Gianluigi Trovesi apre il Parma Frontiere Festival

Figura centrale della musica di ricerca italiana, artista raffinato e sempre capace di sorprendere, Gianluigi Trovesi è da tempo un ospite d’eccezione del Festival, sia in formazioni cameristiche sia al fianco di grandi ensemble. 

Torna quest’anno con un concerto intitolato Profumo di Violetta che apre il Parma Jazz Festival sabato 20 settembre, alle 20:30, al Teatro Farnese. Per questa edizione, il Maestro presenta un progetto speciale con la Filarmonica Mousiké diretta da Savino Acquaviva, affiancato dai suoi storici compagni di viaggio Marco Remondini al violoncello e Stefano Bertoli alla batteria.

L’opera nasce dall’incontro tra temi cari alla poetica di Trovesi – la banda, il repertorio operistico, l’improvvisazione – e si sviluppa come un raffinato intreccio di epoche, stili ed esperienze. Le pagine d’opera si mescolano a elaborazioni e adattamenti, citazioni e nuove composizioni, creando una trama sonora complessa e in continua trasformazione. 

Guidato dalla fantasia di Trovesi, il lavoro procede per accostamenti, contrasti e sovrapposizioni, in un gioco che ricorda i meccanismi della cultura pop contemporanea: taglia e incolla, contaminazioni, dialoghi inattesi. Il risultato è una musica che alterna leggerezza e profondità, ironia e solennità, in cui l’improvvisazione del solista si intreccia con melodie, armonie e ritmi per evocare atmosfere emotive sempre diverse.

Charles Tolliver's Music-Inc, "Jazz Session", France 1971 (video)

Gene Jackson, CC BY-SA 2.0

Nel panorama del jazz degli anni ’70, pochi gruppi riuscivano a combinare virtuosismo tecnico, energia contagiosa e una raffinata sensibilità compositiva come il quartetto di Charles Tolliver, Music-Inc. 

Una testimonianza straordinaria di questo ensemble è offerta dal video “Jazz Session”, trasmesso dalla televisione francese l’8 novembre 1971, che immortala la band in una performance live in studio. Sebbene la data esatta della registrazione rimanga sconosciuta, la potenza e la freschezza dell’esecuzione sono palpabili ancora oggi.

Il gruppo era formato da musicisti di altissimo livello: Charles Tolliver alla tromba, Stanley Cowell al pianoforte, Wayne Dockery al basso e Alvin Queen alla batteria. Ognuno di loro contribuisce con il proprio linguaggio musicale a creare un suono compatto, brillante e pieno di sorprese armoniche.

La scaletta proposta nella sessione televisiva è un piccolo compendio del talento compositivo e interpretativo del quartetto. Si apre con “Orientale”, firmata da Cowell, un brano in cui le sfumature melodiche si intrecciano con ritmi pulsanti, creando un’atmosfera sospesa e coinvolgente. Seguono “Lynnsome” e “Ruthie’s Heart”, composizioni di Tolliver, dove la tromba emerge come voce solista con linee incisive, melodiche e al contempo improvvisative, sostenuta dalla solidità ritmica di Dockery e Queen. Chiude la sessione “Prayer for Peace”, altro pezzo di Cowell, che con la sua delicatezza e profondità espressiva evidenzia la capacità del quartetto di modulare intensità e sentimento, passando dalla tensione all’eleganza lirica senza soluzione di continuità.

Jazz Supreme al Carnegie Hall – Alice Coltrane, Rahsaan Roland Kirk e Pharoah Sanders (1975)

Il 22 marzo 1975, la Carnegie Hall di New York diventa il palcoscenico di uno degli eventi più significativi nella storia del jazz spirituale americano. 

Per la prima e unica volta, tre dei più visionari interpreti del free jazz e della ricerca trascendentale si ritrovano insieme: Alice Coltrane, Rahsaan Roland Kirk e Pharoah Sanders, in un doppio spettacolo che ridefinirà per sempre il concetto di concerto jazz.

L'annuncio pubblicitario di "New Audiences & WRVR-FM Present Jazz Supreme" promette "Two Special Shows At Carnegie Hall" con orari alle 7:00 e 10:30 PM. Non è solo un concerto, è una dichiarazione d'intenti: il jazz come veicolo di elevazione spirituale, presentato nel tempio più prestigioso della musica classica americana.

La scelta del titolo "Jazz Supreme" non è casuale. Riecheggia direttamente "A Love Supreme" di John Coltrane, suggerendo che questo evento rappresenta la continuazione naturale della ricerca spirituale iniziata dal grande sassofonista scomparso nel 1967. I tre protagonisti della serata sono tutti, in modi diversi, eredi diretti di quella rivoluzione.

Alice Coltrane arriva a questo concerto nel pieno della sua trasformazione artistica e spirituale. Vedova di John da otto anni, ha già pubblicato capolavori como "A Monastic Trio", "Huntington Ashram Monastery" e "World Galaxy", dimostrando di essere molto più che la continuatrice dell'opera del marito: è una visionaria a pieno titolo.

Nel 1975, Alice sta esplorando sempre più profondamente la fusione tra jazz afroamericano e spiritualità orientale. Le sue composizioni incorporano elementi della musica indiana, uso di strumenti come la tampura e l'organo Hammond trattato in modo quasi orchestrale. Sul palco della Carnegie Hall, la sua presenza rappresenta la sintesi perfetta tra tradizione e innovazione.

La pianista e arpista porta con sé non solo la tecnica raffinata acquisita negli anni con John, ma anche una sensibilità mistica che trasforma ogni performance in un rito di passaggio. I suoi assoli all'arpa, in particolare, creano atmosfere di meditazione profonda che preparano il terreno per le esplosioni sonore dei suoi compagni di palco.

Roland Kirk, già leggenda vivente per la sua capacità di suonare simultaneamente strumenti multipli, arriva alla Carnegie Hall nel momento di massima creatività. Cieco dalla nascita, Kirk ha sviluppato una percezione sonora che va oltre i limiti fisici, creando paesaggi musicali di una complessità e ricchezza inimmaginabili.

La sua presenza scenica è elettrizzante: con manzello, strich e sassofono tenore imbracciati contemporaneamente, Kirk non suona semplicemente la musica, la abita completamente. La sua tecnica della respirazione circolare gli permette di sostenere note per minuti interi, creando droni ipnotici che fungono da fondamenta per improvvisazioni ardite.Kirk porta sul palco anche la sua missione sociale: per lui il jazz non è solo arte, ma resistenza culturale. Ogni sua performance è un manifesto per la preservazione e l'evoluzione della tradizione musicale afroamericana. Alla Carnegie Hall, questa missione assume una valenza quasi profetica.

Pharoah Sanders completa la triade con il suo approccio viscerale al sassofono tenore. Ex membro del gruppo di John Coltrane negli anni più radicali (1965-1967), Sanders ha contribuito a definire il suono del free jazz più estremo con album come "Ascension" e "Om".

Nel 1975, Sanders ha già iniziato la sua evoluzione verso sonorità più accessibili ma non meno spirituali. Album come "Karma" (1969) con il celebre "The Creator Has a Master Plan" hanno dimostrato la sua capacità di bilanciare intensità emotiva e melodia, grido primordiale e bellezza contemplativa. Sul palco della Carnegie Hall, Sanders rappresenta il ponte tra il free jazz più radicale e la ricerca di una spiritualità universale. Il suo suono, capace di passare da sussurri appena udibili a urli che sembrano invocare gli dei, trasforma ogni brano in un'esperienza catartica.

Ciò che rende questo concerto unico non sono solo i singoli artisti, ma la loro interazione. Alice Coltrane fornisce la struttura armonica e l'atmosfera meditativa, Kirk apporta l'energia ritmica e la complessità timbrica, Sanders aggiunge l'intensità emotiva e la profondità spirituale. Insieme, creano una musica che trascende le categorie tradizionali. Non è più solo jazz, né solo musica spirituale: è un linguaggio universale che parla direttamente all'anima. Il pubblico della Carnegie Hall assiste non a un concerto, ma a una cerimonia collettiva di trasformazione.

Il concerto si svolge in un momento cruciale della storia culturale americana. Il movimento per i diritti civili ha raggiunto molti dei suoi obiettivi legali, ma la comunità afroamericana sta cercando nuove forme di espressione identitaria. Il jazz spirituale rappresenta una di queste forme: una rivendicazione culturale che va oltre la protesta per abbracciare la celebrazione.

La controcultura bianca, dal canto suo, sta esplorando filosofie orientali, pratiche meditative, e forme alternative di spiritualità. Il jazz di Alice Coltrane, Kirk e Sanders offre un ponte perfetto tra queste due ricerche, creando un pubblico trasversale unito dalla sete di trascendenza.

Le recensioni dell'epoca parlano di un'esperienza "transformativa" e "mistica". Il critico del New York Times scrive di "tre ore di musica che hanno ridefinito il concetto stesso di concerto jazz", mentre Village Voice definisce l'evento "una lezione di spiritualità attraverso il suono".

Ma l'impatto va oltre le recensioni. Questo concerto stabilisce un precedente per quello che diventerà il "jazz spirituale" degli anni '80 e '90, influenzando generazioni di musicisti da Pharoah Sanders stesso (che continuerà a esplorare questa direzione) fino ai contemporanei Kamasi Washington e Shabaka Hutchings.

Cinquant'anni dopo quella notte storica, l'influenza del concerto continua a riverberare. La recente rivalutazione del lavoro di Alice Coltrane, la riscoperta delle registrazioni di Roland Kirk, e il rinnovato interesse per il jazz spirituale dimostrano quanto quella serata fosse profetica.

La Carnegie Hall stessa ha riconosciuto l'importanza storica dell'evento, inserendolo tra i concerti più significativi mai ospitati nelle sue sale. Per gli appassionati di jazz, il 22 marzo 1975 rimane una data da ricordare: la notte in cui tre profeti della musica si incontrarono per mostrare al mondo che il jazz poteva essere molto più di intrattenimento – poteva essere rivelazione.

Il concerto del 22 marzo 1975 rappresenta l'apice del jazz come ricerca spirituale. Alice Coltrane, Rahsaan Roland Kirk e Pharoah Sanders non si limitarono a suonare insieme: crearono un momento di grazia collettiva che trasformò un teatro in tempio, un pubblico in congregazione, la musica in preghiera.

Charlie Rouse - Cinnamon Flower: The Expanded Edition (2 LP)

Charlie Rouse - Cinnamon Flower
Quasi cinquant'anni dopo la sua prima pubblicazione, uno dei gioielli meno conosciuti del sassofonista tenore Charlie Rouse torna a splendere con una nuova luce. Cinnamon Flower: The Expanded Edition rappresenta molto più di una semplice ristampa: è la riscoperta di un capolavoro che unisce il bebop tradizionale alle seducenti sonorità brasiliane degli anni '70.

Charlie Rouse, meglio conosciuto per la sua lunga collaborazione con Thelonious Monk dal 1959 al 1970, ha sempre vissuto nell'ombra dei giganti del jazz. Eppure, questo album del 1977, originariamente pubblicato dalla Douglas Records, dimostra la sua capacità di reinventarsi artisticamente, abbracciando le influenze della bossa nova e della musica brasiliana che negli anni '70 stavano conquistando il mondo del jazz americano.

Ciò che rende questa edizione espansa davvero speciale è la sua natura duplice. Resonance Records, nota per il suo meticoloso lavoro di archivio, presenta sia la versione originale dell'album che una versione alternativa, offrendo un'esperienza d'ascolto completa e rivelando le diverse fasi creative del progetto.

La versione originale include le modifiche del produttore Alan Douglas, che arricchì le sessioni con musicisti come il leggendario batterista soul Bernard Purdie, il tastierista Roger Powell al sintetizzatore di archi e il trombonista Clifford Adams dei Kool & the Gang. Questi "dolcificanti" sonori, come sono stati definiti, conferiscono all'album un sapore più commerciale senza compromettere l'integrità artistica.

La seconda versione presenta invece le registrazioni nella loro forma originale, catturate dall'ingegnere George Klabin (fondatore di Resonance Records) ai Sound Ideas Studios di New York City, permettendo di apprezzare l'essenza più pura delle interpretazioni di Rouse.

Jerome Sabbagh - Stand Up!

Jerome Sabbagh - Stand Up!
Sassofonista e compositore Jerome Sabbagh si è sempre distinto come artista che difende fermamente i valori in cui crede: integrità artistica, individualità audace, coscienza sociale e una visione personale distintiva. 

Il suo nuovo vibrante album, "Stand Up!", in uscita il 17 ottobre 2025 via Analog Tone Factory, afferma questi valori in modi molteplici, unendo composizioni memorabili all'esecuzione fervente del quartetto storico di Sabbagh.

Con "Stand Up!", Sabbagh celebra più di 20 anni con il suo straordinario quartetto - il chitarrista Ben Monder, il contrabbassista Joe Martin e, al suo debutto discografico con la band, il batterista Nasheet Waits. L'album segna la prima pubblicazione del gruppo in oltre un decennio, un periodo durante il quale Sabbagh si è concentrato su collaborazioni proficue con leggende del jazz come il pianista Kenny Barron ("Vintage") e il compianto batterista Al Foster ("Heart").

Ma perché questa lunga pausa? Come spiega lo stesso sassofonista: "Molto della mia musica jazz preferita è stata creata da band che lavoravano insieme. I primi e secondi quintetti di Miles Davis, il quartetto di John Coltrane, il trio di Bill Evans, Lovano/Frisell/Motian – quelle sono vere band. Parte di quello che le rendeva così grandi era il fatto che suonavano insieme con una certa frequenza".

"Stand Up!" è stato registrato dal vivo su nastro analogico e pubblicato sulla neonata etichetta dello stesso sassofonista, Analog Tone Factory. Questa scelta non è casuale: rappresenta la filosofia artistica di Sabbagh, che privilegia l'autenticità dell'esecuzione e il calore del suono analogico rispetto alle facilità della tecnologia digitale.

L'album sarà disponibile in vari formati: LP AAA 180g (pressatura one-step e pressatura standard), reel-to-reel e CD, tutti disponibili tramite analogtonefactory.com, oltre alla versione digitale 24 bit / 192k. Questa varietà di formati dimostra l'attenzione di Sabbagh per i diversi tipi di ascoltatori e la sua volontà di offrire la migliore esperienza d'ascolto possibile.

Il titolo "Stand Up!" non è solo una dichiarazione musicale, ma anche un manifesto artistico e sociale. In un'epoca in cui l'industria musicale spinge spesso verso compromessi commerciali, Sabbagh sceglie di "alzarsi in piedi" per i suoi principi: l'autenticità dell'espressione, la profondità compositiva, e l'importanza delle relazioni musicali durature.

Addio a Akiko Tsuruga, la voce dell’organo jazz che ha unito due mondi

woodleywonderworks, CC BY 2.0

Il 13 settembre 2025 si è spenta a Brooklyn, all’età di 58 anni, Akiko Tsuruga-Magnarelli, una delle organiste più rappresentative della scena jazz contemporanea. La sua morte, dovuta a una malattia improvvisa, ha scosso l’ambiente musicale internazionale, privandolo di una figura che coniugava tradizione e modernità in modo unico.

Nata a Osaka il 1° settembre 1967, Akiko iniziò a suonare l’organo quando aveva appena tre anni. La Yamaha Music School le offrì le prime basi, ma il suo talento andava oltre la tecnica: fin da bambina mostrava una sensibilità fuori dal comune verso il fraseggio, il ritmo e le atmosfere musicali. Dopo gli studi al Osaka College of Music, scelse di dare una svolta alla sua vita artistica trasferendosi a New York nel 2001, accettando l’invito del batterista Grady Tate.

Fu lì che conobbe Dr. Lonnie Smith, uno dei grandi maestri dell’organo Hammond. L’incontro si rivelò decisivo: sotto la sua influenza, Akiko affinò uno stile che sarebbe diventato il suo marchio distintivo. Il suo suono era caldo, incisivo, intriso di soul e swing, ma sempre elegante. Non era semplice emulare i giganti dell’organo jazz — da Jimmy Smith a Jack McDuff — senza cadere nella ripetizione. Akiko ci riuscì, aggiungendo una voce personale, capace di raccontare il presente senza tradire le radici.

Per oltre 15 anni collaborò con il sassofonista Lou Donaldson, portando avanti un dialogo musicale che la fece conoscere e apprezzare in tutto il mondo. Suonò anche con Frank Wess, Jimmy Cobb, Houston Person, e tanti altri nomi leggendari. Ogni volta il suo organo sapeva inserirsi come protagonista, senza mai oscurare i compagni di palco.

Un nuovo capitolo per il mito di Ronnie Scott’s

N Chadwick / Ronnie Scott's
Da oltre sessant’anni il nome Ronnie Scott’s evoca le atmosfere calde e vibranti del jazz londinese. Nato nel cuore di Soho nel 1959, il club è diventato un punto di riferimento internazionale, palcoscenico per giganti come Miles Davis, Chet Baker, Nina Simone, fino agli artisti contemporanei. 

Oggi, quella storia gloriosa si prepara a scrivere un nuovo capitolo: l’apertura di un nuovo spazio musicale con 140 posti, destinato a espandere l’eredità di uno dei club più celebri al mondo.

Il nuovo locale sorgerà “Upstairs at Ronnie’s”, al primo piano della storica sede di 47 Frith Street, Soho, Londra. Non un trasferimento, ma un ampliamento: lo spazio, già presente e chiuso per lavori a partire dall’estate 2024, è stato ripensato come una sala intima, con un’acustica potenziata, dettagli di design art déco e un bar dedicato. Sarà un ambiente concepito per valorizzare la vicinanza tra pubblico e musicisti, restituendo quella sensazione di contatto diretto che ha reso leggendario il Ronnie Scott’s fin dagli anni Sessanta.

Il nuovo club non sarà solo un’estensione fisica, ma anche culturale. Ospiterà concerti che spaziano dai grandi nomi emergenti alle sonorità meno convenzionali, con una programmazione pensata per mantenere lo spirito del locale originario: un equilibrio costante tra tradizione e innovazione. Sarà uno spazio di sperimentazione, un rifugio per musicisti e appassionati, un laboratorio di idee musicali.

Spoleto Jazz 2025

La musica jazz torna protagonista nella città simbolo dell’eccellenza artistica italiana con la sesta edizione di Spoleto Jazz, in programma dal 10 ottobre al 22 novembre 2025 presso due teatri iconici della città: il Caio Melisso – Spazio Carla Fendi e il Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti. 

Un progetto ideato, promosso e organizzato da Visioninmusica, con il contributo e la collaborazione del Comune di Spoleto, che conferma la vitalità e la visione di una rassegna capace di coniugare prestigio internazionale, programmazione originale e apertura al nuovo.

Dopo i successi delle precedenti edizioni, la rassegna si prepara a offrire al pubblico un viaggio sonoro ricco e trasversale, con quattro concerti che spaziano dalle atmosfere sofisticate dello swing alla potenza espressiva delle influenze latino-americane, passando per la sperimentazione vocale e la fusion d’autore.

«Spoleto è storicamente sinonimo di teatro, musica classica e danza – afferma Silvia Alunni, direttrice artistica del festival – ma con Spoleto Jazz abbiamo scommesso su una nuova identità musicale, che in cinque anni ha saputo costruire un pubblico attento, trasversale e curioso. Il jazz qui non è solo suono: è ricerca, visione, narrazione. E quest’anno più che mai, con il titolo Jazz not war!, vogliamo affermare un principio profondo: la musica come linguaggio di pace, come spazio di dialogo e comprensione reciproca. Il jazz è nato per abbattere le barriere, non per erigerle; è una forma di espressione che unisce, che trasforma le differenze in armonia. Questo è il messaggio che portiamo sul palco, ed è la direzione che ci guida in ogni scelta artistica. Grazie alla fiducia delle istituzioni e all’appoggio del Comune, abbiamo potuto portare sul palco progetti originali, mai scontati, capaci di dialogare con il presente. E il pubblico ha risposto con entusiasmo fin dall’inizio, confermandoci numeri importanti e un’attenzione crescente da parte della stampa e degli operatori culturali».

A inaugurare la rassegna, venerdì 10 ottobre, sarà Lari Basilio, chitarrista brasiliana apprezzata a livello globale per la sua sensibilità e la sua tecnica fuori dal comune. Il suo progetto Redemption rappresenta una sintesi perfetta tra virtuosismo e narrazione emotiva, in un equilibrio sospeso tra jazz moderno, rock strumentale e suggestioni acustiche.

Venerdì 17 ottobre, sarà la volta di Michael Mayo, astro nascente del vocal jazz americano. Con FLY, l’artista ridefinisce il concetto di canto jazzistico fondendolo con elettronica, soul e sperimentazione timbrica. Dotato di una voce caleidoscopica e di un senso della performance magnetico, Mayo trasporta lo spettatore in un universo sonoro personale e profondamente innovativo.

European Jazz Conference 2025: dal 25 al 27 settembre tre giorni di concerti gratuiti a Bari

I talenti del jazz italiano a Bari per una tre giorni di concerti gratuiti in occasione dell’ European Jazz Conference, importante incontro annuale dei professionisti del settore jazz e delle musiche creative e improvvisate che riunisce ogni anno oltre 400 delegati provenienti da 40 Paesi che si svolge a Bari dal 25 al 28 settembre. 

Puglia Culture, che promuove la conferenza internazionale con Europe Jazz Network nell’ambito delle azioni del progetto Puglia Sounds, organizza una programmazione gratuita, un Fringe festival per far conoscere la vitalità della scena jazz pugliese e nazionale ai numerosi delegati internazionali e coinvolgere il grande pubblico in questo importante appuntamento. 

Il programma dei concerti parte giovedì 25 settembre,  ore 21.00 via Sparano angolo Corso Vittorio Emanuele II, con una serata dedicata ai giovani talenti, affiancati dai loro docenti, promossa in collaborazione con il Comune di Bari. In scena gli allievi di due vere e proprie “Istituzioni” cittadine che da oltre quarant’anni coltivano e trasmettono il Jazz con passione e qualità didattica, ciascuna con le proprie peculiarità: la Scuola di Musica Jazz del Conservatorio Niccolò Piccinni di Bari e il Pentagramma coordinate rispettivamente da Roberto Ottaviano e Guido Di Leone. Al centro della serata jam session e una selezione di brani scelti ad hoc per mettere in risalto tanto le potenzialità collettive quanto quelle individuali degli artisti coinvolti, offrendo al pubblico un’esperienza di Jazz viva, autentica e in continua trasformazione.  

Venerdì 26 settembre  un ricco calendario di concerti tra Auditorium Vallisa e Teatro Kursaal Santalucia. Dalle ore 21 Auditorium Vallisa ospita Zoe Pia & le Sculture Sonanti, progetto in cui la musicista sarda suona l’opera scultorea dell’artista Luca Zarattini, uno dei sorprendenti strumenti musicali ibridati con ceramica smaltata e trasformati in veri e propri pezzi d’arte, alla quale si aggiungono poi clarinetto tradizionale, launeddas, campanacci sardi e soundscape; Federica Michisanti Trio, il trio propone per lo più composizioni di Michisanti, che mantengono una sonorità che attinge dalla musica colta europea e dall’avanguardia jazzistica, lasciando molto spazio all’improvvisazione estemporanea; Sliders, atipica formazione musicale che non ha precedenti nella storia del jazz italiano, un trio di tromboni fondato nel 2018 da Filippo Vignato, Federico Pierantoni e Lorenzo Manfredini, tra i più rilevanti e riconosciuti giovani esponenti del proprio strumento nella scena italiana ed europea; Alberto Parmegiani ‘Millennium’ feat. Donatella Montinaro,  progetto nato da un idea di estetica musicale che per Parmegiani comincia nel 2018 con l’album “Under a Shimmery Grace” in cui l’idea del jazz è fortemente contaminata dalle nuove generazioni esposte al jazz, alla musica indie ed elettronica. 

Enrico Rava & Fred Hersch - Piacenza Jazz Fest 2023 (video)

Il Piacenza Jazz Fest si conferma ancora una volta un palcoscenico privilegiato per incontri musicali di altissimo livello. 

Tra gli appuntamenti più significativi spicca il concerto di Enrico Rava e Fred Hersch, registrato il 25 marzo 2023 nella suggestiva cornice della Galleria Alberoni e oggi disponibile in un video di 71 minuti sulla piattaforma culturale ARTE fino al 24 marzo 2026.

L’incontro tra il decano del jazz italiano e il pianista americano, tra i più raffinati interpreti contemporanei, è la naturale estensione del loro album The Song Is You. Un progetto che si muove tra standard e composizioni originali, rilette con uno sguardo personale, sempre in bilico tra lirismo e sperimentazione.

Il palco di Piacenza restituisce un’atmosfera intima: pochi elementi scenici, luci calde, un pubblico attento. Tutto è concentrato sull’essenziale, sul flusso del dialogo musicale. La tromba di Rava si muove con il suo tipico fraseggio cantabile, sospeso, a tratti rarefatto; il pianoforte di Hersch risponde con armonie sofisticate, disegni melodici che aprono spazi di respiro e improvvisazione. Ne scaturisce un discorso fluido, privo di sovrastrutture, che rende palpabile la complicità artistica tra i due.

Joni's Jazz: L'Antologia che Rivela l'Anima Jazz di Joni Mitchell

Il 5 settembre 2025 segna un momento storico per gli amanti della musica: l'uscita di Joni's Jazz, il nuovo cofanetto antologico di Joni Mitchell che esplora e celebra il profondo legame artistico tra la leggendaria cantautrice canadese e il mondo del jazz. 

Questo progetto, descritto dalla stessa Mitchell come "un progetto di passione anni nel farsi", rappresenta la prima compilation tematica della serie Archives e offre uno sguardo inedito sull'evoluzione artistica di una delle voci più influenti della musica contemporanea.

L'idea di Joni's Jazz era stata anticipata dalla stessa Mitchell nelle note di copertina del cofanetto Archives Vol 4 dell'anno scorso, dove aveva dichiarato: "La gente mi chiede qual è il mio album preferito tra i miei preferiti. Direi "Joni's Jazz". Non si trattava di una semplice boutade: questo cofanetto rappresenta davvero una selezione personale e intima dei brani che meglio illustrano come il jazz abbia permeato e influenzato la sua intera carriera artistica.

La raccolta è dedicata alla memoria di Wayne Shorter, il leggendario sassofonista scomparso nel 2023, con cui Mitchell aveva collaborato in diverse occasioni. "È stato un piacere suonare con lui. Mi mancherà, ma rimarrà vivo per me nella sua musica.", scrive Mitchell nelle note di copertina, testimoniando l'importanza delle sue collaborazioni jazz.

Joni's Jazz raccoglie 61 selezioni distribuite su 4 CD o 8 vinili, includendo registrazioni in studio, performance dal vivo, rare take alternative e materiale proveniente da diversi decenni e etichette discografiche. Tra i tesori nascosti del cofanetto spiccano due demo inediti del 1980, che offrono uno sguardo privilegiato sul processo creativo di Mitchell in un periodo particolarmente fertile della sua carriera.

La selezione spazia attraverso tutta la discografia di Mitchell, dalle prime esplorazioni jazz degli anni '70 fino ai lavori più recenti, dimostrando come l'influenza del jazz non sia mai stata un episodio isolato nella sua carriera, ma piuttosto un filo conduttore costante che ha attraversato e arricchito ogni fase della sua evoluzione artistica.

Il cofanetto mette in evidenza le collaborazioni di Mitchell con alcuni dei più importanti musicisti jazz della sua epoca. Tra questi figurano Wayne Shorter e altri giganti del jazz che hanno contribuito a plasmare il suono unico di Mitchell, quello che ha reso possibile l'osmosi perfetta tra la tradizione folk e l'innovazione jazzistica.

Sheila Jordan – Portrait of Sheila (Tone Poet Vinyl Series)

Sheila Jordan – Portrait of Sheila
Nel 1962 Sheila Jordan entrò negli studi Blue Note per registrare il suo album d’esordio, Portrait of Sheila. 

Quel disco, pubblicato nel 1963, è diventato negli anni una pietra miliare del vocal jazz, non solo perché segnava il debutto discografico di una cantante fuori dal comune, ma anche perché rappresentava una delle rarissime incursioni di Blue Note nel repertorio vocale.

Sheila Jordan, nata a Detroit e trasferitasi a New York nei primi anni Cinquanta, si era immersa in una scena musicale in fermento: lì entrò in contatto con figure come Charlie Parker, Charles Mingus e Lennie Tristano, sviluppando un approccio alla voce che fondeva lirismo e avanguardia. Quando Alfred Lion la sentì cantare al Page Three Club di Greenwich Village, decise di registrarla nonostante la label fosse tradizionalmente concentrata sugli strumentisti.

Portrait of Sheila si compone di dodici brani tratti dal Great American Songbook e da standard jazz, rivisitati con uno stile personale e intimo. La voce di Jordan emerge limpida e audace su arrangiamenti essenziali, sostenuta dal trio formato da Barry Galbraith alla chitarra, Steve Swallow al basso e Denzil Best alla batteria. Tra i momenti più memorabili spicca “Dat Dere”, interpretato in una sorprendente versione voce-basso, che mette in risalto la capacità della cantante di giocare con le forme ridotte e con le sfumature del timbro.

Tomas Fujiwara - Dream Up

Il 12 settembre 2025 è stato pubblicato Dream Up, il nuovo album di Tomas Fujiwara per Out of Your Head Records. Con questo progetto, il batterista e compositore americano di origini giapponesi introduce al mondo il suo Percussion Quartet, una formazione rivoluzionaria che ridefinisce completamente i parametri del jazz sperimentale attraverso l'esplorazione di sonorità percussive globali.

L'idea alla base di Dream Up affonda le sue radici nei viaggi d'infanzia di Fujiwara nella patria ancestrale del padre, il Giappone, dove il giovane musicista fu pervaso dai suoni di una varietà straordinaria di strumenti esotici. 

Questa esperienza formativa emerge chiaramente nella composizione e nell'arrangiamento dell'album, dove tradizioni musicali millenarie dialogano con le più avanzate ricerche del jazz contemporaneo.

Il concetto di un ensemble completamente percussivo non è nuovo nel panorama musicale, ma Fujiwara riesce a dargli una connotazione del tutto originale, creando texture sonore, ritmi e strutture innovative che si allontanano dalle forme tradizionali per abbracciare territorì inesplorati dell'espressione musicale.

Il Percussion Quartet di Fujiwara riunisce alcuni dei più raffinati specialisti della scena percussiva internazionale. Accanto al leader troviamo la vibrafionista Patricia Brennan, artista di punta della nuova generazione che ha saputo rivoluzionare l'approccio al suo strumento; Tim Keiper, percussionista eclettico che maneggia con maestria strumenti che spaziano dall'ngoni africano al calabash, dai temple blocks ai djembe, dalle castagnette al balafon, senza dimenticare una vasta gamma di found objects che arricchiscono la tavolozza sonora del gruppo.

Completa la formazione Kaoru Watanabe, maestro dei tamburi taiko e degli strumenti a fiato tradizionali giapponesi come lo shinobue. La sua presenza garantisce un ponte autentico con le tradizioni musicali nipponiche, portando nell'ensemble l'esperienza diretta di strumenti come o-jimedaiko, uchiwadaiko e shimedaiko che raramente trovano spazio nel jazz occidentale.

Maurizio Grondona Group - Blue

Il panorama musicale italiano del soul-jazz si arricchisce di una nuova perla con l'uscita di BLUE, il nuovo album del Maurizio Grondona Group. Questa raccolta di 6 brani dalla durata complessiva di 30 minuti rappresenta l'ultima evoluzione artistica di uno dei progetti musicali più raffinati e originali della scena pugliese contemporanea.

Il Maurizio Grondona Group si muove, sin dai suoi esordi, nell'area musicale del raffinato linguaggio soul jazz attraverso sonorità arricchite e personalizzate dalla spiccata sensibilità artistica del poliedrico cantante, chitarrista e compositore barese Maurizio Grondona. 

L'artista pugliese ha saputo costruire negli anni un sound distintivo che coniuga con originalità e affabile naturalezza la lezione del jazz (Wes Montgomery, Pat Metheny) e le suggestioni del soul (Al Jarreau).

BLUE si inserisce perfettamente in questa tradizione artistica, confermando la capacità del gruppo di esplorare territori sonori sofisticati senza mai perdere quella naturalezza espressiva che ha sempre caratterizzato il progetto. Il titolo stesso dell'album evoca immediatamente l'universo blues e jazz, suggerendo un viaggio attraverso le sfumature emotive più profonde di questi generi musicali.

La scelta di concentrare l'esperienza musicale in soli 6 brani dalla durata di 30 minuti complessivi non è casuale: BLUE si presenta come un lavoro essenziale, dove ogni composizione ha il peso specifico necessario per contribuire a un discorso artistico coerente e coinvolgente. Questa compattezza formale riflette la maturità artistica di Grondona, che privilegia la qualità alla quantità, la profondità espressiva all'esibizionismo tecnico.

Adam Bałdych presenta il suo nuovo singolo AI LOVE

Il violinista e compositore polacco Adam Baldych torna con un nuovo singolo che segna una tappa importante nel suo percorso artistico: AI LOVE, pubblicato il 6 settembre 2025 e già disponibile su tutte le principali piattaforme digitali.

Considerato uno dei più originali interpreti del violino contemporaneo, Baldych da anni esplora territori che vanno oltre il jazz, intrecciando linguaggi che spaziano dalla musica classica all’improvvisazione, fino alle sonorità più moderne. 

La sua cifra stilistica è proprio questa capacità di reinventare il ruolo del violino, trasformandolo in uno strumento capace di parlare con voce nuova e universale.

In AI LOVE Baldych si circonda di musicisti di grande valore: Sebastian Zawadzki, Andrzej Swies, Marek Konarski, Dawid Fortuna e Rafal Stepien. L’intesa tra i diversi strumenti crea una trama sonora intensa e stratificata, in cui la liricità del violino si fonde con armonie ricche e ritmiche vibranti, dando vita a un brano che invita all’ascolto attento e profondo.

Il titolo apre a riflessioni attuali: AI LOVE sembra evocare l’incontro tra sentimento e tecnologia, tra umanità e intelligenza artificiale. Una suggestione che Baldych traduce in musica con atmosfere che oscillano tra delicatezza e tensione, tra intimità e apertura verso un futuro incerto, ma colmo di possibilità.

Con questo singolo, Adam Baldych conferma la sua maturità artistica e il suo desiderio di sperimentare, continuando a tracciare un percorso personale e innovativo. AI LOVE non è solo un brano, ma un’esperienza che riflette il nostro tempo e invita a immaginare nuovi orizzonti emotivi e sonori.


La nuova stagione artistica del Teatro Ristori di Verona

Prende il via dal prossimo autunno la stagione 2025-2026 del Teatro Ristori di Verona con più di 40 appuntamenti che si snodano - sotto la direzione artistica del Maestro Alberto Martini - dal Jazz internazionale (una delle novità saranno le speciali domeniche targate “Ristori Jazz Club”), la Danza con ben due prime nazionali e le “Serate d’autore” per incontri in dialogo con l’arte e i temi civili. 

E ancora, il “Ristori Baroque Festival” come cuore filologico e immaginifico nel segno delle sonorità barocche, percorsi Educational e le attese “Cene+Spettacolo” che a fine anno trasformano il teatro in un vero e proprio salone delle feste. Un mosaico di proposte composto dalla direzione del M° Alberto Martini e da consulenti artistici specializzati, come Gegè Telesforo (Jazz), Emanuele Masi (Danza) ed Elisabetta Garilli (Educational). Ma andiamo in sequenza a presentare la rassegna.

Così per la musica Jazz, il sipario si alzerà mercoledì 15 ottobre con il quartetto di Sergio Cammariere affiancato da Giovanna Famulari, in un suggestivo repertorio tra pianismo lirico e songwriting. A seguire il 14 novembre è Danilo Rea in Sakamoto & me, omaggio poetico al maestro giapponese in dialogo con le elettroniche di Martux_m. 

Mentre nel mese di dicembre il Ristori diventerà Jazz Club per quattro domeniche consecutive – 7, 14 e 21 – con i giovani Cutello Bros 5tet, la Special Edition del quartetto di Max Ionata con una sezione ritmica internazionale, il Trio di Dado Moroni in tributo a Oscar Peterson. E il grande respiro per un jazz internazionale proseguirà nel 2026 con il bassista camerunense - plurivincitore di premi Grammy - Richard Bona (7 febbraio), e a seguire Steve Gadd Organ Trio (4 marzo) - un gruppo composto dalla leggenda della batteria di Steve Gadd, il sassofonista Michael Blicher e il mago dell’hammond Dan Hemmer. Il 30 aprile, invece, in occasione dell'International Jazz Day, sotto i riflettori ci sarà il quintetto di Eddie Henderson in tributo a Miles Davis e proiezione del documentario su uno dei più influenti, innovativi e carismatici musicisti della storia del jazz.

Padova Jazz Festival 2025

Il Padova Jazz Festival 2025 è una kermesse che racconta molte storie: quelle della black music portata ai massimi livelli del virtuosismo fusion (Stanley Clarke), della tradizione che si rinnova (Cecile McLorin Salvant), dell’impegno sociale tradotto in futurismo sonoro (Camilla George); quelle della musica cubana, coi migliori esponenti della sua scuola pianistica (Roberto Fonseca e Alfredo Rodriguez); quelle del jazz italiano, in un caleidoscopio di idiomi stilistici e commistioni internazionali (Roberto Gatto, Max Ionata, Matteo Paggi…); quelle della più creativa scena statunitense (Uri Caine).

Storie che si ascolteranno dal vivo dal 6 al 23 novembre sugli innumerevoli palcoscenici del festival: location di importanza storica e architettonica come il Teatro Verdi, la Sala dei Giganti al Liviano, il Caffè Pedrocchi e il Centro Culturale Altinate/San Gaetano oltre alle aule dell’Università degli Studi di Padova e la Nuova S. Agnese – Fondazione Peruzzo.

Il Padova Jazz Festival è organizzato dall’Associazione Culturale Miles presieduta da Gabriella Piccolo Casiraghi, con il contributo dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova e con il sostegno del Ministero della Cultura e della Regione del Veneto.

Scoprite il programma completo su www.padovajazz.com/festival

The Superstar Quintet al North Sea Jazz Festival 1982

Il 17 luglio 1982, il North Sea Jazz Festival dell’Aia accolse un concerto che è rimasto scolpito nella memoria degli appassionati: l’esibizione del Superstar Quintet, una formazione che già nel nome lasciava intendere la portata dell’evento. 

Cinque musicisti leggendari, ciascuno con una carriera brillante alle spalle, si unirono per dare vita a una serata in cui il jazz mostrò tutta la sua energia vitale, fatta di improvvisazione, dialogo e virtuosismo.

Il quintetto era composto da Freddie Hubbard alla tromba e al flicorno, tra i massimi esponenti dell’hard bop e della fusion; Joe Henderson, sassofonista dal suono caldo e inconfondibile, capace di fondere lirismo e complessità armonica; Ron Carter, contrabbassista dal tocco elegante e dalla straordinaria versatilità, già pilastro del celebre quintetto di Miles Davis; Tony Williams, batterista innovativo e rivoluzionario, capace di trasformare la ritmica in linguaggio autonomo; e Kenny Barron, pianista raffinato, autorevole nell’accompagnamento e poetico nei momenti solistici.

La loro esibizione fu un dialogo serrato tra tradizione e modernità. I temi classici e gli standard venivano reinventati sul momento, arricchiti da assoli fiammeggianti e da un interplay che faceva emergere non solo il talento individuale, ma soprattutto la capacità di ascolto reciproco. Hubbard e Henderson intrecciavano frasi potenti e liriche, sostenuti dal contrabbasso solido e melodico di Carter e dalla batteria vulcanica di Williams, mentre Barron offriva continui spunti armonici, cucendo insieme i diversi linguaggi con eleganza.

Il Contributo degli Italo-Americani nella Storia del Jazz - Prima Parte: Le Origini e e Pionieri (1900-1940)

Public domain, via Wikimedia Commons

Per comprendere il ruolo degli italo-americani nel jazz, è necessario contestualizzare questo fenomeno nell'ambito della grande immigrazione italiana negli Stati Uniti tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo. Tra il 1880 e il 1920, oltre quattro milioni di italiani emigrarono negli Stati Uniti, stabilendosi principalmente nelle grandi città del Nord e creando comunità dense e culturalmente coese.

Questi immigrati portarono con sé una ricca tradizione musicale che includeva non solo l'opera lirica - per cui l'Italia era già famosa nel mondo - ma anche la musica popolare regionale, le tradizioni bandistiche e una profonda comprensione della melodia e dell'armonia. Quando il jazz iniziò a emergere a New Orleans e successivamente a diffondersi nelle altre città americane, trovò in queste comunità italiane un terreno fertile per la contaminazione e lo sviluppo.

La coincidenza temporale non fu casuale: proprio mentre il jazz stava nascendo dai spiritual, dai work songs e dal blues afroamericano, le comunità italiane stavano stabilendo le proprie radici culturali nelle stesse città dove il nuovo genere musicale stava prendendo forma. New Orleans, Chicago, New York e San Francisco - tutte città chiave per lo sviluppo del jazz - erano anche centri di immigrazione italiana particolarmente significativi.

Una delle figure più controverse ma indiscutibilmente importanti nella storia primitiva del jazz è Nick LaRocca (1889-1961), cornettista nato a New Orleans da genitori siciliani. LaRocca fu il leader della Original Dixieland Jazz Band (ODJB), che nel 1917 realizzò quella che è considerata la prima registrazione jazz della storia con "Livery Stable Blues" e "Dixie Jass Band One-Step".

La controversia intorno a LaRocca deriva dalle sue affermazioni successive secondo cui lui e la sua band avrebbero "inventato" il jazz, negando i contributi fondamentali degli musicisti afroamericani. Queste dichiarazioni, chiaramente motivate da pregiudizi razziali dell'epoca, hanno oscurato per decenni il riconoscimento del suo effettivo contributo musicale. Tuttavia, al di là delle sue problematiche affermazioni personali, LaRocca e la ODJB rappresentarono un momento cruciale nella diffusione del jazz.

La band, composta interamente da musicisti italo-americani e irlandesi, portò il jazz fuori da New Orleans e lo presentò al pubblico mainstream americano. Il loro stile, caratterizzato da ensemble collettivi energici e da un approccio melodico più accessibile rispetto ad alcune delle prime forme di jazz afroamericano, contribuì a stabilire alcuni dei paradigmi che sarebbero diventati standard nel genere.

Musicalmente, LaRocca portò nel jazz una sensibilità melodica che rifletteva la sua eredità italiana. La sua cornetta cantabile e il suo approccio all'improvvisazione, pur rimanendo stilisticamente all'interno dei parametri del primo jazz, mostravano un'attenzione alla linea melodica e alla costruzione frastica che sarebbe diventata caratteristica di molti musicisti italo-americani successivi.

Kieran Brown - Loving You

Kieran Brown - Loving You
Nel panorama jazz contemporaneo, dove le nuove voci faticano spesso a emergere con personalità e maturità artistica, Kieran Brown si presenta con un album d'esordio che lascia il segno. "Loving You", uscito l'11 luglio 2025, non è solo la presentazione di una giovane cantante talentuosa, ma l'introduzione di un'artista di rara promessa.

Kieran Brown è una vocalist, compositrice e arrangiatore con sede a New York City, con una forte concentrazione nel Jazz, R&B e nell'American Songbook. La sua storia musicale inizia presto: a sedici anni cantava l'inno nazionale al Madison Square Garden, e l'anno successivo si è assicurata un posto in un prestigioso programma universitario di jazz.

Il brano di apertura di "Loving You" è una scelta azzeccata. La versione di Brown del brano di Previn "You're Gonna Hear from Me", arrangiato per l'album dal chitarrista Aaron Matson, è un'accoglienza travolgente al suo debutto. Canta "ascolta mondo, non puoi ignorarmi", e ha ragione.

"Loving You" è composto da dieci tracce che spaziano attraverso i classici dell'American Songbook, dimostrando la versatilità e la sensibilità interpretativa della giovane artista. La tracklist include brani come "Emily", "Do It Again", "Meditation", "Alfie", e l'omonima "Loving You".

Su "Emily", la splendida ballad di Johnny Mercer e Henry Mancini, Brown canta con passione e sincerità. La sua voce è anche perfetta per interpretare lo stile musicale brasiliano, come è chiaro nella sua presentazione del famoso brano di Antonio Carlos Jobim, "Meditation".

L'album beneficia della collaborazione di musicisti di prim'ordine: Tyler Henderson al pianoforte, Joey Ranieri al basso, Joe Peri alla batteria, e Aaron Matson alla chitarra, oltre ai contributi di Jarien Jamanila all'alto e Chris Lewis al tenore. La chiarezza e coesione di Brown sono supportate da questo ensemble che dimostra un acuto senso dell'interplay di gruppo e dell'identità sonora.

Il mondo della critica jazz ha accolto "Loving You" con entusiasmo. Konrad Paszkudski, direttore artistico di Jazz at the Ballroom, non mince parole: "L'avenir del jazz e del Great American Songbook riposa nelle mani di questa artista incredibilmente talentuosa".

Rosa Passos e Ron Carter - Entre Amigos

Rosa Passos e Ron Carter - Entre Amigos
Nel panorama della musica brasiliana contemporanea, raramente un incontro artistico si rivela così naturale e magnetico come quello documentato in "Entre Amigos", album che unisce la voce sensuale di Rosa Passos al contrabbasso leggendario di Ron Carter. 

Pubblicato originariamente dalla Chesky Records il 26 agosto 2003, è proposto in una nuova edizione limitata e numerata per il Record Store Day UK, incisa a 33 giri su vinile bianco da 180 gr.: 500 copie sono destinate al mercato inglese, mentre 1.000 saranno spedite in tutto il mondo. 

Gli appassionati di musica brasiliana dovrebbero assolutamente cogliere l’opportunità di accaparrarsi questa rarità anche disponibile ssu SACD ibrido.

“Entre Amigos” rappresenta molto più di una semplice collaborazione: è un manifesto di come la bossa nova possa ancora sorprendere e incantare dopo decenni dalla sua nascita.

Rosa Passos, già affermata protagonista della scena musicale brasiliana, trova in Ron Carter il partner ideale per esplorare le infinite sfumature del songbook brasiliano. Carter, leggendario bassista che ha suonato con Miles Davis, Herbie Hancock e praticamente tutti i grandi del jazz americano, usa il suo suono cantabile, il grande beat percussivo e la raffinata sensibilità armonica per complementare l'arte bossa nova dell'inimitabile Rosa Passos.

Per la Passos, questo disco segna il debutto nordamericano, un traguardo che la consacra definitivamente nel panorama internazionale. La sua voce, che è al tempo stesso esotica e stranamente familiare, è magnifica, capace di trasformare standard familiari in scoperte sempre nuove.

La tracklist include undici classici brasiliani: "Bahia Com H", "Insensatez", "Desafinado", "Sorriu Para Mim", "A Primeira Vez", "Garota de Ipanema", "Por Causa de Você", "Caminhos Cruzados", "Feitiço de Oração", "Eu Sei Que Vou Te Amar" e "O Grande Amor".

Ogni brano è un piccolo capolavoro di interpretazione. Le sue interpretazioni di vari classici bossa nova, come "Insensatez", "O Grande Amor", così come "Desafinado" e "Garota de Ipanema", sono sublimi. Prende queste canzoni fin troppo familiari e le fa suonare completamente nuove.

Roberto Magris - Lovely Day(s)

Roberto Magris - Lovely Day(s)
Il 1° settembre 2025, JMood Records ha pubblicato "Lovely Day(s)", il nuovo album del pianista e compositore italiano Roberto Magris, confermando ancora una volta la sua posizione di rilievo nel panorama del jazz internazionale. 

Dopo una carriera che lo ha visto protagonista sia in Europa che negli Stati Uniti, Magris torna con un progetto che sintetizza perfettamente la sua maturità artistica e la sua capacità di rinnovare il linguaggio jazzistico contemporaneo.

Roberto Magris è un musicista che ha saputo costruire una carriera davvero internazionale, muovendosi con disinvoltura tra Europa e America. La sua discografia precedente parla da sola: i suoi CD "Live in Miami", "Shuffling Ivories", "Match Point" e "Duo & Trio" sono stati votati da diversi critici americani tra i migliori album jazz rispettivamente del 2018, 2020, 2021 e 2022. Un riconoscimento ancora più prestigioso è arrivato nel 2019, quando il suo CD "Suite!" è passato il primo round di selezione per la nomination ai Grammy Award nella categoria Jazz.

In Europa, Magris ha diretto progetti di grande respiro come l'Europlane Orchestra (un'iniziativa jazz centro-europea sponsorizzata da INCE-Central European Initiative), il suo quartetto italiano, il Gruppo Jazz Marca, e l'Alfabeats Nu Jazz band. Nel periodo 2016-2020 è stato attivo con il MUH Trio (Magris-Uhlir-Helesic Trio), realizzando oltre cento concerti e registrando due album.

Il titolo "Lovely Day(s)" racchiude in sé una filosofia musicale e di vita che caratterizza tutto il lavoro di Magris. La parentesi attorno alla "s" suggerisce tanto il singolare quanto il plurale, come se ogni giorno potesse essere bello in sé, ma anche come parte di una serie di momenti preziosi che la musica sa catturare e trasformare in arte.

Questo approccio ottimistico alla vita e alla musica è tipico dello stile compositivo di Magris, che ha sempre saputo coniugare tecnica raffinata con un'emotività diretta e coinvolgente. Il jazz, nelle mani di questo artista triestino, diventa un linguaggio universale capace di attraversare culture e generazioni.

Pat Metheny "Last Train Home" - Brazil 2025 (video)

Il 28 agosto 2025, Pat Metheny ha regalato ai suoi fan un'esperienza musicale indimenticabile presso l'Ópera de Arame di Curitiba, in Brasile. 

Durante il concerto, ha eseguito una versione straordinaria di "Last Train Home", brano iconico del suo repertorio. Questo pezzo, originariamente tratto dall'album Still Life (Talking) del 1987, è stato reinterpretato con una sensibilità unica, arricchendo ulteriormente la sua già ricca discografia.

L'Ópera de Arame, con la sua struttura architettonica in metallo e vetro, ha fornito un'acustica perfetta per l'esibizione, permettendo a ogni nota di risuonare con chiarezza e profondità. Metheny, noto per la sua abilità tecnica e la sua capacità di emozionare, ha incantato il pubblico con la sua chitarra, trasportandolo in un viaggio sonoro che ha attraversato le sfumature più intime e le esplosioni più potenti della musica jazz.

Il concerto è stato trasmesso in streaming, permettendo ai fan di tutto il mondo di assistere a questa performance straordinaria. Per coloro che non hanno potuto partecipare, è possibile rivivere l'emozione dell'esibizione attraverso il video disponibile online.

38^ edizione di Gezziamoci, il Jazz Festival della Basilicata

Un festival alla ricerca di nuove espressioni musicali, ma anche della valorizzazione del territorio e della scoperta dei luoghi più suggestivi di Matera e della Basilicata.

Da settembre a dicembre sono in programma nove concerti per la seconda fase del Gezziamoci 2025, il jazz festival lucano giunto alla trentottesima edizione.

Questa mattina, nella "sala Mandela" del Comune di Matera, si è tenuta la conferenza di presentazione della fase autunnale del festival che si aprirà con l'anteprima, in programma domenica 21 settembre, alle 11.30.

L'evento, intitolato "Racconti per una grande quercia", vedrà il Mike Rubini Wind Ensemble proporre un racconto che concilia musica e natura sotto la grande chioma di un albero monumentale, raggiungibile dalla strada provinciale Timmari-Santa Chiara-Matera.

Si prosegue sabato 11 ottobre all'Auditorium Gervasio con il debutto della produzione originale "Di cosa vive l'uomo? Le canzoni di Kurt Weill e Bertolt Brecht": in scena Peppe Servillo e Costanza Alegiani, la Giovane Orchestra Lucana diretta da Ettore Fioravanti e gli arrangiamenti di Gianluigi Giannatempo.

Nel cartellone sono previsti anche il trio del contrabbassista Marco Bardoscia con "The Future Is a Tree" (venerdì 17 ottobre, Casa Cava), il progetto "Carosello in Jazz" del Pasquale Mega Sestetto (31 ottobre, Cinema Il Piccolo), il groove di "Moon Kin" di Emanuele Triglia (8 novembre, Casa Cava), il duo "A Pino" di Rita Marcotulli e Israel Varela dedicato a Pino Daniele (13 novembre, Casa Cava), la presentazione di "My Family Things" dell'Andrea Andreoli Quartet (21 novembre, Casa Cava), il "Patto Armonico" del batterista Giovanni Scasciamacchia con Dado Moroni, Tommaso Scannapieco e Perico Sambeat (6 dicembre, Casa Cava). La chiusura, in vece, è fissata per venerdì 19 dicembre con il Franco D'Andrea Trio insieme a Gabriele Evangelista e Roberto Gatto.

La stagione autunnale del Musicus Concentus

Le giornate si tingono d’autunno e il Musicus Concentus riparte con il secondo capitolo della sua stagione concertistica Tradizione in Movimento, che a partire dal 25 settembre proporrà più di 20 appuntamenti sparsi fra Firenze e la Toscana.

La collaborazione con l’Opera di Santa Maria del Fiore, giunta al suo quarto anno, si rafforza e porta il Musicus Concentus a proporre, durante l’autunno, quattro appuntamenti a ingresso su prenotazione. Quattro concerti unici, concepiti come eventi speciali, che trovano nella natura il loro filo conduttore: una fonte di ispirazione e riflessione musicale capace di unire bellezza artistica, spiritualità e apertura alla città.

Ne sono un esempio lo spettacolo di Maurizio Carucci (25 settembre) al Museo dell’Opera del Duomo e i due concerti inseriti nel programma della nona edizione di A Jazz Supreme, ossia quelli che vedranno in scena il nuovo progetto di Daniele Di Bonaventura (30 ottobre) e il concerto di Stefano Maurizi (11 dicembre).

Grande attesa poi per l’evento speciale in Cattedrale con Paco Peña, il massimo esponente del flamenco (27 novembre) che presenterà per la prima volta in Italia il suo Requiem per la Terra. Una rappresentazione potente e suggestiva, che unisce musica, canto e danza flamenca per esplorare la drammatica crisi ambientale, con la partecipazione della Cappella Musicale della Cattedrale di Firenze.

In Sala Vanni, sempre per A Jazz Supreme, spicca ELEkTRA, il nuovo progetto di Camilla Battaglia dedicato a personaggi femminili archetipici legati alla mitologia, alla storia antica e alla letteratura (3 ottobre). Da non perdere anche il concerto della “sacerdotessa del jazz psichedelico arabo” Yazz Ahmed, in quartetto per la sua attesissima unica data italiana (11 ottobre), e la serata che celebra i dieci anni di attività del trio ENEMY: intenso e visionario progetto che riunisce il pianista Kit Downes, il bassista Petter Eldh e il batterista James Maddren (17 ottobre).

Joe Sanders' Parallels - Live al Bimhuis 2025

Quando quattro maestri del jazz americano si riuniscono su un palco, il risultato non può che essere straordinario. 

È esattamente quello che è accaduto al BIMHUIS di Amsterdam con la presentazione televisiva di "Joe Sanders' Parallels", featuring Logan Richardson, Seamus Blake e Greg Hutchinson - una formazione che rappresenta il meglio del jazz contemporaneo internazionale.

Il progetto Parallels nasce dalla visione artistica del contrabbassista Joe Sanders, musicista che ha costruito la sua reputazione suonando con alcuni dei più grandi nomi del jazz contemporaneo, da Gerald Clayton a Kendrick Scott, fino a Ben Wendel. Sanders ha già avuto il suo primo grande riconoscimento nel 2023 con l'album "Where Are We" del sassofonista Joshua Redman per Blue Note Records.

Parallels si è sviluppato come una band che presenta assoluti maestri del jazz americano: Seamus Blake, Gregory Hutchinson e Logan Richardson hanno ciascuno costruito la propria impressionante carriera come leader. Il concetto alla base del gruppo è quello di creare un equilibrio perfetto tra melodia e libertà espressiva, unendo tradizione jazzistica e sperimentazione contemporanea.

Joe Sanders guida il quartetto dal basso, strumento che sotto le sue mani diventa molto più di una semplice sezione ritmica. La sua approccio al contrabbasso combina un suono caldo e cantabile con una capacità di sostenere strutture armoniche complesse, mantenendo sempre un groove vibrante e coinvolgente.

Logan Richardson è uno dei sassofonisti contralto più innovativi della sua generazione. La sua capacità di fondere elementi del jazz tradizionale con sonorità più sperimentali e contemporanee porta una dimensione melodica unica al quartetto, esplorando territori sonori che spaziano dal bebop al jazz d'avanguardia.

Seamus Blake, veterano del sassofone tenore, porta al gruppo la sua esperienza maturata in decenni di attività con alcuni dei più grandi musicisti jazz. Il suo suono potente e la sua creatività improvvisativa costituiscono un perfetto contrappunto alle sonorità di Richardson.

Greg Hutchinson alla batteria completa un dream team che difficilmente si trova riunito su un singolo palco. Hutchinson è considerato uno dei batteristi più ricercati della scena jazz internazionale, capace di sostenere qualsiasi tipo di proposta musicale con gusto raffinato e swing inesauribile.

Wes Montgomery - The Incredible Jazz Guitar of Wes Montgomery

The Incredible Jazz Guitar of Wes Montgomery
Nel panorama del jazz degli anni '60, pochi album hanno avuto l'impatto duraturo e la risonanza artistica di "The Incredible Jazz Guitar of Wes Montgomery", pubblicato dalla Riverside Records nel 1960. 

Questo disco non è semplicemente una raccolta di brani jazz: è una dichiarazione d'intenti che ha consolidato la posizione di Wes Montgomery come uno dei chitarristi più innovativi e influenti della storia del jazz.

Registrato nel gennaio 1960 agli studi Reeves Sound di New York, l'album arriva in un momento cruciale per il jazz. Il bebop stava evolvendo verso nuove forme espressive, e la chitarra jazz stava cercando la sua voce distintiva in un panorama dominato da piano, tromba e sassofono. Montgomery, nato a Indianapolis nel 1923, aveva già sviluppato il suo caratteristico approccio basato sull'uso del pollice invece del plettro, una tecnica che conferiva al suo suono una morbidezza e una rotondità uniche.

Ciò che rende "incredible" questo album non è solo la maestria tecnica di Montgomery, ma la sua capacità di reinventare l'approccio alla chitarra jazz. La sua tecnica degli "octaves" - suonare melodie in ottave parallele - diventa qui un marchio di fabbrica che influenzerà generazioni di chitarristi. Il suono caldo e avvolgente ottenuto pizzicando le corde con il pollice crea una timbrica inconfondibile, quasi orchestrale.

L'album presenta Montgomery in quartetto con il pianista Tommy Flanagan, il bassista Percy Heath e il batterista Albert Heath, una formazione che permette alla chitarra di emergere senza essere sopraffatta, creando uno spazio sonoro ideale per le esplorazioni armoniche del leader.

Tra i momenti salienti dell'album spicca "Four on Six", composizione originale di Montgomery che diventerà uno standard jazz. Il brano esemplifica perfettamente il suo approccio: melodie cantabili sostenute da un walking bass, improvvisazioni che alternano single notes, octaves e accordi pieni, il tutto con un groove irresistibile che mantiene sempre un forte legame con il blues e il gospel.

"West Coast Blues" mostra un altro aspetto del genio di Montgomery: la sua capacità di reinterpretare standard esistenti infondendoli di nuova vita attraverso arrangiamenti sofisticati e un senso del timing impeccabile. La sua interpretazione di "Airegin" di Sonny Rollins dimostra come riuscisse a far suo qualsiasi materiale, trasformandolo attraverso il filtro della sua personalità musicale unica.

Richard Galliano ‑ New Viaggio (2 LP)

Richard Galliano ‑ New Viaggio
Richard Galliano torna con un nuovo capitolo della sua carriera, o meglio, con un ritorno che ha il sapore della riscoperta. 

New Viaggio, pubblicato in un elegante doppio vinile, non è una semplice ristampa del celebre Viaggio del 1993, ma un’edizione che riporta alla luce quell’universo musicale con nuova energia, nuove sfumature e una qualità sonora rinnovata. È come aprire un vecchio diario, ritrovare le stesse pagine, ma scoprire anche appunti mai letti prima, aggiunti per arricchire la memoria.

Chi conosce Galliano sa bene quanto sia riuscito, negli anni, a liberare la fisarmonica dall’etichetta folkloristica, portandola nei territori del jazz con naturalezza e poesia. In New Viaggio questo strumento diventa ancora una volta voce narrante: lirica, intensa, capace di muoversi tra malinconia e gioia, tra intimità e slancio collettivo. 

Ma questa volta il contesto cambia leggermente: accanto a lui troviamo Adrien Moignard alla chitarra e Philippe Aerts al contrabbasso, un trio che sa costruire spazi ariosi e dialoghi sottili, lasciando che ogni nota respiri.

Il disco nasce da un lavoro di rimasterizzazione attento, che non tradisce l’atmosfera originale ma la esalta, restituendo al vinile tutta la ricchezza dinamica delle registrazioni. A rendere il progetto ancora più interessante ci sono le tracce bonus: versioni alternative, take inedite, piccoli frammenti che gettano nuova luce su brani che già conoscevamo. È un po’ come vedere un dipinto sotto una diversa angolazione, scoprendo particolari che prima ci erano sfuggiti.

Michele Francesconi - Seasons

Michele Francesconi - Seasons
Non è comune (o forse non è mai accaduto), almeno nel jazz, che un pianista commissioni composizioni che poi interpreterà personalmente ai suoi colleghi, che in questo caso sono anche amici. 

Questo è accaduto alcuni anni fa quando Michele Francesconi (Faenza, 1975) ha chiesto a Marco Ponchiroli, Stefano Travaglini e Luca Dell'Anna – tutti, come lui, rinomati pianisti jazz italiani – di scrivere tre suite ispirate al ciclo delle stagioni.

Il progetto "Seasons" rappresenta un esperimento artistico audace e innovativo nel panorama del jazz contemporaneo. Francesconi ha dimostrato una maturità artistica straordinaria nel concepire un'opera che unisce la creatività di quattro diverse sensibilità pianistiche sotto un tema universale e poetico come quello delle stagioni.

L'originalità dell'iniziativa risiede non solo nella commissione stessa, ma anche nella capacità di Francesconi di amalgamare tre approcci compositivi diversi attraverso il suo stile pianistico maturo e personale, adattandoli alla sua sensibilità unica.

Nella poetica di Ponchiroli emerge un carattere pre-romantico che ricorda Mendelssohn nella linearità di certe melodie. I suoi cinque brani non hanno titoli ma solo indicazioni di tempo, come accade solitamente nella musica classica. Questa scelta stilistica conferisce alle composizioni un'eleganza formale che si sposa perfettamente con l'approccio colto e raffinato del progetto.

Nella musica composta da Travaglini predominano i colori scuri e il linguaggio armonico è più complesso. Questa dimensione più introspettiva e sofisticata aggiunge profondità emotiva all'intero ciclo, creando contrasti dinamici che arricchiscono l'esperienza d'ascolto.

La terza suite in ordine di ascolto, composta da Dell'Anna, si sviluppa in diverse aree che riconducono idealmente ai quattro elementi primari: fuoco, aria, acqua e terra. Questa dimensione elementale conferisce al progetto una connessione profonda con le forze naturali che governano il ciclo delle stagioni.

Sylvie Courvoisier & Wadada Leo Smith - Angel Falls

L'autunno 2025 ci regala un incontro straordinario nel panorama del jazz contemporaneo: Angel Falls, il nuovo album in duo di Sylvie Courvoisier e Wadada Leo Smith, che sarà pubblicato il 3 ottobre dall'etichetta Intakt Records (CD 444). 

Un dialogo musicale che trascende i confini del genere per esplorare territori sonori dove l'intimità si fonde con l'epicità, dove la vulnerabilità incontra l'autorità artistica.

La pianista e compositrice svizzera Sylvie Courvoisier, figura centrale della scena jazz contemporanea da oltre vent'anni e recentemente insignita del prestigioso Swiss Grand Prize for Music 2025, porta in questo progetto la sua capacità unica di bilanciare la raffinata musica da camera delle sue radici europee con i suoni groove-laden della scena downtown newyorkese, dove vive da oltre due decenni.

Dall'altra parte, il leggendario trombettista Wadada Leo Smith, definito dal New York Review of Books come uno dei "narratori più potenti della nazione, erede di cronachisti americani come Charles Ives e Ornette Coleman", apporta la sua visione cosmica e la sua capacità di celebrare la diversità musicale senza accettare etichette limitanti.

Angel Falls non è un album costruito solo su un concetto o sulla chimica tra i musicisti - sebbene entrambi gli elementi siano presenti - ma su qualcosa di più raro e profondo: un amore filosofico per l'arte stessa. Le otto tracce che compongono l'album creano una suite di paesaggi sonori che sono simultaneamente intimi ed epici, volatili ma controllati, un equilibrio mobile tra fragilità e sicurezza espressiva.

Toots Thielemans e Franco Cerri: Bluesette a “Chitarra amore mio” (video)

Un momento prezioso della storia del jazz in televisione italiana è l’esecuzione di Bluesette da parte di Toots Thielemans, presentato da Franco Cerri. 

I due musicisti, prima di immergersi nel brano, duettano con grande intesa, dando vita a un dialogo sonoro elegante e spontaneo.

L’esibizione andò in onda all’interno di una delle otto storiche puntate di “Chitarra amore mio”, trasmesse sul Secondo Canale RAI tra luglio e settembre del 1965 e condotte da Arnoldo Foà.

Il programma, dedicato al mondo della chitarra in tutte le sue espressioni, rappresentò un’occasione unica per il pubblico italiano di conoscere da vicino artisti internazionali come Thielemans, maestro dell’armonica e chitarrista raffinato, e di vederlo in scena accanto a Franco Cerri, già allora punto di riferimento del jazz italiano.

Questa interpretazione di Bluesette rimane una testimonianza straordinaria della forza comunicativa del jazz, capace di unire culture e linguaggi diversi attraverso la spontaneità dell’improvvisazione.

Monte-Carlo Jazz Festival 2025

L’autunno del 2025 si accenderà, dal 20 al 29 novembre, con la 19ª edizione del Monte-Carlo Jazz Festival.

Un evento per appassionati di jazz ma non solo. La rassegna accoglierà, infatti, nel mitico palcoscenico della Salle Garnier dell’Opéra di Monte Carlo (nella piazza del Casinò) una serie di concerti con “artisti fuori dal comune, figure di spicco o voci emergenti del jazz”. Inoltre le serate del festival saranno accompagnate dai Before (dalle 19,30) e gli After (dopo il concerto) al Café de la Rotonde del Casinò, con accesso libero.

Ad aprire questa rassegna musicale sarà il 20 novembre il concerto dei giovani talenti dell’Académie Rainier III, con ingresso libero (prenotazione consigliata).

Il 21 novembre la Salle Garnier accoglierà il grande trombettista Ibrahim Maalouf  che renderà omaggio alla popolarissima cantante orientale Oum Kalthoum, 50 anni dopo la sua scomparsa. La serata si aprirà con Gabi Hartmann che si esibirà “tracciando un percorso tra jazz, pop, folk e musiche del mondo e coinvolgendo il pubblico con la sua voce vellutata”. 

Il 22 novembre a salire sul palco sarà Stanley Clarke “monumento del basso e del contrabbasso” cui seguirà il gruppo Deluxe, oggetto pop-funk della scena francese.

Il 23 novembre, l’Harlem Gospel Choir porterà a Monte Carlo un’intensa esecuzione del gospel afro-americano.

Il 24 novembre avrà luogo una serata dedicata al cinema: il critico cinematografico e regista francese Thierry Jousse terrà infatti una conferenza, in collaborazione con l’Institut Audiovisuel de Monaco, sui legami tra il jazz e il grande schermo.

Il 26 novembre sul palco salirà il pianista giamaicano Monty Alexander: “una leggenda del jazz e del reggae, influenzata sia dalle forme nordamericane che dai ritmi caraibici” seguito dalla salsa sensuale e romantica di Yuri Buenaventura.