Joni’s Jazz: un ritratto dell’anima più libera di Joni Mitchell

Annunciata per il 5 settembre 2025, la raccolta “Joni’s Jazz” è molto più di una semplice antologia: è una celebrazione della parte più sofisticata, avventurosa e meno immediatamente commerciale del percorso artistico di Joni Mitchell

Con 61 tracce, su 4 CD o 8 vinili, il cofanetto copre decenni di sperimentazioni in cui la cantautrice canadese ha stretto un dialogo profondo con il linguaggio del jazz, fino a farne una delle cifre più distintive della sua musica.

Negli anni Settanta, dopo il successo planetario di album come Blue e Court and Spark, Joni inizia a sentire stretto il formato del cantautorato folk e pop. Il suo orecchio si apre a strutture più fluide, armonie più complesse, improvvisazione. È in quel momento che inizia a collaborare con alcuni dei musicisti più innovativi del jazz contemporaneo, primo fra tutti Jaco Pastorius, il leggendario bassista fretless, che sarà presenza fondamentale negli album Hejira (1976) e Don Juan’s Reckless Daughter (1977).

Ma le frequentazioni jazzistiche non si fermano lì: Wayne Shorter, Herbie Hancock, Pat Metheny, Michael Brecker, e perfino Charles Mingus, con cui Joni lavorerà in Mingus (1979), arricchiscono le sue composizioni di colori nuovi, più rarefatti e complessi. Joni’s Jazz documenta questo processo con take alternativi, live rari, versioni demo e brani ufficiali, tracciando un arco narrativo che va ben oltre una semplice raccolta.

Anche se la tracklist completa non è ancora stata ufficialmente pubblicata, è noto che tra i brani ci saranno: versioni live di Amelia, Black Crow, Coyote e Hejira tratte dal celebre Shadows and Light; tour del 1980; sessioni di studio inedite con la Jaco Pastorius Band; demos rari mai pubblicati, come il recente “Be Cool”, take alternativi da Mingus, inclusi arrangiamenti mai usati, collaborazioni con Herbie Hancock, anticipando le rivisitazioni jazzistiche dei suoi brani negli anni 2000

Il cofanetto sarà accompagnato da un booklet ricco di materiali fotografici, annotazioni tecniche, note critiche e una stampa artistica firmata, oltre a riproduzioni di artwork originali della Mitchell.

La grandezza di Joni’s Jazz non risiede solo nella qualità dei musicisti coinvolti, ma nel fatto che Joni Mitchell non è mai stata un’ospite del jazz: è diventata, con il tempo, una vera interprete di quella sensibilità. Non canta “jazzisticamente”, non adotta stilemi standard. Piuttosto, plasma il linguaggio jazz all’interno del proprio universo lirico, spesso introspettivo e narrativo, in bilico tra sogno, memoria e paesaggi interiori.

In questo senso, Joni’s Jazz si presenta come un documento fondamentale per comprendere il cuore più enigmatico e meno addomesticabile della sua arte. È un gesto d’amore verso quella parte del pubblico che ha saputo seguirla nei suoi percorsi più imprevedibili, ma anche un invito per le nuove generazioni a scoprire un lato “nascosto” e radicalmente moderno della sua musica.

Nel libretto dell’ultimo cofanetto uscito, Archives Vol. 4, Joni stessa dice: “Mi chiedono spesso quale sia il mio album preferito… e io rispondo: sarà Joni’s Jazz.”

Non è una boutade: è un’indicazione chiara di quanto lei stessa senta vicina questa fase. Se Blue è il suo diario più intimo, Joni’s Jazz è il suo manifesto di libertà. 

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