Mingus Ah Um: Ritratto del genio ribelle del jazz

Quando si parla di jazz, si parla di libertà. E nessuno ha incarnato questa idea con tanta intensità, passione e rabbia come Charles Mingus

Tra i capolavori della sua carriera, Mingus Ah Um – pubblicato nel 1959 per la Columbia Records – si impone come un’opera imprescindibile, un autentico manifesto di personalità, creatività e impegno politico. È un disco che travalica le etichette e che riesce a racchiudere, in poco più di 40 minuti, le mille sfaccettature di un musicista impossibile da ingabbiare.

Il 1959 è spesso definito “l’anno d’oro del jazz”. Escono Kind of Blue di Miles Davis, Giant Steps di Coltrane, The Shape of Jazz to Come di Ornette Coleman, Time Out di Dave Brubeck. In mezzo a questi titani, Mingus Ah Um non solo regge il confronto, ma si distingue per forza espressiva, profondità culturale e una visione musicale del tutto personale.

Registrato in soli due giorni (5 e 12 maggio 1959) ai Columbia 30th Street Studio di New York, il disco è il primo lavoro che Mingus incide per una major, ma non cede a compromessi. Piuttosto, alza il tiro. L’album è un tributo all’eredità afroamericana, un ponte tra il gospel, il blues, il bebop e l’avant-garde, ma anche un grido rabbioso contro l’ingiustizia sociale e razziale.

Mingus Ah Um è una galleria di ritratti sonori, dedicati a figure chiave del jazz e della cultura nera americana. I brani non sono semplici composizioni, ma veri e propri affreschi emotivi:“Better Git It in Your Soul” apre il disco con un’energia travolgente. Ispirata ai canti gospel della sua infanzia, è una dichiarazione di intenti: spontaneità, vitalità, spirito comunitario. “Goodbye Pork Pie Hat” è una struggente elegia per Lester Young, il sassofonista morto pochi mesi prima. Il pezzo, dolente e lirico, è uno dei più celebri dell’intero repertorio mingusiano, ed è stato ripreso da artisti come Joni Mitchell, Jeff Beck e John McLaughlin. “Boogie Stop Shuffle” è un brano travolgente che unisce boogie-woogie, swing e bebop in un complesso ma irresistibile incastro ritmico. “Self-Portrait in Three Colors” è una ballata malinconica, orchestrata con grande sensibilità. Un raro esempio di Mingus in chiave quasi impressionista. “Fables of Faubus”, forse il brano più politico dell’album, è una satira feroce contro il governatore dell’Arkansas Orval Faubus, noto per aver cercato di bloccare l’integrazione scolastica dei bambini afroamericani nel 1957. La versione dell’album è strumentale, poiché Columbia censurò le liriche originali, ma il messaggio rimane fortissimo.

Pur essendo un bassista di straordinaria tecnica, Mingus è anche (e soprattutto) un compositore e direttore d’orchestra atipico, che guida il suo ensemble come un pittore guida il pennello. In Mingus Ah Um, la band è composta da musicisti talentuosi e affiatati: Booker Ervin, John Handy e Shafi Hadi ai sassofoni, Jimmy Knepper al trombone, Horace Parlan al piano, Dannie Richmond, il fedele batterista di Mingus. Ognuno contribuisce con la propria personalità, ma è l’intelligenza compositiva e la libertà controllata imposta da Mingus a rendere il risultato così potente. La musica è scritta, ma aperta. C’è disciplina, ma anche furia creativa.

Mingus Ah Um è stato inserito nella Grammy Hall of Fame, e nel 2003 è stato scelto per la conservazione nel National Recording Registry della Library of Congress, come “culturalmente, storicamente o esteticamente significativo”. L’album ha influenzato generazioni di musicisti, non solo jazzisti: la sua miscela di forma e libertà, il suo impegno politico, la sua carica espressiva sono un faro per chiunque voglia fare musica con coscienza.

In un’epoca di rivoluzioni e rivendicazioni, Charles Mingus ha costruito il proprio linguaggio, un jazz “scomodo”, che non cercava compromessi né conforto. Mingus Ah Um è la sintesi perfetta di questa visione: un disco che commuove, scuote, fa riflettere – e, come tutta la grande arte, rimane sempre attuale.

Alcune curiosità: il titolo è una parodia dell’espressione latina “Veni, vidi, vici”; “Ah Um” è un suono quasi infantile, che gioca con la serietà accademica. La versione originale dell’album subì tagli per motivi di durata del vinile. Solo nelle edizioni successive in CD è stata pubblicata integralmente.
Fables of Faubus avrà una versione integrale, con testi e ironia tagliente, nell’album Charles Mingus Presents Charles Mingus (1960).

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