Stefano Benni e il Jazz: L'addio al "Lupo" che scriveva a ritmo di blues

Claude Truong-Ngoc
CC BY-SA 3.0

Bologna piange la scomparsa di Stefano Benni, il "Lupo" della letteratura italiana che ieri ha concluso il suo viaggio terreno all'età di 78 anni, dopo una lunga battaglia contro la malattia. 

Con lui se ne va non solo l'autore di capolavori come "Bar Sport", "Terra!" e "La compagnia dei Celestini", ma anche un appassionato cultore del jazz che ha saputo trasferire nelle sue pagine il ritmo sincopato e l'improvvisazione tipica di questo genere musicale.

La relazione di Benni con il jazz non era un semplice hobby, ma rappresentava una vera e propria filosofia creativa che permeava la sua scrittura. Come osservato da molti critici, nelle opere dello scrittore bolognese la musicalità è sempre stata presente: nel ritmo incalzante della prosa, nei dialoghi che si rincorrono come assoli improvvisati, nei giochi di parole che ricordano le variazioni jazzistiche su un tema.

La sua penna oscillava costantemente tra letteratura e palcoscenico, creando una forma di "scrittura jazz" dove il fantastico si mescolava al comico in un elastico continuum espressivo. I suoi personaggi dialogavano con la stessa spontaneità con cui i musicisti si alternano in una jam session, creando quella dimensione surreale ma profondamente umana che caratterizzava tutti i suoi lavori.

Uno dei progetti più significativi che testimonia il profondo legame di Benni con il jazz è stato "Misterioso. Viaggio nel silenzio di Thelonious Monk", realizzato in collaborazione con il pianista jazz Umberto Petrin. Quest'opera rappresentava una riflessione sull'enigmatico talento di uno dei pianisti più innovativi e geniali della storia del jazz, unendo la prosa evocativa di Benni alle interpretazioni musicali di Petrin.

Il rapporto tra i due artisti è nato nell'ambito del Festival Internazionale Jazz di Roccella Jonica "Rumori mediterranei", dove Benni ricopriva il ruolo di consulente artistico. Questo sodalizio ha dato vita a numerose performance dal vivo, dove la parola scritta si fondeva con l'improvvisazione musicale, creando un'esperienza artistica totale che trascendeva i confini tradizionali tra letteratura e musica.

La sensibilità musicale di Benni emerge chiaramente anche in opere come "Blues in sedici. Ballata per la città dolente", dove il consueto stile tragicomico dello scrittore cede il passo a un tono più drammatico e dolente, appunto blues. Questo testo, concepito come un vero e proprio poema in versi, era stato pensato dall'autore fin dall'inizio per essere rappresentato dal vivo con accompagnamento musicale, e dopo la pubblicazione è stato portato in scena in numerose letture teatrali in tutta Italia.

In quest'opera, Benni si rivela un "bluesman inaspettato", capace di catturare il dolore urbano e la malinconia esistenziale attraverso un linguaggio poetico che riecheggia le cadenze del blues tradizionale, pur mantenendo quella originalità espressiva che lo contraddistingueva.

La morte di Stefano Benni rappresenta una perdita non solo per la letteratura italiana, ma anche per quel particolare universo artistico dove musica e narrazione si incontrano e si contaminano reciprocamente. La sua capacità di tradurre in parole il linguaggio del jazz, di catturare l'improvvisazione e il ritmo sincopato in una prosa che sembrava essa stessa improvvisata, resterà come uno degli aspetti più originali della sua opera.

Come ha ricordato il figlio Niclas nel momento dell'addio: "Ricordate mio padre leggendo i suoi testi ai vostri amici". Un invito che risuona con particolare forza se si pensa che i testi di Benni, come i migliori standard jazz, erano fatti per essere condivisi, interpretati, fatti risuonare nella voce di chi li legge, creando ogni volta una nuova, irripetibile performance.

Il "Lupo" se n'è andato, ma la sua musica letteraria continuerà a risuonare nelle pagine che ha lasciato, in quella particolare sinfonia di parole che ha saputo comporre mescolando l'ironia più caustica alla tenerezza più profonda, il grottesco al sublime, in un jazz infinito di emozioni umane.

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