Louis Armstrong, OKeh e il Cabaret and Style Show del 1926: il jazz si fa spettacolo e rivoluzione

Il 12 giugno 1926, il Chicago Coliseum fu teatro di un evento che oggi possiamo considerare pionieristico: l’OKeh Cabaret and Style Show, una serata che univa musica dal vivo, moda e innovazione tecnologica. Al centro della scena c’era Louis Armstrong, affiancato dai suoi Hot Five, nel pieno del loro primo periodo d’oro discografico.

OKeh Records fu tra le prime etichette discografiche a scommettere sui “race records”, ovvero registrazioni realizzate da artisti afroamericani per un pubblico afroamericano, in un’epoca in cui segregazione razziale e pregiudizi dominavano il mercato musicale. Ma in quella separazione forzata, si fece spazio anche una straordinaria esplosione di creatività.

L’evento del 1926 non fu solo uno spettacolo: fu una dichiarazione culturale e commerciale. OKeh dimostrò che il jazz afroamericano era non solo artisticamente valido, ma anche economicamente vincente.

All’epoca, Armstrong era già noto come membro del gruppo di King Oliver, ma fu con gli Hot Five, gruppo concepito soprattutto per incidere, che Armstrong cominciò a cambiare le regole del gioco. A partire dal 1925, registrò brani come:
- Heebie Jeebies – celebre per l’uso dello scat singing
- Cornet Chop Suey – una vetrina per il suo talento tecnico
- Muskrat Ramble – uno dei primi “standard” della sua carriera

Questi brani non solo divennero successi, ma ridefinirono il ruolo del solista nel jazz, spostando l’attenzione dalla polifonia collettiva dell’era di New Orleans alla centralità dell’improvvisazione individuale.

Durante il Cabaret and Style Show, Armstrong e i suoi musicisti si esibirono in un’incisione dal vivo con riproduzione immediata, una tecnologia allora agli albori. Il pubblico poté ascoltare in tempo reale il risultato delle registrazioni, un’anteprima del futuro della musica registrata.

Questo tipo di evento, a metà tra performance e dimostrazione tecnica, fu anche un modo per legittimare la musica nera nel contesto urbano e moderno della Chicago degli anni ’20.

Il "Cabaret and Style Show" includeva anche una sfilata di moda con protagonisti afroamericani, a sottolineare che l’identità Black non era solo musicale, ma anche estetica, sociale e politica. Il cabaret jazz si fondeva con il glamour e il desiderio di autodeterminazione di una nuova generazione urbana afroamericana.

Molte delle incisioni realizzate da Armstrong in quegli anni sono oggi conservate nel National Recording Registry della Library of Congress per il loro valore storico e culturale. La potenza espressiva del suo cornetto e la sua voce divennero il simbolo di una nuova era, portando il jazz da musica da ballo a forma d’arte autonoma.

L’articolo da cui questo testo è tratto fa parte della mostra virtuale “That’s My Home”, curata dal Louis Armstrong House Museum. Il progetto, coordinato da Ricky Riccardi, è una fonte preziosa di materiali, approfondimenti e testimonianze su Armstrong, non solo come musicista, ma come figura chiave della cultura americana. 

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