Muhammad Ali, icona globale non solo per la sua abilità nel ring ma anche per la sua coscienza politica e poetica, aveva un ritmo tutto suo, nel parlare come nel combattere.
I suoi versi improvvisati, i movimenti agili e improvvisi ricordavano da vicino l'improvvisazione jazzistica: creativa, libera, ribelle. Come il jazz, Ali sfidava le convenzioni, trasformava l’oppressione in arte.
Il jazz, come la boxe, è stato un mezzo di espressione e riscatto per gli afroamericani, soprattutto nel corso del Novecento. Entrambi richiedono tecnica e intuizione, ma anche cuore, istinto e coraggio. Ali, con i suoi colpi danzanti e la voce incalzante, era un jazzista del ring.
Insieme al match, fu organizzato lo storico festival Zaire 74, pensato per celebrare la cultura africana e afroamericana. Sul palco salirono giganti della black music come James Brown, B.B. King, Miriam Makeba e Hugh Masekela. E sebbene il festival fosse dominato dal soul e dal funk, lo spirito jazz era ovunque: nella libertà espressiva, nella fusione di culture, nella voglia di rompere le barriere.
Hugh Masekela, trombettista jazz sudafricano, portò sul palco proprio quel legame tra jazz e Africa, dimostrando come la musica potesse essere ponte tra le due sponde dell’Atlantico nero. La stessa idea che stava alla base del jazz fin dalle sue origini: un dialogo continuo tra identità, sofferenza e bellezza.
Il jazz, soprattutto nelle sue forme più sperimentali e spirituali (si pensi a John Coltrane, Pharoah Sanders o Archie Shepp), è stato spesso associato a movimenti di liberazione. Rumble in the Jungle fu uno di quei momenti in cui sport, musica e politica si intrecciarono in un solo gesto di resistenza culturale.
Il film documentario When We Were Kings (1996), che racconta l’evento, sottolinea proprio questa convergenza tra forze artistiche e sociali. E in sottofondo, le sonorità jazz sembrano pulsare invisibili, come eco di una lotta più grande.
Il Rumble in the Jungle fu un momento mitico non solo per lo sport, ma per tutta la cultura nera. E il jazz, anche se non direttamente protagonista, ne fu parte integrante: nello spirito, nell'estetica, nella forza simbolica. Una musica che, come Muhammad Ali, ha saputo trasformare il dolore in orgoglio e la lotta in arte.

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