dove convivono forze contrapposte: presente e futuro, tragedia e speranza, realtà e visione. La formazione che accompagna Blake include nomi di spicco del jazz contemporaneo: il sassofonista Dayna Stephens, il pianista Fabian Almazan, il vibrafonista Jalen Baker e il bassista Dezron Douglas, con la partecipazione speciale del DJ Jahi Sundance e del vocalist Bilal.

Particolarmente significativo è il brano di apertura "Last Breath", dedicato alla memoria di Eric Garner, l'uomo morto nel 2014 dopo che un poliziotto lo aveva immobilizzato con una presa illegale al collo. Le sue ultime parole, "I can't breathe", sono diventate un simbolo del movimento Black Lives Matter, e Blake le trasforma in un grido di battaglia musicale che riverbera attraverso i suoni contrastanti del vibrafonista Baker, il vigore di Stephens al sassofono elettronico e il piano di Almazan.

Blake non ha mai pensato di creare un album di protesta nel senso classico del termine, come il leggendario "We Insist! Freedom Now Suite" di Max Roach, ma accetta volentieri di raccogliere il testimone lasciato dai suoi predecessori. "Quei musicisti hanno posto l'asticella molto in alto per noi da seguire. Se non seguiamo le loro orme, stiamo facendo loro un disservizio", riflette il batterista.

L'album si inserisce perfettamente nella discografia di Blake per Blue Note Records, che nel 2021 aveva pubblicato "Homeward Bound", il suo acclamato debutto per l'etichetta. Quell'album, una celebrazione della vita e dell'eredità musicale eseguita dal suo quintetto Pentad, uscirà per la prima volta in vinile il 5 dicembre come parte della serie Tone Poet Vinyl, a testimonianza dell'importanza crescente del musicista nel panorama jazz contemporaneo.

"My Life Matters" si presenta quindi non solo come un album musicalmente rilevante, ma come un documento del nostro tempo, un'opera che utilizza il linguaggio universale del jazz per affrontare questioni di giustizia sociale che rimangono dolorosamente attuali. In un'epoca in cui l'arte e l'attivismo si intrecciano sempre più strettamente, Blake dimostra come la musica possa essere tanto intrattenimento quanto strumento di cambiamento sociale.

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