Uscito per l’etichetta Out of Your Head, l’album rappresenta un importante passo evolutivo per il trombettista newyorkese, che abbandona momentaneamente la formula del quartetto per affidarsi a un ottetto – una formazione ricca, elastica, capace di dare respiro a una scrittura più ambiziosa e narrativa.
Il titolo dell’album è già una dichiarazione poetica: “per queste strade” – che sono quelle reali di Brooklyn, ma anche quelle interiori di chi le attraversa. Le composizioni di O’Farrill nascono da una riflessione sul tempo, sul vivere in una città densa di contraddizioni, e sono nutrite da riferimenti colti, che vanno da Virginia Woolf a Charlie Chaplin, da Stravinsky a Silvestre Revueltas. Non si tratta, però, di un esercizio intellettuale: ogni brano è emotivamente coinvolgente, fatto di immagini e tensioni che si rincorrono.
La scrittura è cameristica, a tratti quasi da musica colta, ma sempre attraversata da un profondo spirito jazzistico. Non c'è mai l’intenzione di stupire con la complessità: ogni dettaglio serve a raccontare qualcosa. I fiati, tra cui spiccano il sax di Kevin Sun e il flauto di David Leon, dialogano con la chitarra inquieta di Mary Halvorson e il vibrafono trasparente di Patricia Brennan. Tomas Fujiwara alla batteria e Tyrone Allen al basso tengono insieme l’intera architettura ritmica con precisione e apertura. L’ensemble è diretto da Eli Greenhoe, che contribuisce ad amplificare la dimensione quasi cinematografica del lavoro.
I brani scorrono come capitoli di un racconto. “Swimmers” apre l’album con un ritmo sospeso e improvvisi affondi melodici. “Nocturno, 1932” sembra evocare un ballo malinconico in un cortile notturno, mentre “Migration” lavora per accumulazioni e contrasti, in un crescendo emotivo notevole. “Streets”, uno dei momenti più intensi, lascia spazio alla voce della tromba di O’Farrill, asciutta e lirica, in un duetto intimo con la chitarra che sembra raccontare ciò che resta dopo il frastuono.
For These Streets è un disco che unisce rigore e immaginazione, jazz e musica da camera, autobiografia e costruzione simbolica. È il suono di un artista maturo che ha qualcosa da dire e lo fa con una voce personale, autentica. In un panorama jazzistico dove l’ibridazione è ormai la norma, O’Farrill riesce a proporre un’opera coerente, originale e profondamente sentita. Le sue strade sono anche le nostre: da attraversare con le orecchie aperte e la mente accesa.

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