In un panorama jazzistico sempre più frammentato e difficile da definire, il progetto Fire and Water della pianista e compositrice Myra Melford emerge come un esempio limpido di coerenza espressiva e libertà artistica. Non è soltanto un quintetto d’eccezione tutto al femminile; è soprattutto un laboratorio sonoro in cui l’energia dell’improvvisazione si intreccia con un’ispirazione visiva profonda e originale.
Il progetto nasce nel 2019 durante una residenza al leggendario locale The Stone di New York, e già allora sembrava destinato a durare: Melford riunisce musiciste straordinarie – Ingrid Laubrock al sax, Mary Halvorson alla chitarra, Tomeka Reid al violoncello, Susie Ibarra alla batteria (poi sostituita da Lesley Mok nel secondo album) – per creare un linguaggio comune, fatto di suoni, gesti, intuizioni.
Ma ciò che rende questo quintetto così speciale è il suo legame con l’arte visiva. L’ispirazione diretta arriva dai lavori di Cy Twombly, pittore americano noto per i suoi tratti liberi, scarabocchiati, spesso a metà tra scrittura e disegno. Melford si innamora di una sua serie del 1981 – Gaeta Set (for the Love of Fire and Water) – e decide di tradurre in musica quella gestualità apparentemente caotica ma profondamente evocativa.
C'è in tutto questo un senso fortissimo di sorellanza artistica. Non si tratta soltanto di un ensemble femminile – cosa ancora relativamente rara nel jazz contemporaneo – ma di una vera e propria comunità sonora. Le musiciste sembrano parlarsi senza bisogno di parole, intuendo direzioni, lasciandosi spazio, raccogliendo spunti e restituendoli trasformati. È un jazz che respira, che si contamina con l’arte, la danza, la scrittura. Un jazz “in movimento”, che non cerca l’applauso facile ma punta a smuovere zone più profonde dell’ascoltatore.
Melford ha detto in un’intervista che per lei il suono arriva dopo il gesto: prima c’è un impulso, una linea immaginaria, una decisione interiore. È un modo di concepire la musica che ricorda la calligrafia orientale o la pittura d’azione. E Fire and Water è, in effetti, un progetto che potrebbe tranquillamente stare tra le sale di un museo tanto quanto su un palco jazz.
La risposta della critica è stata entusiasta: DownBeat, JazzTrail e molti altri hanno elogiato la profondità e l’originalità del progetto, riconoscendone l’importanza nel panorama contemporaneo. Ma è dal vivo che il quintetto raggiunge la sua forma più viva, come nelle recenti esibizioni a New York, Pori, San Sebastián, Seattle. Ogni concerto è diverso, perché ogni gesto – come ogni pennellata di Twombly – non è mai identico a se stesso.

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