Dave Liebman, Billy Hart, Adam Rudolph - Beingness

Ci sono incontri musicali che non seguono una logica di mercato, né il fascino effimero della novità. Sono gesti artistici che nascono dal profondo, come un’urgenza espressiva condivisa da anime affini. 

Beingness, il nuovo album di Dave Liebman, Billy Hart e Adam Rudolph, è uno di questi momenti rari, in cui la musica accade sul serio. Senza copioni, senza ruoli predefiniti, senza limiti.

Registrato dal vivo a The Stone, lo spazio newyorkese creato da John Zorn per l’improvvisazione più radicale, Beingness è un’esplorazione sonora in nove movimenti, frutto di un’improvvisazione totale, meditativa, spesso visionaria. Più che un concerto, sembra un rituale. Uno spazio sonoro dove il tempo si dilata e l’ascolto diventa esperienza.

L’atmosfera che si respira fin dai primi minuti è densa, ma mai claustrofobica. I suoni si muovono come correnti sotterranee: Liebman al sax soprano e ai flauti non suona melodie, ma evoca immagini. Hart, batterista leggendario passato da Herbie Hancock a Stan Getz, scolpisce ritmi che non battono il tempo ma lo creano. Rudolph, con le sue percussioni globali ed elettroniche organiche, aggiunge texture, profondità, vibrazioni.

Il titolo dell’album – Beingness – non è casuale. Non è semplicemente “essere”, ma “essere in divenire”. È la condizione in cui i tre musicisti entrano in dialogo puro, lasciando che la forma emerga spontaneamente, senza forzarla. Niente è scritto, ma tutto è coerente. È come osservare la nascita di un organismo vivente, un’entità sonora in continua trasformazione.

Eppure, nonostante l’apparente astrattezza, la musica non è mai fredda. C’è una tensione emotiva costante, una spiritualità di fondo che si riflette anche nell’approccio timbrico: i suoni sono spesso ovattati, respirati, come se provenissero da un’altra dimensione. L’improvvisazione diventa così uno strumento per esplorare lo spazio interiore, un viaggio nella coscienza attraverso il linguaggio dei suoni.

Il trio ha alle spalle un bagaglio comune imponente. Liebman e Hart suonavano già insieme negli anni Settanta, in formazioni come Quest o con Miles Davis. Rudolph, da sempre esploratore delle musiche del mondo, ha lavorato con Don Cherry, Yusef Lateef, Pharaoh Sanders. Le loro strade si incrociano oggi con una maturità che permette di dire molto con pochissimo.

Beingness non è un disco da mettere in sottofondo. È un’esperienza che chiede attenzione, disponibilità, silenzio interiore. È musica che si rivolge a chi è disposto a lasciarsi andare, ad abbandonare le aspettative per scoprire qualcosa di più profondo. In un’epoca di velocità e algoritmi, questo disco è un atto di resistenza poetica.


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