Max Roach: The Drum Also Waltzes

Il documentario Max Roach: The Drum Also Waltzes, andato in onda nella serie American Masters su PBS, traccia un ritratto profondo e sfaccettato di uno dei più influenti batteristi della storia del jazz. 

Diretto da Sam Pollard e Ben Shapiro, il film è il risultato di oltre vent’anni di lavoro, costruito grazie a una ricca raccolta di interviste, materiali d’archivio, fotografie e filmati familiari. Ne emerge una figura complessa: artista geniale, innovatore instancabile, padre affettuoso, uomo elegante, ma anche rigoroso e a tratti severo nel ruolo di bandleader.

Attraverso un racconto che intreccia vita personale e carriera artistica, il documentario segue il percorso di Roach fin dagli anni giovanili, mettendo in luce il suo ruolo chiave nello sviluppo del bebop accanto a leggende come Charlie Parker e Clifford Brown. Ma l’aspetto più affascinante è il modo in cui la musica, per Roach, si intreccia sempre all’impegno civile. 

Non era solo un virtuoso dello strumento: era un artista consapevole, profondamente coinvolto nella lotta contro le ingiustizie razziali. Lo testimonia la sua celebre affermazione secondo cui la musica può essere un’arma per combattere l’inhumanità dell’uomo verso l’uomo. La Freedom Now Suite, scritta insieme alla cantante Abbey Lincoln, con cui ebbe anche una intensa relazione personale, rappresenta uno dei momenti più forti di questo impegno politico attraverso il linguaggio del jazz.

Andrew Hill at 94

Il compleanno di Andrew Hill è sempre un’occasione per tornare su uno dei percorsi più enigmatici, profondi e personali della storia del jazz moderno. 

Nato il 30 giugno 1931 a Chicago, Hill è stato pianista, compositore e pensatore del suono, capace di plasmare una visione musicale che sfuggiva alle categorie e si muoveva tra tradizione e avanguardia con naturalezza disarmante.

Nel panorama degli anni Sessanta, periodo cruciale per il jazz, la voce di Hill emerse con forza ma anche con una discrezione quasi ostinata. Non cercava il centro della scena, ma lo occupava in modo obliquo, attraverso armonie frastagliate, ritmi asimmetrici e una scrittura visionaria. 

Il suo lavoro con la Blue Note, in particolare, ha lasciato un'impronta indelebile: album come Point of Departure, Black Fire, Judgment! o Compulsion!!!!! sono manifesti di un'epoca inquieta, in cui il jazz si interrogava su se stesso e cercava nuove direzioni. Hill offriva risposte mai definitive, aperture piuttosto che soluzioni, e in questo stava la sua forza.

Il suo pianismo, spesso definito “cubista” o “architettonico”, era tuttavia sempre intriso di umanità. Anche nei passaggi più oscuri e complessi, si percepiva un'emozione trattenuta, quasi sospesa. Hill sembrava voler raccontare storie non dette, sussurri venuti da mondi interiori che solo la musica poteva tradurre. Questo lo rendeva diverso dagli altri, difficilmente classificabile, e forse proprio per questo rimasto a lungo in una sorta di limbo critico, troppo avanzato per alcuni, troppo radicato nel jazz per altri.

Behn Gillece - Pivot Point

Il vibrafonista Behn Gillece torna con Pivot Point, il suo dinamico ottavo album per Posi-Tone Records, che offre un'immersione profonda nell'anima del blues attraverso la lente del jazz moderno e diretto. 

Presentando una nuova serie di brani originali insieme al contributo di un ensemble stellare, Gillece riunisce una formazione stellare che include il sassofonista Willie Morris, il pianista Jon Davis, il bassista Boris Kozlov e i potenti batteristi Rudy Royston e Jason Tiemann, alternandosi con un'intensità impeccabile. 

Con un suono che unisce senza sforzo la tradizione senza tempo alla raffinatezza contemporanea, Gillece dimostra ancora una volta la sua padronanza del vibrafono e la sua profonda padronanza del linguaggio jazz. 

Pivot Point è swingante, melodico e profondamente espressivo: un album imperdibile per gli appassionati di un jazz d'avanguardia che non perde mai di vista le sue radici blues. 

Don Wilkerson - Preach Brother!

Il sassofonista tenore Don Wilkerson, nato in Louisiana e dall'anima profondamente soul, fece il suo debutto alla Blue Note nel 1962 con Preach Brother!, un classico soul jazz poco riconosciuto ed una gemma nascosta del catalogo Blue Note. 

Wilkerson si era unito alla band di Ray Charles a metà degli anni '50 e aveva suonato in diversi dei classici della leggenda del soul, gli Atlantic Side, il cui feeling si ritrova in questo esuberante cofanetto di sei brani originali di Wilkerson. 

Accompagnato da Grant Green alla chitarra, Sonny Clark al pianoforte, Butch Warren al basso e Billy Higgins alla batteria, Wilkerson è una potenza assoluta, dagli svolazzi iniziali del jump blues "Jeanie Weenie" alla spavalda chiusura di "Pigeon Peas". 

Nel frattempo, Wilkerson porta gli ascoltatori in chiesa con gli incontenibili "Dem Tambourines" e "Camp Meetin'", scala le marce per l'espressiva "Homesick Blues" e intrattiene un dialogo animato con la chitarra soul di Green in "The Eldorado Shuffle". 

Vasco Mirandola & Sergio Marchesini - Nell'aria alta

Questo disco nasce dalla collaborazione ormai consolidata fra la scrittura poetica di Vasco Mirandola - che è anche un apprezzato attore - e le composizioni musicali di Sergio Marchesini

I due amici hanno pensato ch'era arrivato il momento di lasciare alcune "tracce" delle tante produzioni uscite dal loro percorso artistico, che sin dall'inizio ha cercato di allineare questi due linguaggi, traducendole in una sorta di "concerto poetico" che ne racchiuda l'essenza e l'esperienza. 

La poesia nella musica trova casa, impara a crescere. La musica danza intorno alle parole fino a farle innamorare. All'interno di "Nell'aria alta" si possono trovare meraviglia, sorpresa, gioco, intimità, rabbia e grido per le storture del mondo. 

La poesia non reinventa il mondo, ma lo traduce, lo guarda dall'alto e, quando c'è bisogno, come adesso, scende e lo prende per mano. Perché di questo forse abbiamo bisogno oggi, di essere accompagnati nel nostro viaggio con tenerezza. 

GoGo Penguin - Necessary Fictions

I GoGo Penguin, il trio di Manchester che ha fuso in modo stimolante jazz, musica classica ed elettronica sin dalla sua formazione nel 2012, ha raggiunto un momento emozionante con il suo nuovo album, "Necessary Fictions".

Questa uscita vede il pianista Chris Illingworth, il bassista Nick Blacka e il batterista Jon Scott scavare a fondo dentro di sé per raggiungere le loro qualità integrali e autentiche in questo momento storico. 

Questo include alcune delle loro mosse più audaci fino ad oggi, come l'integrazione di sintetizzatori modulari nel loro sound più che mai. 

Per la prima volta, i GoGo Penguin hanno ampliato la loro consueta formazione a tre con l'invito a musicisti ospiti, tra cui il Manchester Collective guidato dal direttore creativo e violinista Rakhi Singh. Inoltre, "Forgive The Damages" presenta il debutto di una voce umana in una registrazione dei GoGo Penguin, appartenente al cantautore Daudi Matsiko. 

Jazzflirt Festival

Il Jazzflirt Festival, rinomata rassegna dedicata alla musica jazz, annuncia con entusiasmo la sua ventunesima edizione, in programma dal 13 luglio al 28 agosto 2025 a Formia. 

Anche quest’anno, il Festival offrirà un’esperienza musicale di alto livello, con una programmazione autonoma e coerente, che abbraccia la tradizione del jazz e le sue evoluzioni contemporanee. 

Sul palco si alterneranno artisti di fama nazionale e internazionale, accanto a giovani talenti emergenti. Un programma eclettico e coinvolgente Il Festival proporrà quattro concerti con una novità: la Call for Artists, offrendo al pubblico un’immersione totale nel mondo del jazz.

Domenica 13 luglio – Greg Burk Quintet Apre la rassegna il Greg Burk Quintet, formazione guidata dal pianista e compositore americano Greg Burk, da anni residente a Roma. Riconosciuto per uno stile personale e radicato nella tradizione jazzistica, Burk fonde innovazione e improvvisazione con raffinatezza. Nel 2021 ha dato vita a questo quintetto con l’obiettivo di esplorare sonorità più melodiche, concretizzate nell’album “Simple Joys”.

Martedì 29 luglio – Francesco Bearzatti Tinissima Quartet “X (Suite for Malcolm)” Il secondo appuntamento vede protagonista il Tinissima Quartet di Francesco Bearzatti, con il celebrato progetto “X (Suite for Malcolm)”, vincitore del Top Jazz 2010 come miglior album e miglior formazione. In occasione del centenario della nascita di Malcolm X, l’opera viene riproposta in versione vinile e dal vivo, accompagnata dalla proiezione delle illustrazioni originali di Francesco Chiacchio. Una suite intensa, multiforme, che attraversa jazz, rock, hip hop e sonorità liriche, in un omaggio appassionato alla figura del leader afroamericano.

Jazz On The Road 2025

Da sabato 12 a mercoledì 16 luglio torna con la ventiduesima edizione "Jazz on the road", il festival musicale che vedrà gli artisti protagonisti in città, con la formula del doppio concerto, e in provincia, a Gussago e a Padenghe sul Garda.

A Brescia i concerti si terranno il 15 luglio, in piazza del Mercato alle 19 e al Teatro Sociale alle 20, e il giorno successivo, ultima data del festival, negli stessi luoghi alle 20 e alle 22, tutti con la presenza di artisti di livello internazionale.

Completano il calendario due concerti il 12 luglio, in piazza D'Annunzio a Padenghe sul Garda, due esibizioni il 13 luglio e l'omaggio a Lucio Battisti, "Pensieri e parole", il giorno seguente a Gussago.

La kermesse vede alternarsi grandi nomi del jazz contemporaneo e talenti emergenti della musica italiana, per esibizioni imperdibili che spaziano dal soul al cantautorato italiano.

Rumble in the Jungle e Jazz

Il 30 ottobre 1974, a Kinshasa, nello Zaire (oggi Repubblica Democratica del Congo), il mondo assistette a uno degli eventi sportivi e culturali più emblematici del XX secolo: il leggendario incontro di boxe tra Muhammad Ali e George Foreman, passato alla storia come il Rumble in the Jungle. 

Ma quell’evento fu molto più di una sfida sportiva: fu una celebrazione della cultura afroamericana, un momento di affermazione politica e spirituale — e un crocevia inaspettato con la musica jazz.

Muhammad Ali, icona globale non solo per la sua abilità nel ring ma anche per la sua coscienza politica e poetica, aveva un ritmo tutto suo, nel parlare come nel combattere. 

I suoi versi improvvisati, i movimenti agili e improvvisi ricordavano da vicino l'improvvisazione jazzistica: creativa, libera, ribelle. Come il jazz, Ali sfidava le convenzioni, trasformava l’oppressione in arte.

Il jazz, come la boxe, è stato un mezzo di espressione e riscatto per gli afroamericani, soprattutto nel corso del Novecento. Entrambi richiedono tecnica e intuizione, ma anche cuore, istinto e coraggio. Ali, con i suoi colpi danzanti e la voce incalzante, era un jazzista del ring.

Insieme al match, fu organizzato lo storico festival Zaire 74, pensato per celebrare la cultura africana e afroamericana. Sul palco salirono giganti della black music come James Brown, B.B. King, Miriam Makeba e Hugh Masekela. E sebbene il festival fosse dominato dal soul e dal funk, lo spirito jazz era ovunque: nella libertà espressiva, nella fusione di culture, nella voglia di rompere le barriere.

Hugh Masekela, trombettista jazz sudafricano, portò sul palco proprio quel legame tra jazz e Africa, dimostrando come la musica potesse essere ponte tra le due sponde dell’Atlantico nero. La stessa idea che stava alla base del jazz fin dalle sue origini: un dialogo continuo tra identità, sofferenza e bellezza.

Marcus Gilmore - Journey to the New: Live at the Village Vanguard

Nel mondo del jazz contemporaneo, Marcus Gilmore è un nome che ha progressivamente conquistato un posto d’onore, non solo come erede di una dinastia musicale straordinaria — nipote del leggendario Roy Haynes — ma per una voce musicale che si è affermata con forza, consapevolezza e grande apertura. 

Il suo nuovo album Journey to the New: Live at the Village Vanguard è la sintesi più matura e ispirata del suo percorso fino a oggi, un progetto che non si limita a riaffermare il suo ruolo di batterista d’eccellenza, ma lo consacra definitivamente come bandleader e compositore visionario.

Registrato in uno dei templi sacri del jazz, il Village Vanguard di New York, l’album non si accontenta di omaggiare la tradizione: ne assorbe l’energia per riformularla, proiettarla in avanti, in una dimensione pienamente contemporanea. 

Il titolo non è casuale: Journey to the New è dichiarazione d’intenti, promessa e manifesto. Gilmore esplora nuove possibilità ritmiche e timbriche, spingendo il suo ensemble — composto da musicisti capaci di dialogare con la sua visione in modo libero ma coeso — in una direzione che unisce complessità strutturale, groove urbano, spiritualità e introspezione.

La musica si sviluppa come un flusso narrativo denso e stratificato, con il drumming di Gilmore che non è mai un semplice accompagnamento, ma un vero e proprio motore dinamico. Il suo modo di suonare è intellettualmente articolato ma visceralmente diretto, pieno di sfumature, capace di spingere e contenere, di suggerire strade melodiche e di cambiare rotta con naturalezza. C’è una raffinatezza ritmica che dialoga tanto con la lezione dei grandi maestri del passato quanto con linguaggi contemporanei come l’elettronica, l’hip hop più colto e la musica minimalista.

Oliver Nelson - The Blues And The Abstract Truth

The Blues And The Abstract Truth è il trionfo di Oliver Nelson. Con il suo classico intramontabile "Stolen Moments", Nelson ha riunito uno dei sestetti jazz moderni più potenti di sempre. Ora questo disco seminale verrà ripubblicato il 25 giugno, nell'ambito della serie Acoustic Sounds.

L'acclamata serie di riedizioni in vinile completamente analogiche di qualità audiofila di Verve/UMe celebrerà quest'anno il 60° anniversario di Impulse! Records e del suo incomparabile e influente catalogo con una serie di uscite in vinile di alta qualità di alcuni dei titoli più importanti dell'etichetta arancione e nera. 

La serie Acoustic Sounds di Verve presenta trasferimenti da nastri analogici e vinili da 180 grammi rimasterizzati in una confezione deluxe gatefold.

L'uscita è accompagnata da un video animato approfondito narrato dall'apprezzato autore, musicista e produttore Greg Tate. Tate è una voce di spicco nella musica, nell'arte, nella letteratura, nel cinema e nella politica afroamericana contemporanea fin dall'inizio della sua carriera al Village Voice nei primi anni '80.

In "Blues And The Abstract Truth", il trombettista solista Freddie Hubbard è al culmine della sua performance, mentre i sassofonisti contralto Nelson ed Eric Dolphy (Nelson al tenore) si uniscono per formare un'improbabile unione, cotta alla perfezione. Bill Evans (pianoforte), Paul Chambers (basso) e Roy Haynes (batteria) guidano senza sforzo la sezione ritmica.

Giacinto Piracci Septet – Seven Tales of Guilt

Prodotto da Dodicilune, è uscito “Seven Tales of Guilt” di Giacinto Piracci Septet. 

Il chitarrista napoletano è affiancato da Umberto Muselli (sax tenore), Giulio Martino (sax soprano e tenore), Francesco Desiato (flauto e sax baritono), Ergio Valente (piano), Umberto Lepore (contrabbasso) e Leonardo De Lorenzo (batteria). 

Il cd propone sei composizioni originali di Piracci (“And darkly bright, are bright in dark directed”, “Minor Figure”, “Haiku in eight bars”, “Finzioni”, “Ospedale delle Bambole” e “Bartleby”) e il brano “Heaven” tratto dal “Second Sacred Concert” di Duke Ellington.

«Se è vero che nessun suono è innocente, le immagini sonore evocate dai “Sette racconti di colpevolezza” di Giacinto Piracci realizzano un affresco in cui la musica si fa metafora di un’esistenza che sa cogliere l’istante abbracciando il dialogo, il confronto, la contaminazione: appunto pratiche “colpevoli” di rifuggire dalla purezza intesa come declinazione dell’innocenza», sottolinea il critico musicale Ugo Sbisà nelle note di copertine. «Alla base dei “Seven Tales”, come i bibliofili incalliti potranno facilmente rilevare, ci sono anche delle suggestioni letterarie che rimandano di volta in volta alla letteratura occidentale o alle singolarissime miniature letterarie della cultura giapponese e tuttavia l’aspetto più sorprendente di questo disco è rappresentato dall’approccio compositivo, perché se non fosse lo stesso Piracci a precisarlo, ascoltandolo si avrebbe la sensazione di un lavoro frutto di una scrittura rigorosa. 

Antonio Faraò Trio - Berlino 2025

Ecco un estratto del concerto del trio di Antonio Faraò con John Patitucci al basso e Gene Jackson alla batteria, registrato allo Zig Zag Jazz Club di Berlino lo scorso 15.05.2025.

Antonio Faraò è un pianista jazz italiano tra i migliori al mondo. Nato a Roma, ha studiato pianoforte classico a Milano e, da adolescente, si esibiva già in festival internazionali e vinceva numerosi premi. Il suo album di debutto, registrato con Ira Coleman e Jeff "Tain" Watts, ha suscitato scalpore, seguito da molte altre uscite con star come Chris Potter, Jack DeJohnette, Bob Berg, Joe Lovano, Darryl Hall, Marcus Miller, Biréli Lagrène e persino Snoop Dogg. Lo stile inconfondibile di Faraò – a metà strada tra Herbie Hancock, McCoy Tyner e Bill Evans – è caratterizzato da profonda musicalità, sensibilità e una potenza e un virtuosismo mozzafiato. Come turnista, ha collaborato anche con Branford Marsalis, Billy Cobham, Lee Konitz e molti altri.

John Patitucci è già uno dei più grandi bassisti della storia del jazz. Nato a New York, il bassista elettrico e contrabbassista ha studiato dall'altra parte del continente americano e si è fatto notare molto presto. È una presenza fissa sulla scena jazzistica dagli anni '80 e da allora ha suonato con i più grandi nomi del mondo del jazz: è stato membro delle band di Chick Corea per anni, ha suonato con Herbie Hancock, Michael Brecker, Roy Haynes, Branford Marsalis, Chris Potter, Brad Mehldau, Horacio Hernandez, Gary Burton, Vinnie Colaiuta, Adam Rogers e molti altri. 

Nuovo singolo di Norah Jones e John Legend

La cantante Norah Jones e il vincitore dell'EGOT John Legend hanno unito le forze per pubblicare un nuovo singolo. "Summertime Blue", uscito il 27 giugno. 

Il duetto è stato prodotto da Jones e Gregg Warrenberg, produttore vincitore di un Grammy. Wattenberg ha avuto una forte influenza sul brano, essendo stato lui a "piantare il seme" per l'incontro di queste due voci distintive. 

"Stavo lavorando a un progetto parallelo con Gregg, e quando ho scoperto che lavora anche con John mi sono emozionata tantissimo perché l'ho sempre ammirato, ma non ci eravamo mai incontrati", ha detto Jones. "Gregg ha detto che avremmo dovuto fare una canzone insieme e l'idea gli è venuta in mente, quindi ho colto al volo l'occasione. John ci ha accolto nel suo studio di Los Angeles e ci siamo divertiti tantissimo a registrare e a passare del tempo con lui."

Eddie Lang Jazz Festival 2025

Dopo il grande successo ottenuto nella precedente edizione, l’Eddie Lang Jazz Festival, torna dal 25 luglio al 3 agosto, nella splendida cornice dei Giardini del Castello Pignatelli a Monteroduni, in provincia di Isernia. 

Il cartellone artistico prevede quattro appuntamenti da non perdere con artisti di fama internazionale. Patrocinato dal Comune di Monteroduni e dalla regione Molise, con la partecipazione, in qualità di main sponsor, di Dimensione, la società di telecomunicazioni Molisana che raggiunge tutta Italia con una connessione ultra veloce e stabile assicurando un servizio eccellente anche nelle zone più isolate, MarkBass e DvMark. 

Il Festival è organizzato dall’Eddie Lang Music APS con la direzione artistica del Maestro Marco Zampogna. Giunta alla XXXIV° edizione, la manifestazione si apre alla contaminazione di diversi linguaggi musicali che spaziano dalla musica d’autore, al manouche ai suoni elettronici d’avanguardia, senza mai dimenticare le proprie origini jazzistiche.

L’apertura della rassegna il 25 luglio è affidata all’eclettico chitarrista gipsy Joscho Stephan. Le sue radici affondano nella musica Gipsy Swing, lo stile nato negli anni ’30 grazie al pionieristico e leggendario chitarrista jazz Django Reinhardt. Joscho Stephan non ha semplicemente assorbito questa musica, ma la interpreta anche al massimo livello ed è attivamente impegnato ad accrescerne i confini. Nonostante la sua giovane età, dopo sette acclamati album e un DVD, si è fatto strada nell’illustre circolo dei migliori musicisti di Gipsy Grandi musicisti jazz come Paquito de Rivera, James Carter, Charlie Mariano o Grady Tate.

La notte dello Spiritual Jazz con Lakecia Benjamin e Hamid Drake a Russi

Domenica 29 giugno, alle 21.30 doppio tributo ad Alice Coltrane a Palazzo San Giacomo di Russi

Pianista brillante e una delle pochissime arpiste nella storia del jazz, guida musicale e spirituale la cui influenza si è manifestata sia all’interno che all’esterno del mondo jazz… 

Alice Coltrane è stata tutto questo e, naturalmente, anche moglie di John Coltrane. Ravenna Festival 2025 le dedica il secondo dei due appuntamenti in programma a Palazzo San Giacomo di Russi: domenica 29 giugno, alle 21.30, 

La notte dello Spiritual Jazz è un’occasione per celebrare l’eredità di Alice e il sottogenere jazz di cui lei e John sono riferimento indiscusso attraverso un dittico di concerti. Con Turiya (abbreviazione del nome monastico che Alice assunse nella pratica dell’induismo), Hamid Drake, fra i migliori percussionisti jazz sulla scena, si circonda di un ensemble stellare – inclusi l’impetuoso virgulto del sassofono James Brandon Lewis, l’elettronico Jan Bang dei Supersilent e il geniale pianista Jamie Saft – per rendere omaggio ad Alice Coltrane con tutta l’urgenza che la sua musica estatica e travolgente merita. 

La sassofonista Lakecia Benjamin incarna invece lo straripante stato di salute del jazz femminile di oggi e ha il merito di aver raccontato, con l’album-tributo Pursuance, la storia di John e Alice Coltrane; per l’occasione, proporrà il suo più recente disco, Phoenix Reimagined. La serata è resa possibile dal sostegno di CNA Ravenna – che quest’anno festeggia l’80° anniversario della fondazione – in collaborazione con Arco Lavori.

Thelonious Monk - Straight, No Chaser

Il documentario Thelonious Monk: Straight, No Chaser, diretto da Charlotte Zwerin e prodotto da Clint Eastwood nel 1988, è un’opera rara nel panorama dei film dedicati al jazz. Non solo per il valore storico delle immagini e delle registrazioni inedite che custodisce, ma soprattutto per la delicatezza con cui riesce a restituire la complessità di una delle personalità più enigmatiche della storia della musica afroamericana. 

Monk, con il suo stile pianistico spigoloso e inconfondibile, è sempre stato fuori dagli schemi: un compositore visionario, un improvvisatore che sembrava ragionare in geometrie impensabili, e insieme un uomo profondamente segnato da un'esistenza difficile e da un mondo che spesso non ha saputo comprenderlo fino in fondo.

Il film nasce da un ritrovamento fortunato: le straordinarie riprese realizzate da Christian Blackwood negli anni ’60, molte delle quali mai utilizzate fino a quel momento. Queste immagini – intime, dirette, mai compiacenti – mostrano Monk in contesti pubblici e privati: al piano, in concerto, in studio, in viaggio, ma anche nei silenzi, nei gesti ripetitivi, nelle pause che dicono più di molte parole. 

Zwerin costruisce attorno a questo materiale d’archivio una narrazione sobria ma incisiva, lasciando spazio alla musica e ai testimoni diretti – la moglie Nellie, il figlio T.S., i colleghi e amici – che compongono un ritratto corale, senza mitologie né retorica.

La tromba dimenticata: storia di Joe Gordon

Joe Gordon è stato uno dei trombettisti più talentuosi e sottovalutati del jazz moderno, la cui carriera brillante è stata tragicamente interrotta troppo presto. 

Nato a Boston il 15 maggio 1928, Gordon ha lasciato un segno significativo sulla scena jazzistica degli anni '50 e primi anni '60, distinguendosi per uno stile limpido, lirico ma anche sorprendentemente energico.

Gordon ha iniziato a suonare la tromba in giovane età, studiando al Conservatorio di Musica del New England. Ben presto si è fatto notare nei circuiti locali di Boston, fino a entrare nelle grandi orchestre che passavano da lì, compreso il gruppo di Lionel Hampton. 

Il suo primo vero trampolino di lancio fu l’ingresso nella big band di Dizzy Gillespie nel 1956: un’esperienza cruciale che gli permise di sviluppare un fraseggio moderno, fortemente influenzato dal bebop ma con un lirismo tutto personale.

Negli anni '50 Gordon suonò anche con Art Blakey e Horace Silver, contribuendo ad alcune formazioni che avrebbero poi gettato le basi per il jazz hard bop. Ma fu il trasferimento sulla West Coast a segnare un altro capitolo importante della sua carriera: a Los Angeles, Joe Gordon entrò a far parte del quintetto di Shelly Manne, partecipando alla storica serie di album At the Black Hawk (1959). La sua tromba calda e brillante era la controparte perfetta al sassofono di Richie Kamuca, all’interno di un gruppo capace di unire libertà improvvisativa e precisione formale.

Vladimir Kostadinovic – Iris

Con Iris, il batterista serbo Vladimir Kostadinovic firma un nuovo capitolo della sua evoluzione artistica, confermando la propria statura nel panorama del jazz contemporaneo europeo. 

Musicista dalla formazione solida e dalla visione aperta, Kostadinovic è da anni una figura rispettata per la sua capacità di coniugare tecnica, groove e un forte senso compositivo. In questo nuovo lavoro, la sua batteria non è solo motore ritmico, ma anche elemento narrativo, punto d’equilibrio tra energia e raffinatezza.

Registrato con una formazione internazionale che comprende Ben Wendel (Ts), Alex Sipiagin (Tp), Joe Locke (Vib), Geoffrey Keezer (P), Matt Brewer (B), Chris Potter (Ts) [1,2], che brilla per coesione e profondità, Iris mette in scena una serie di brani originali che uniscono influenze diverse: il post-bop, il jazz modale, il lirismo europeo e una certa tensione urbana che richiama l’estetica newyorkese, dove Kostadinovic ha vissuto a lungo. 

V. Caporaletti, P. Elsdon - Keith Jarrett. The Carnegie Hall Concert

Il 26 settembre del 2005, presso l’Isaac Stern Auditorium della Carnegie Hall in New York City, Keith Jarrett tenne un memorabile concerto di creazioni in tempo reale, pubblicato dalla ECM nel settembre dell’anno successivo. 

L’opera discografica è stata articolata in dieci parti, con l’aggiunta di alcuni pezzi di encore. Il primo brano, Part I, che consta di 9 minuti e 18 secondi, è stato interamente trascritto in notazione standard da Vincenzo Caporaletti (con playback del programma di notazione informatica sincronizzato con la fonte audio per garantire la piena congruenza trascrittiva) e pubblicato in questa edizione anche per un utilizzo eventualmente performativo.

Keith Jarrett, The Carnegie Hall Concert – Part I è certamente un libro per iniziati e per addetti ai lavori. Solo una profonda e approfondita conoscenza musicologica può consentire di apprezzarne appieno le straordinarie qualità e l’originalità e arditezza delle chiavi di lettura proposte.

Wayne Shorter - The Soothsayer LP

La formidabile e prolifica produzione di Wayne Shorter nel 1964 diede vita ai suoi primi tre album per la Blue Note come leader, ognuno dei quali sarebbe diventato un classico istantaneo al momento della sua uscita: Night Dreamer, Juju e Speak No Evil. 

Questo fatto potrebbe spiegare perché, mentre il sassofonista continuava a sfornare sessioni per la Blue Note a un livello straordinariamente alto nel 1965, il programma di pubblicazione dell'etichetta non riuscì a tenere il passo con l'esplosione creativa di Shorter, il che portò all'archiviazione dei suoi due dischi successivi, The Soothsayer ed Etcetera, che non vennero pubblicati fino al 1979 e al 1980, rispettivamente. 

Solo due mesi dopo la registrazione di Speak No Evil, Shorter tornò al Van Gelder Studio per registrare The Soothsayer con un sestetto composto dal trombettista Freddie Hubbard, dal sassofonista contralto James Spaulding, dal pianista McCoy Tyner, dal bassista Ron Carter e dal batterista Tony Williams. 

Noble Rise nuovo singolo di Lakecia Benjamin, con Immanuel Wilkins

Lakecia Benjamin ha appena pubblicato "Noble Rise", un nuovo singlo in collaborazione con il collega contralto Immanuel Wilkins, ma più che una battaglia di sassofoni, un incontro di menti, il brano vede la partecipazione della band principale di Benjamin e del chitarrista Mark Whitfield.

Benjamin è stata attratta da Wilkins per diverse ragioni: le sue radici a Filadelfia, il controllo della sua immagine, la padronanza dello strumento fin da giovane. 

"Volevo mostrare a che punto siamo io e Immanuel nelle nostre carriere: alcune somiglianze, alcune differenze", dice. "E mettere in luce il fatto di essere stati abbattuti, ma di impegnarci, di cercare di andare avanti".

"Noble Rise" è un'introduzione avvincente al nuovo capitolo di Benjamin. "Ci stiamo orientando verso un'espressione più regale", "C'è un senso di elevazione eroica". "Le ceneri non sono più la sua storia d'origine, sono il suo fondamento. Benjamin ora crea dal potere, non dal dolore".

Empoli Jazz 2025

Torna in una veste rinnovata l’Empoli Jazz, giunto quest’anno alla 17esima edizione, vero e proprio punto di riferimento per gli amanti del genere in Toscana e non solo.

Dal 21 al 24 luglio, con un’anteprima il 15 luglio, il Festival propone cinque serate che si svolgeranno tra il Giardino Torrione di Santa Brigida, piazza Farinata degli Uberti e, per la prima volta, nel centro storico della cittadina toscana.

L’iniziativa, a cura dell’Associazione Empoli Jazz, con il sostegno e patrocinio del Comune di Empoli, della Regione Toscana, della Città Metropolitana Firenze, del Ministero della Cultura, ha come mecenate e main partner Lapi Gelatine SpA.

Il festival comincerà con la serata di anteprima martedì 15 luglio, un “opening” al Giardino del Torrione di Santa Brigida dove si esibirà il trio internazionale Danilo Perez, John Patitucci e Adam Cruz. 

More Than Jazz 2025

Un “laboratorio” lungo l’estate capace di intrecciare la musica contemporanea con produzioni inedite dal respiro europeo. Un programma che vuole andare oltre ai tradizionali “confini” del Jazz per promuovere una cultura dello spettacolo dal vivo aperta alla sperimentazione e all'innovazione. 

Un ricco calendario che attraversa il tempo, i Paesi e i generi musicali per proporre diversi omaggi a grandi compositori europei in occasione dei rispettivi anniversari. Le loro opere rivivono in nuova veste grazie a interpreti d'eccellenza, che ne restituiscono lo spirito con uno sguardo rivolto al futuro.

Sta per prendere il via la settima edizione di More Than Jazz, la rassegna organizzata da SimulArte e intitolata quest’anno Harmony Across Centuries. Il programma e i dettagli sono stati illustrati oggi, 26 giugno, nella sede della Regione a Udine alla presenza dell'assessore alla Cultura del Comune di Udine, Federico Pirone, del presidente di SimulArte, Federico Mansutti, e del direttore artistico Ermanno Basso al quale è spettato il compito di descrivere nel dettaglio i concerti in cartellone.

Un’estate ricca di appuntamenti, tra prime assolute, attesi ritorni e grandi nomi della scena musicale internazionale che si esibiranno non solo a Udine, ma in tutta la regione. Il via lo darà l’8 luglio, nella chiesa di Santa Maria Assunta a Udine (ore 20.45, ingresso libero), il concerto Armonie Inclusive con l’Orchestra Sinfonica Inclusiva del progetto AMI e i Giovani Filarmonici Friulani. Uno spettacolo, realizzato in collaborazione con l’associazione Progetto Musica nell’ambito della rassegna Nei Suoni dei Luoghi, dall’alto impatto sociale con un’orchestra composta da persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche e psichiche.

Myra Melford’s Fire and Water - Live at Roulette 2025

Ecco il video del concerto, trasmesso in live streaming ieri sera (26 giugno), del Myra Melford’s Fire and Water, registrato al Roulette in Downtown Brooklyn, “One of New York’s most important avant-garde music spaces...” (NY Times). 

In un panorama jazzistico sempre più frammentato e difficile da definire, il progetto Fire and Water della pianista e compositrice Myra Melford emerge come un esempio limpido di coerenza espressiva e libertà artistica. Non è soltanto un quintetto d’eccezione tutto al femminile; è soprattutto un laboratorio sonoro in cui l’energia dell’improvvisazione si intreccia con un’ispirazione visiva profonda e originale.

Il progetto nasce nel 2019 durante una residenza al leggendario locale The Stone di New York, e già allora sembrava destinato a durare: Melford riunisce musiciste straordinarie – Ingrid Laubrock al sax, Mary Halvorson alla chitarra, Tomeka Reid al violoncello, Susie Ibarra alla batteria (poi sostituita da Lesley Mok nel secondo album) – per creare un linguaggio comune, fatto di suoni, gesti, intuizioni.

Ma ciò che rende questo quintetto così speciale è il suo legame con l’arte visiva. L’ispirazione diretta arriva dai lavori di Cy Twombly, pittore americano noto per i suoi tratti liberi, scarabocchiati, spesso a metà tra scrittura e disegno. Melford si innamora di una sua serie del 1981 – Gaeta Set (for the Love of Fire and Water) – e decide di tradurre in musica quella gestualità apparentemente caotica ma profondamente evocativa.

L’unione tra Alice e John Coltrane: amore, spiritualità e musica

Il matrimonio tra Alice e John Coltrane non è soltanto un evento biografico, ma un capitolo straordinario nella storia del jazz e della musica spirituale del Novecento. 

In quella relazione si intrecciano percorsi artistici, ricerche interiori e una profonda dedizione alla musica come mezzo di elevazione. L’unione tra i due ha lasciato un’impronta indelebile non solo nelle loro rispettive carriere, ma anche in un’eredità musicale e spirituale che ancora oggi continua a ispirare generazioni.

Alice McLeod, pianista di Detroit formata tra gospel e classica, entrò nella vita di John Coltrane nel 1963. Lui, all’epoca, era già una leggenda vivente: reduce dalle esperienze con Miles Davis e Thelonious Monk, leader del proprio celebre quartetto, pioniere di un jazz spirituale e modale che stava portando il linguaggio della musica afroamericana verso orizzonti mistici. Lei, più giovane di lui di sette anni, era un’artista piena di grazia e introspezione, in cerca di una voce propria in un mondo musicale ancora dominato da figure maschili.

Il loro incontro avvenne grazie a un interesse condiviso per la spiritualità e per la musica come strumento di elevazione dell’anima. Coltrane, già impegnato in un profondo percorso di risveglio spirituale (iniziato dopo la crisi del 1957 che lo aveva portato a liberarsi dalla dipendenza da droghe), trovò in Alice non solo una compagna affettuosa, ma una partner capace di condividere e rafforzare la sua ricerca mistica.

John e Alice si sposarono nel 1965, poco dopo la separazione definitiva del sassofonista dalla prima moglie, Naima. Con Alice costruì un ambiente familiare sereno e profondamente devoto alla spiritualità, spesso influenzata da elementi dell’induismo, dello yoga, del buddismo e di altre tradizioni orientali. Il loro amore, più che manifestarsi pubblicamente, si irradiava nelle pratiche quotidiane: nella meditazione, nella musica, nella cura dei figli, nell’esplorazione del sacro attraverso le note.

Michael Dease - City Life

New York City è famosa per essere il banco di prova per aspiranti musicisti jazz, ma la metropoli vanta sfide uniche e piaceri unici per chiunque osi sfidare le sue trafficate vie e i suoi svettanti grattacieli. 

Il trombonista Michael Dease e il compositore Gregg Hill hanno entrambi trascorso il loro tempo nella giungla urbana, anni formativi che forniscono il mosaico di colori ed emozioni che compongono l'ultimo album di Dease con le composizioni di Hill, il poliedrico City Life. 

Disponibile il 20 giugno 2025 tramite Origin Records, City Life è il terzo album che Dease e Hill hanno realizzato insieme: un sorprendente doppio album incentrato principalmente sulle composizioni del prolifico Mr. Hill. 

Entrambi vantano la sezione ritmica stellare della bassista Linda May Han Oh e del batterista Jeff "Tain" Watts, una coppia al suo esordio la cui alchimia travolgente è stata una brillante intuizione da parte di Dease. Per il secondo album, formano il nucleo di uno straordinario quintetto con il pianista Geoffrey Keezer e la sassofonista tenore Nicole Glover. Tra gli ospiti speciali figurano la figlia del trombonista, Brooklyn Dease, e il suo ex studente, il bassista Jared Beckstead-Craan.

Marco Centasso - Um/Welt

“Um/Welt” è il secondo album del contrabbassista e compositore veneto Marco Centasso pubblicato da Parco della Musica Records. 

Il progetto si ispira al concetto di “umwelt“, parola tedesca che corrisponde ad “ambiente”, ma significa letteralmente “mondo circostante”, del biologo Jakob Uexküll, che indica l’universo soggettivo di ogni organismo e la sua percezione e interazione con il mondo circostante, in base al quale ogni organismo non solo abita un ambiente, ma lo plasma e lo trasforma costantemente attraverso la sua esperienza; la musica diventa così un mezzo per esplorare nuove possibilità di comunicazione, ascolto e interazione con l’altro, trascendendo il confine tra umano e non umano.

L’incontro tra il contrabbasso di Centasso, la voce e l’oud della giovanissima Sarra Douik, il sassofono e il clarinetto basso di Manuel Caliumi e l’elettronica di Riccardo Sellan dà vita a un intenso intreccio sonoro ricco di atmosfere oniriche, in bilico tra meticolosa composizione e libera improvvisazione.

Il contrasto tra il calore degli strumenti acustici e la loro manipolazione elettronica crea un gioco dinamico tra tensione e leggerezza. I toni profondi e viscerali del contrabbasso e del clarinetto basso si fondono con le frequenze più brillanti dell’oud e della voce, generando un dialogo trasformativo con le texture sintetiche dell’elettronica. Gli strumenti trasformano reciprocamente i suoni in un accattivante scambio di rimandi, reso ancora più multidimensionale dall’elettronica. Le manipolazioni artificiali oscillano tra tentativi di imitare la voce umana e momenti in cui cercano di sopraffarla o distorcerla, creando una tensione sonora che mette in discussione l’essenza stessa del suono.

Michael Arbenz - From Bach to Ellington

Il pianista svizzero Michael Arbenz e il sassofonista britannico Andy Sheppard si uniscono per "From Bach to Ellington - Live", una registrazione live melodica, energica e interattiva, uscita lo scorso 13 giugno 2025.

Intrecciando l'eleganza senza tempo di J.S. Bach e la bellezza lirica di Duke Ellington, l'album offre un dialogo musicale profondamente personale, plasmato da decenni di storia condivisa e rispetto reciproco.

Dopo il successo dei suoi acclamati album solisti Reflections of D (un omaggio a Duke Ellington) e Classicism – A Point of View, Arbenz si concentra sull'intimità e la libertà del duo. In Sheppard, trova un partner ideale: una voce unica nel jazz britannico, il cui sound è tanto fantasioso quanto radicato nella tradizione jazzistica. 

I due si sono conosciuti grazie alla collaborazione con il trio di Michael, VEIN, con cui si sono esibiti in tutta Europa in un contesto d'insieme, prima di scoprire un nuovo livello di interazione e sfumature nel duo. Registrato dal vivo al Bird's Eye Jazz Club di Basilea, il disco esplora il punto d'incontro musicale tra contrappunto barocco e improvvisazione jazz attraverso composizioni originali ispirate a specifici brani di Bach e classici di Ellington rivisitati.

Brad Mehldau - Between the Bars (video)

Il pianista e compositore Brad Mehldau ha pubblicato "Between the Bars", un nuovo brano dal suo prossimo album, Ride into the Sun, un album di canzoni del defunto cantante, compositore e chitarrista Elliott Smith, in uscita il 29 agosto 2025 su Nonesuch. Mehldau è affiancato nel brano, tra gli altri, dal bassista Felix Moseholm (Brad Mehldau Trio, Samara Joy) e dal batterista Matt Chamberlain (Fiona Apple, Tori Amos, Randy Newman).

Altri artisti presenti nell'album sono il cantante/chitarrista Daniel Rossen (Grizzly Bear), il cantante/mandolinista Chris Thile (Punch Brothers, Nickel Creek), il bassista John Davis (che ha anche curato la progettazione e il mixaggio dell'album) e un'orchestra da camera guidata da Dan Coleman, che ha anche diretto l'album Highway Rider di Mehldau del 2010.

Le dieci canzoni di Elliott Smith presenti in Ride into the Sun sono completate da quattro composizioni di Mehldau che, a suo dire, sono "ispirate e riflettono l'opera di Smith". Sono incluse anche interpretazioni di "Thirteen" dei Big Star, di cui Smith ha anche fatto una cover, e di "Sunday" di Nick Drake, che Mehldau afferma: "Considero in un certo senso una sorta di Il nonno visionario di Smith."

Bergamo Jazz Estate

Tre concerti straordinari di respiro internazionale che vanno ad aggiungersi alla consueta programmazione di Bergamo Jazz di marzo.  

Tre eventi speciali organizzati nell’ambito dell’iniziativa estiva promossa al Lazzaretto dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Bergamo: Fondazione Teatro Donizetti e Bergamo Jazz, insieme al Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo, porteranno al Lazzaretto artisti di grande prestigio che riflettono la lunga tradizione di due dei più importanti festival musicali non solo della città.

Si comincia venerdì 27 giugno con un autentico supertrio che reca l’intestazione di Mare Nostrum e che allinea la tromba di Paolo Fresu, uno dei più amati jazzisti italiani, anche all’estero, la fisarmonica magistrale del francese Richard Galliano e il pianoforte dello svedese Jan Lundgren, raffinato specialista degli 88 tasti. 

Giovedì 10 luglio sarà quindi la volta dell’americano Kurt Elling e dei connazionali Yellowjackets: l’incontro al vertice tra il principale esponente odierno del canto jazz declinato al maschile e una delle band più iconiche dell’area jazz-fusion, avverrà nel solco della musica dei Weather Report, leggendaria formazione che ha lasciato dietro di sé indelebili tracce di una musica avventurosa e innovativa.

È morto il compositore Lalo Schifrin

La scomparsa di Lalo Schifrin, avvenuta il 26 giugno 2025 all’età di 93 anni, segna la fine di un’epoca per la musica da film e, allo stesso tempo, per una certa idea di jazz: colta, raffinata, contaminata. Schifrin non è stato solo l’uomo dietro a colonne sonore iconiche come Mission: Impossible o Dirty Harry, ma anche un musicista dalla formazione ampia, capace di far convivere Duke Ellington e Johann Sebastian Bach, il bebop di Dizzy Gillespie e la tensione narrativa del grande schermo.

Nato a Buenos Aires nel 1932, Boris Claudio “Lalo” Schifrin cresce circondato dalla musica. Suo padre è primo violino nell’orchestra del Teatro Colón, ma Lalo guarda subito oltre la musica classica. 

A Parigi, dove studia al conservatorio, entra in contatto con i nuovi linguaggi della musica colta europea, ma soprattutto si lascia travolgere dal jazz, che in quel momento sta vivendo una delle sue stagioni più fertili. Inizia così il suo percorso di ibridazione: jazz, armonia classica, ritmi sudamericani, orchestrazione hollywoodiana. Un crogiolo che lo renderà unico.

Il punto di svolta arriva quando Dizzy Gillespie lo invita a suonare e scrivere per la sua band. Schifrin entra nel cuore del jazz americano degli anni Sessanta, firmando arrangiamenti sofisticati e suite ambiziose come Gillespiana. La sua scrittura non si limita ai soli o agli standard: è sinfonica, ricca di contrappunti, a tratti cinematografica. Non a caso, Hollywood comincia a bussare alla sua porta.

For Jazz 625 – One Night Only (video)

Ci sono concerti che, già nel momento in cui accadono, si avverte che diventeranno un documento, una testimonianza, un rito collettivo. È questo il caso di “For Jazz 625: One Night Only”, trasmesso dalla BBC nel 2019 e registrato negli studi di Maida Vale come omaggio contemporaneo a “Jazz 625”, leggendaria trasmissione britannica degli anni Sessanta che per prima portò il jazz in TV con una qualità tecnica e musicale fuori dal comune.

Il titolo del concerto, One Night Only, è più di una semplice etichetta: evoca un evento irripetibile, e infatti la serata ha riunito alcuni dei musicisti più significativi del panorama jazz contemporaneo per una celebrazione che guarda al passato senza nostalgia, ma con orgoglio e consapevolezza.

La magia di Jazz 625 era racchiusa nella sua capacità di unire eleganza visiva e attenzione per il suono, in un’epoca in cui il jazz in Europa stava trovando una voce propria. In questo revival del 2019, condotto da Clare Teal, cantante e divulgatrice appassionata, si respira proprio quella combinazione di rispetto per la tradizione e slancio verso il futuro.

Sul palco, infatti, si alternano veterani e astri nascenti del jazz: Joshua Redman, ospite d’onore americano, si affianca a Soweto Kinch, Nikki Yeoh, Jacqui Dankworth, Guy Barker, Gregory Porter, Zara McFarlane e altri ancora. L’ensemble della BBC Concert Orchestra, arrangiata in modo superbo, regala profondità sinfonica senza mai soffocare l’improvvisazione.

Chet Baker - Five From '65: The Quintet Summer Sessions

Cinque album in studio originali, registrati a New York City nell'arco di una settimana nell'agosto del 1965: Boppin', Smokin', Groovin', Comin' On, Cool Burnin' vengono resi disponibili in vinile per la prima volta in oltre 50 anni.

Ci sono momenti nella carriera di un musicista che restano sospesi, invisibili al grande pubblico, eppure capaci di raccontare più di mille interviste o biografie. L’estate del 1965 è uno di quei momenti per Chet Baker. In poco più di una settimana, negli studi Prestige di New York, Baker registra cinque album con un quintetto di fuoriclasse: nascono così Boppin’, Smokin’, Groovin’, Comin’ On e Cool Burnin’. Cinquantanove anni dopo, queste sessioni tornano alla luce nel cofanetto "Five From ’65: The Quintet Summer Sessions", un’edizione curatissima in vinile che celebra un periodo cruciale e spesso trascurato della sua carriera.

Non è il Chet etereo e romantico degli anni ’50, né quello cupo e drammatico delle incisioni europee degli anni ’70. Qui troviamo un Baker energico, immerso in una nuova direzione musicale, circondato da musicisti che lo spingono verso territori più ruvidi, più bop, più “East Coast”. In particolare, il sassofonista George Coleman – già partner di Miles Davis – dona al suono del gruppo un tono deciso, muscolare, in contrasto con la delicatezza malinconica del flicorno di Chet. Completano la formazione Kirk Lightsey al pianoforte, Herman Wright al contrabbasso e Roy Brooks alla batteria: un gruppo coeso, affiatato, che suona con una naturalezza sorprendente.

Adam O’Farrill – For These Streets

Con For These Streets, Adam O’Farrill ci porta dentro un paesaggio urbano tanto concreto quanto visionario, fondendo il linguaggio del jazz con elementi orchestrali e suggestioni letterarie. 

Uscito per l’etichetta Out of Your Head, l’album rappresenta un importante passo evolutivo per il trombettista newyorkese, che abbandona momentaneamente la formula del quartetto per affidarsi a un ottetto – una formazione ricca, elastica, capace di dare respiro a una scrittura più ambiziosa e narrativa.

Il titolo dell’album è già una dichiarazione poetica: “per queste strade” – che sono quelle reali di Brooklyn, ma anche quelle interiori di chi le attraversa. Le composizioni di O’Farrill nascono da una riflessione sul tempo, sul vivere in una città densa di contraddizioni, e sono nutrite da riferimenti colti, che vanno da Virginia Woolf a Charlie Chaplin, da Stravinsky a Silvestre Revueltas. Non si tratta, però, di un esercizio intellettuale: ogni brano è emotivamente coinvolgente, fatto di immagini e tensioni che si rincorrono.

La scrittura è cameristica, a tratti quasi da musica colta, ma sempre attraversata da un profondo spirito jazzistico. Non c'è mai l’intenzione di stupire con la complessità: ogni dettaglio serve a raccontare qualcosa. I fiati, tra cui spiccano il sax di Kevin Sun e il flauto di David Leon, dialogano con la chitarra inquieta di Mary Halvorson e il vibrafono trasparente di Patricia Brennan. Tomas Fujiwara alla batteria e Tyrone Allen al basso tengono insieme l’intera architettura ritmica con precisione e apertura. L’ensemble è diretto da Eli Greenhoe, che contribuisce ad amplificare la dimensione quasi cinematografica del lavoro.

Cal Tjader - Amazonas

Craft Recordings e Jazz Dispensary si preparano all'estate con la prima ristampa in vinile di Amazonas, l'album fusion del 1976 dell'influente vibrafonista Cal Tjader. 

Colmando il divario tra la California e Rio de Janeiro, questo innovativo LP unisce la star del jazz ai migliori talenti brasiliani (tra cui il produttore Airto Moreira, il flautista Hermeto Pascoal e il trombonista Raul de Souza) e presenta arrangiamenti del leggendario musicista, cantautore e produttore George Duke. 

Il risultato è una spettacolare miscela di melodie gioiose, linee di basso funky e sintetizzatori futuristici, come si può ascoltare in brani come "Mindoro", "Amazonas" e "Corine".

Tornato in vinile per la prima volta in cinquant'anni nell'ambito della serie di riedizioni Top Shelf di Jazz Dispensary il 25 luglio, Amazonas è stato inciso (AAA) dai suoi nastri originali da Kevin Gray presso Cohearent Audio e stampato su vinile da 180 grammi presso RTI. A completare il pacchetto, un'elegante copertina tip-on che riproduce la classica copertina dell'album.

Forse il più influente leader di una band latina di origini non latine, il vibrafonista Cal Tjader (1925-1982) integrò ritmi afro-caraibici, bop e una varietà di altre influenze per creare un suono fresco, moderno e assolutamente unico. Cresciuto nella Bay Area, Tjader iniziò la sua carriera come batterista, suonando al fianco di artisti del calibro di Dave Brubeck, prima di affermarsi come leader. 

Lorenzo Conte & Michele Polga - Big Pulse

I musicisti jazz di solito registrano la loro musica in studio e utilizzano le migliori tecnologie digitali per perfezionare e correggere i brani. 

L'editing è una pratica comune che permette ai musicisti di pubblicare un'opera quando ne sono pienamente soddisfatti. Tuttavia, alcuni dischi dal vivo, nonostante tutte le loro imperfezioni, riescono ancora a trasmettere le stesse emozioni che si possono provare solo a un grande concerto. Non sorprende che album come Bill Evans at the Village Vanguard (1961) e Miles Davis at the Philarmonic Hall (1964) siano considerati pietre miliari nella storia del jazz. 

Questa registrazione cattura una serata magica con un quartetto pieno di energia ed eccelle nell'eseguire standard familiari. Tutti e quattro i musicisti non hanno bisogno di presentazioni, in particolare Dario Carnovale e Michele Polga, quest'ultimo considerato per alcuni anni tra i sassofonisti tenori più talentuosi e originali della scena jazz italiana. 

Forse non è un caso che quattro degli otto brani scelti siano stati composti da tre maestri del sassofono tenore come Wayne Shorter, Joe Henderson e Frank Foster. Michele Polga, Dario Carnovale, Pasquale Fiore e Lorenzo Conte – che rende omaggio a un gigante del contrabbasso e al suo ispiratore, Paul Chambers – suonano con grande equilibrio, un interplay invidiabile e la giusta dose di furia espressiva. Un vero "big pulse", come dice il titolo.

Ella Fitzgerald – Get Ready (video)

Il singolo "Get Ready" interpretato da Ella Fitzgerald nel 1970 è una cover del celebre brano scritto da Smokey Robinson e portato al successo dai The Temptations nel 1966, in piena era Motown.

Nella sua versione, Ella reinterpreta il brano con un taglio soul-funk molto marcato, lontano dalle atmosfere swing e bebop a cui aveva abituato il pubblico. La base ritmica è energica, con fiati brillanti e un groove danzante che richiama pienamente lo spirito delle produzioni black contemporanee di fine anni ’60.

Ella, pur non essendo un’artista soul di formazione, mantiene il controllo del pezzo con un fraseggio deciso, incisivo, giocando sul ritmo più che sulle improvvisazioni vocali. La sua voce si fa più graffiante, quasi “terrena”, segno della volontà di avvicinarsi a un nuovo tipo di espressività.

Come singolo, "Get Ready" non ebbe grande successo nelle classifiche, probabilmente perché i fan tradizionali di Ella non si aspettavano una svolta così netta, mentre il pubblico soul aveva già altri riferimenti vocali più attuali. Tuttavia, oggi questa versione è considerata una curiosità affascinante, un incontro fra jazz e Motown, in cui una grande interprete si misura con una nuova estetica.

Il pezzo era inserito nell'omonimo album uno dei più singolari e controversi nella lunga e leggendaria carriera della "First Lady of Song".

Joni’s Jazz: un ritratto dell’anima più libera di Joni Mitchell

Annunciata per il 5 settembre 2025, la raccolta “Joni’s Jazz” è molto più di una semplice antologia: è una celebrazione della parte più sofisticata, avventurosa e meno immediatamente commerciale del percorso artistico di Joni Mitchell

Con 61 tracce, su 4 CD o 8 vinili, il cofanetto copre decenni di sperimentazioni in cui la cantautrice canadese ha stretto un dialogo profondo con il linguaggio del jazz, fino a farne una delle cifre più distintive della sua musica.

Negli anni Settanta, dopo il successo planetario di album come Blue e Court and Spark, Joni inizia a sentire stretto il formato del cantautorato folk e pop. Il suo orecchio si apre a strutture più fluide, armonie più complesse, improvvisazione. È in quel momento che inizia a collaborare con alcuni dei musicisti più innovativi del jazz contemporaneo, primo fra tutti Jaco Pastorius, il leggendario bassista fretless, che sarà presenza fondamentale negli album Hejira (1976) e Don Juan’s Reckless Daughter (1977).

Ma le frequentazioni jazzistiche non si fermano lì: Wayne Shorter, Herbie Hancock, Pat Metheny, Michael Brecker, e perfino Charles Mingus, con cui Joni lavorerà in Mingus (1979), arricchiscono le sue composizioni di colori nuovi, più rarefatti e complessi. Joni’s Jazz documenta questo processo con take alternativi, live rari, versioni demo e brani ufficiali, tracciando un arco narrativo che va ben oltre una semplice raccolta.

Anche se la tracklist completa non è ancora stata ufficialmente pubblicata, è noto che tra i brani ci saranno: versioni live di Amelia, Black Crow, Coyote e Hejira tratte dal celebre Shadows and Light; tour del 1980; sessioni di studio inedite con la Jaco Pastorius Band; demos rari mai pubblicati, come il recente “Be Cool”, take alternativi da Mingus, inclusi arrangiamenti mai usati, collaborazioni con Herbie Hancock, anticipando le rivisitazioni jazzistiche dei suoi brani negli anni 2000

Orsara Jazz 2025

Orsara Jazz festeggia trent’anni di musica. Il 26, 27 e 28 luglio, in Puglia, torna uno dei Festival più longevi con tre giorni di concerti e masterclass. 

Di assoluto rilievo i nomi di questa trentesima edizione: il quartetto del trombettista Avishai Cohen, il leggendario contrabbassista Dave Holland, e poi George Garzone con Lucio Ferrara, Joe Pisto e Fausto Beccalossi, oltre a masterclass e installazioni temporanee. 

I concerti sono a ingresso gratuito, mentre per la masterclass è necessaria l’iscrizione. Quelle di Dave Holland e Avishai Cohen, attualmente impegnati in un lungo tour europeo, sono le uniche date pugliesi. Queste esclusive confermano Orsara Jazz come una tappa fondamentale nella mappa dei principali – e più longevi – Festival jazz a livello europeo. Nel corso delle numerose edizioni, Orsara Jazz ha fatto diventare un piccolo borgo montano della provincia di Foggia una delle mete obbligate per gli appassionati e gli studenti di jazz. 

La trentesima edizione di Orsara Jazz inizia sabato 26 luglio alle 10.30 con l’inaugurazione della Jazz Gallery alla Comunity Library A.Li, mentre alle 21 in Largo San Michele salirà sul palco il Quartetto del trombettista newyorkese Avishai Cohen, con Yonathan Avishai al piano, Barak Mori al contrabbasso a Ziv Ravitz alla batteria, per presentare l’ultimo album Ashes to Gold, pubblicato per la ECM Records.

Domenica 27 luglio, alle 10.30 presso la Community Library A.Li. avrà luogo la masterclass con il sassofonista italoamericano George Garzone dal titolo “The Triadic Chromatic Approach”.

Anita O'Day: The Life of a Jazz Singer (DVD)

"Anita O'Day: The Life of a Jazz Singer" è un documentario del 2007 diretto da Robbie Cavolina e Ian McCrudden, dedicato alla straordinaria carriera e alla tormentata vita della leggendaria cantante jazz americana Anita O'Day.

Anita O'Day (1919–2006) è stata una delle più innovative e personali voci del jazz vocale del XX secolo. Con uno stile ritmico audace, una pronuncia incisiva e una capacità improvvisativa pari a quella dei grandi strumentisti, O'Day ha rivoluzionato il canto jazz, affermandosi accanto a Billie Holiday, Sarah Vaughan ed Ella Fitzgerald, pur mantenendo sempre una propria inconfondibile identità.

"Anita O'Day: The Life of a Jazz Singer" ripercorre in modo intenso e commovente la parabola artistica e umana di O'Day, intrecciando filmati rari d'archivio, tra cui straordinarie esibizioni dal vivo (memorabile il suo "Tea for Two" al Newport Jazz Festival del 1958); interviste con la stessa O’Day e con colleghi, amici e storici del jazz; materiali privati come fotografie, lettere e riprese domestiche;

Il film non nasconde i momenti oscuri della vita dell’artista: le difficoltà personali, le lotte contro la dipendenza da droghe e alcol, gli alti e bassi di una carriera spesso ostacolata da pregiudizi sessisti e razziali, nonostante il talento indiscutibile.

Mingus Ah Um: Ritratto del genio ribelle del jazz

Quando si parla di jazz, si parla di libertà. E nessuno ha incarnato questa idea con tanta intensità, passione e rabbia come Charles Mingus

Tra i capolavori della sua carriera, Mingus Ah Um – pubblicato nel 1959 per la Columbia Records – si impone come un’opera imprescindibile, un autentico manifesto di personalità, creatività e impegno politico. È un disco che travalica le etichette e che riesce a racchiudere, in poco più di 40 minuti, le mille sfaccettature di un musicista impossibile da ingabbiare.

Il 1959 è spesso definito “l’anno d’oro del jazz”. Escono Kind of Blue di Miles Davis, Giant Steps di Coltrane, The Shape of Jazz to Come di Ornette Coleman, Time Out di Dave Brubeck. In mezzo a questi titani, Mingus Ah Um non solo regge il confronto, ma si distingue per forza espressiva, profondità culturale e una visione musicale del tutto personale.

Registrato in soli due giorni (5 e 12 maggio 1959) ai Columbia 30th Street Studio di New York, il disco è il primo lavoro che Mingus incide per una major, ma non cede a compromessi. Piuttosto, alza il tiro. L’album è un tributo all’eredità afroamericana, un ponte tra il gospel, il blues, il bebop e l’avant-garde, ma anche un grido rabbioso contro l’ingiustizia sociale e razziale.