Il 22 marzo 1975, la Carnegie Hall di New York diventa il palcoscenico di uno degli eventi più significativi nella storia del jazz spirituale americano.
Per la prima e unica volta, tre dei più visionari interpreti del free jazz e della ricerca trascendentale si ritrovano insieme: Alice Coltrane, Rahsaan Roland Kirk e Pharoah Sanders, in un doppio spettacolo che ridefinirà per sempre il concetto di concerto jazz.
L'annuncio pubblicitario di "New Audiences & WRVR-FM Present Jazz Supreme" promette "Two Special Shows At Carnegie Hall" con orari alle 7:00 e 10:30 PM. Non è solo un concerto, è una dichiarazione d'intenti: il jazz come veicolo di elevazione spirituale, presentato nel tempio più prestigioso della musica classica americana.
La scelta del titolo "Jazz Supreme" non è casuale. Riecheggia direttamente "A Love Supreme" di John Coltrane, suggerendo che questo evento rappresenta la continuazione naturale della ricerca spirituale iniziata dal grande sassofonista scomparso nel 1967. I tre protagonisti della serata sono tutti, in modi diversi, eredi diretti di quella rivoluzione.
Alice Coltrane arriva a questo concerto nel pieno della sua trasformazione artistica e spirituale. Vedova di John da otto anni, ha già pubblicato capolavori como "A Monastic Trio", "Huntington Ashram Monastery" e "World Galaxy", dimostrando di essere molto più che la continuatrice dell'opera del marito: è una visionaria a pieno titolo.
Nel 1975, Alice sta esplorando sempre più profondamente la fusione tra jazz afroamericano e spiritualità orientale. Le sue composizioni incorporano elementi della musica indiana, uso di strumenti come la tampura e l'organo Hammond trattato in modo quasi orchestrale. Sul palco della Carnegie Hall, la sua presenza rappresenta la sintesi perfetta tra tradizione e innovazione.
La pianista e arpista porta con sé non solo la tecnica raffinata acquisita negli anni con John, ma anche una sensibilità mistica che trasforma ogni performance in un rito di passaggio. I suoi assoli all'arpa, in particolare, creano atmosfere di meditazione profonda che preparano il terreno per le esplosioni sonore dei suoi compagni di palco.
Roland Kirk, già leggenda vivente per la sua capacità di suonare simultaneamente strumenti multipli, arriva alla Carnegie Hall nel momento di massima creatività. Cieco dalla nascita, Kirk ha sviluppato una percezione sonora che va oltre i limiti fisici, creando paesaggi musicali di una complessità e ricchezza inimmaginabili.
La sua presenza scenica è elettrizzante: con manzello, strich e sassofono tenore imbracciati contemporaneamente, Kirk non suona semplicemente la musica, la abita completamente. La sua tecnica della respirazione circolare gli permette di sostenere note per minuti interi, creando droni ipnotici che fungono da fondamenta per improvvisazioni ardite.Kirk porta sul palco anche la sua missione sociale: per lui il jazz non è solo arte, ma resistenza culturale. Ogni sua performance è un manifesto per la preservazione e l'evoluzione della tradizione musicale afroamericana. Alla Carnegie Hall, questa missione assume una valenza quasi profetica.
Pharoah Sanders completa la triade con il suo approccio viscerale al sassofono tenore. Ex membro del gruppo di John Coltrane negli anni più radicali (1965-1967), Sanders ha contribuito a definire il suono del free jazz più estremo con album come "Ascension" e "Om".
Nel 1975, Sanders ha già iniziato la sua evoluzione verso sonorità più accessibili ma non meno spirituali. Album come "Karma" (1969) con il celebre "The Creator Has a Master Plan" hanno dimostrato la sua capacità di bilanciare intensità emotiva e melodia, grido primordiale e bellezza contemplativa. Sul palco della Carnegie Hall, Sanders rappresenta il ponte tra il free jazz più radicale e la ricerca di una spiritualità universale. Il suo suono, capace di passare da sussurri appena udibili a urli che sembrano invocare gli dei, trasforma ogni brano in un'esperienza catartica.
Ciò che rende questo concerto unico non sono solo i singoli artisti, ma la loro interazione. Alice Coltrane fornisce la struttura armonica e l'atmosfera meditativa, Kirk apporta l'energia ritmica e la complessità timbrica, Sanders aggiunge l'intensità emotiva e la profondità spirituale. Insieme, creano una musica che trascende le categorie tradizionali. Non è più solo jazz, né solo musica spirituale: è un linguaggio universale che parla direttamente all'anima. Il pubblico della Carnegie Hall assiste non a un concerto, ma a una cerimonia collettiva di trasformazione.
Il concerto si svolge in un momento cruciale della storia culturale americana. Il movimento per i diritti civili ha raggiunto molti dei suoi obiettivi legali, ma la comunità afroamericana sta cercando nuove forme di espressione identitaria. Il jazz spirituale rappresenta una di queste forme: una rivendicazione culturale che va oltre la protesta per abbracciare la celebrazione.
La controcultura bianca, dal canto suo, sta esplorando filosofie orientali, pratiche meditative, e forme alternative di spiritualità. Il jazz di Alice Coltrane, Kirk e Sanders offre un ponte perfetto tra queste due ricerche, creando un pubblico trasversale unito dalla sete di trascendenza.
Le recensioni dell'epoca parlano di un'esperienza "transformativa" e "mistica". Il critico del New York Times scrive di "tre ore di musica che hanno ridefinito il concetto stesso di concerto jazz", mentre Village Voice definisce l'evento "una lezione di spiritualità attraverso il suono".
Ma l'impatto va oltre le recensioni. Questo concerto stabilisce un precedente per quello che diventerà il "jazz spirituale" degli anni '80 e '90, influenzando generazioni di musicisti da Pharoah Sanders stesso (che continuerà a esplorare questa direzione) fino ai contemporanei Kamasi Washington e Shabaka Hutchings.
Cinquant'anni dopo quella notte storica, l'influenza del concerto continua a riverberare. La recente rivalutazione del lavoro di Alice Coltrane, la riscoperta delle registrazioni di Roland Kirk, e il rinnovato interesse per il jazz spirituale dimostrano quanto quella serata fosse profetica.
La Carnegie Hall stessa ha riconosciuto l'importanza storica dell'evento, inserendolo tra i concerti più significativi mai ospitati nelle sue sale. Per gli appassionati di jazz, il 22 marzo 1975 rimane una data da ricordare: la notte in cui tre profeti della musica si incontrarono per mostrare al mondo che il jazz poteva essere molto più di intrattenimento – poteva essere rivelazione.
Il concerto del 22 marzo 1975 rappresenta l'apice del jazz come ricerca spirituale. Alice Coltrane, Rahsaan Roland Kirk e Pharoah Sanders non si limitarono a suonare insieme: crearono un momento di grazia collettiva che trasformò un teatro in tempio, un pubblico in congregazione, la musica in preghiera.