Pausa estiva: ci vediamo tra due settimane!

Cari lettori,

è arrivato il momento di staccare la spina e concedersi una meritata pausa estiva. A partire da oggi, il blog entrerà in modalità vacanza per le prossime due settimane.

Durante questo periodo non pubblicheremo nuovi contenuti, ma non temete: torneremo più carichi che mai con articoli freschi, nuove idee e tante novità da condividere con voi.

Approfittate anche voi di questi giorni per rilassarvi, godervi il sole e magari leggere qualcuno dei nostri articoli precedenti che potreste esservi persi.

Ci rivediamo lunedì 11 agosto con contenuti rinnovati e tanta voglia di raccontare!

Buone vacanze a tutti e grazie per la vostra fedeltà.

Franco Cerri: una vita piena di jazz

Roberto Priolo, CC BY-SA 4.0

Ci sono musicisti che attraversano il tempo senza invecchiare, figure che restano vive nella memoria collettiva non solo per il talento, ma per l'eleganza e la passione che hanno saputo trasmettere. 

Franco Cerri è stato uno di questi. Il documentario “Franco Cerri, una vita piena di jazz”, disponibile su YouTube, è un omaggio sincero e avvolgente alla sua lunga carriera e alla sua straordinaria umanità.

Realizzato da Silvano Mazzella, il film è un viaggio intimo tra immagini d’archivio, testimonianze, brani musicali e racconti diretti del protagonista, che ci guida con la consueta ironia e delicatezza dentro i momenti salienti della sua esistenza artistica. 

Dalla Milano del dopoguerra ai palchi internazionali, il documentario ricostruisce una parabola musicale che ha contribuito in modo determinante alla diffusione del jazz in Italia.

Cerri non è stato soltanto un virtuoso della chitarra, ma anche un raffinato comunicatore. Celebre il suo volto in televisione – spesso accanto a Mina – e la sua voce gentile nei programmi dedicati alla musica. Il documentario ne restituisce anche questo lato: l’uomo che, con semplicità, ha saputo avvicinare il grande pubblico a un genere musicale che, fino a pochi decenni prima, sembrava riservato a pochi appassionati.

Trilogy 3: Il testamento musicale di Chick Corea

Trilogy 3 rappresenta il terzo e probabilmente ultimo capitolo dell'straordinaria collaborazione tra il leggendario pianista Chick Corea, il bassista Christian McBride e il batterista Brian Blade

Pubblicato nel febbraio 2025 da Candid Records, questo doppio album live è più di una semplice registrazione: è il testamento di uno dei trii più affiatati della storia del jazz contemporaneo.

La storia di questo progetto è tanto commovente quanto musicalmente significativa. Le registrazioni provengono dall'ultimo tour del trio, presentate come "Trilogy 3" da Candid Records e Chick Corea Productions, catturando per sempre la magia di tre musicisti che avevano raggiunto una comprensione artistica quasi telepatica.

Il trio aveva già dimostrato la propria eccellenza nei due precedenti capitoli della serie "Trilogy", ma questo terzo volume assume un significato particolare: rappresenta l'ultima testimonianza registrata di Corea con questa formazione, rendendo ogni nota ancora più preziosa per gli appassionati di jazz.

"È difficile credere che Corea abbia ora 73 anni ma, se mai, non è mai stato più attivo", aveva scritto John Kelman di All About Jazz nella sua recensione dei precedenti lavori del trio. Questa osservazione si rivela profetica ascoltando Trilogy 3, dove l'energia e la creatività del pianista sembrano non conoscere limiti.

Non ci sono momenti oscuri in Trilogy 3, dal carico di energia di "Humpty Dumpty" - forse la versione più fluida e swing del brano dal suo debutto nel 1978 su "The Mad Hatter". Il trio dimostra ancora una volta quella connessione naturale che li aveva resi così speciali: McBride con la sua virtuosità al contrabbasso, Blade con il suo stile raffinato alla batteria, e Corea che orchestra il tutto con la sua genialità compositiva e improvvisativa.

Horace Parlan - Up & Down (Blue Note Tone Poet Series)

Horace Parlan (1931-2017) rappresenta una delle figure più ispiratrici e innovative del jazz hard bop, un musicista che seppe trasformare una disabilità fisica in una caratteristica distintiva del proprio stile pianistico. 

La ristampa dell'album "Up & Down" nella prestigiosa Blue Note Tone Poet Series ci offre l'opportunità di riscoprire uno dei capolavori di questo straordinario artista.

Nato a Pittsburgh nel 1931, Parlan iniziò a studiare pianoforte in tenera età, ma la sua vita fu segnata dalla poliomielite che colpì parzialmente la sua mano destra durante l'infanzia. 

Quello che avrebbe potuto essere un ostacolo insormontabile per un pianista divenne invece l'elemento che definì il suo approccio musicale unico. La limitata mobilità della mano destra lo portò a sviluppare un stile caratterizzato da frasi frenetiche e altamente ritmiche, contrastate da accordi potenti e penetranti della mano sinistra.

La carriera di Parlan iniziò a prendere forma a metà degli anni '50, quando suonò al fianco del sassofonista Sonny Stitt a Washington, guadagnandosi rapidamente riconoscimenti per il suo modo di suonare vibrante e personale. Il momento cruciale arrivò tra il 1957 e il 1959, quando entrò a far parte della band di Charles Mingus, il leggendario bassista e compositore allora all'apice della sua creatività. Questa esperienza con uno dei giganti del jazz moderno fu fondamentale per affinare il suo stile e consolidare la sua reputazione.

Il periodo più prolifico di Parlan coincise con la sua collaborazione con Blue Note Records, dove divenne uno dei pianisti di casa più apprezzati. Tra il 1960 e il 1961, registrò sei album fondamentali come leader, inclusi "Movin' & Groovin'", "Us Three", "Speakin' My Piece" e il culmine di questa serie straordinaria: "Up & Down".

Koro Almost Brass - Plays Monk

Koro Almost Brass è un gruppo insolito, soprattutto nel panorama jazz, dove i quartetti di sassofoni sono più comuni. 

È in qualche modo simile ai quintetti di ottoni della musica classica, da cui si distingue per aver sostituito la seconda tromba con il sax contralto. 

Uno degli obiettivi principali di Koro è costruire ponti tra il jazz, musica improvvisata per eccellenza, e la musica classica europea, interamente scritta. 

Il trombettista Fulvio Sigurtà, il sassofonista contralto e arrangiatore Cristiano Arcelli e il trombonista Massimo Morganti sono musicisti jazz che non hanno bisogno di presentazioni, essendo tra i più grandi virtuosi dei loro strumenti, non solo in Italia, mentre il giovane Glauco Benedetti è uno dei pochi solisti di tuba italiani. 

Il corno francese arricchisce la già ampia gamma espressiva dell'ensemble, un collettivo davvero paritario, e rafforza il legame tra musica classica e afroamericana. È suonato dal talentuoso Giovanni Hoffer, musicista classico di fama mondiale ma anche il più importante specialista di fiati jazz in Europa. 

Antonio Casu - I racconti di Geremia nel paese del jazz

Questo racconto, scritto nei giorni della pandemia, è dedicato alla paese Berchidda e al popolo del Time in Jazz, perché la memoria è più forte del distanziamento sociale. 

Questo volume, seconda edizione ampliata, è arricchito dalla prefazione di Paolo Fresu e dall'introduzione di approfondimento culturale a firma di Antonio Casu, autore del libro. 

Il paese di Berchidda in Sardegna è da molti anni, durante l'estate, al centro di un festival mondiale di jazz; ad idearlo e organizzarlo è Paolo Fresu, trombettista di fama internazionale nato proprio a Berchidda. 

In questo libro Antonio Casu che si definisce uno del "popolo del jazz", discendente del grande Pietro Casu, studioso di lingua sarda del paese di Berchidda, racconta lungo i giorni di una settimana, le emozioni suscitate dalla musica e dagli eventi del festival. 

Ma non solo. Grazie a Geremia, un anziano del paese, recupera tradizioni, proverbi e poesie estemporanee che la lingua sarda preserva grazie alla memoria della sua gente.

La Sardegna è una macchia di scrittura nel Mediterraneo. Un segno stratificato nei millenni che sa di oralità e di rito. Un racconto atavico e popolare che permea la storia e vive nel contemporaneo metabolizzando il pensiero e rendendolo suono. Dovessimo individuare una relazione tra il jazz e la narrazione non scritta questa andrebbe cercata nel suono che penetra e pervade il presente tessendo i linguaggi attraverso la parola.  Quella dei poeti improvvisatori che si ritrovano annualmente a Santa Caderina per la tradizionale gara ferragostana e quella dei crooner americani che si esibiscono, dal lontano 1988, sul palco di Piazza del Popolo e nei luoghi più emozionanti della Gallura e del Logudoro.

"Sera" è il primo singolo tratto dal prossimo album per pianoforte solo di Bill Laurance

"Sera" è il primo singolo tratto dal prossimo album per pianoforte solo di Bill Laurance, "Lumen", in uscita su ACT Music. L'album completo "Lumen" uscirà il 26 settembre.

Non capita spesso di trovarsi a registrare da soli in una chiesa alle 3 del mattino. Non sono religioso, ma ho provato qualcosa di unico suonando durante la notte mentre le strade intorno a me dormivano. Era come se la musica mi dicesse cosa suonare e io fossi il passeggero.

Lumen è nato da una varietà di semi compositivi: da canzoni composte in modo completo che rimangono fedeli alla partitura, lasciando poco spazio alla libertà, a improvvisazioni aperte registrate sul momento senza nulla di pre-definito. È nello spazio tra composizione e improvvisazione che avviene la magia e dove, se i musicisti sono disposti, la musica può condurre.

Ho registrato giorno e notte su un pianoforte a coda Yamaha e su un pianoforte verticale in feltro. Mi sembrava una sorta di ritiro solitario: seduto in un edificio di fede per tutta la notte, scavavo sempre più a fondo nella musica. Quando alla fine sono riemerso, ho sentito profondamente che era stata la musica a guidarmi, piuttosto che il contrario.

Gran galà del jazz a Genova

Una serata all’insegna della grande musica, della passione e dell’improvvisazione più autentica. 

Domenica 27 luglio alle 21.30 la Piazza delle Feste del Porto Antico di Genova ospita il Gran galà del jazz, promosso da Fondazione Carige, che riunisce sullo stesso palco quattro stelle internazionali della musica: John Patitucci, Joey Calderazzo, Dado Moroni e Christian Meyer.

Patitucci, considerato tra i più influenti bassisti contemporanei, è noto per le sue collaborazioni con Chick Corea, Wayne Shorter, Herbie Hancock e Sting. 

Vincitore di due Grammy Awards e più volte nominato per il prestigioso riconoscimento, è celebre per il suo approccio innovativo al basso elettrico e acustico, che fonde tradizione jazzistica, groove moderno e sperimentazione armonica. 

Al suo fianco ci sarà Joey Calderazzo, uno dei pianisti più raffinati del panorama jazz statunitense, storico collaboratore di Michael Brecker e membro per oltre due decenni del quartetto di Branford Marsalis. 

Accanto a loro due italiani: Dado Moroni, artista dalla carriera internazionale che lo ha visto calcare i palcoscenici di tutto il mondo suonando con leggende come Ron Carter, Ray Brown e Clark Terry e Christian Meyer, batterista versatile noto tanto per la sua lunga militanza in Elio e le Storie Tese quanto per una carriera jazzistica ricca di collaborazioni di prestigio.

Avishai Cohen Quartet a Sant’Elpidio a Mare

Giovedì 31 luglio ore 21.15 in Piazza Matteotti di Sant'Elpidio a Mare per Sant'Elpidio Jazz festival concerto del quartetto del trombettista Avishai Cohen.

Formatosi fra le orchestre dirette da Zubin Mehta e Kent Nagano e la scena dell’avanguardia della Grande Mela, il trombettista israeliano d’origine naturalizzato americano Avishai Cohen è uno dei jazzisti più influenti e visionari della nuova generazione. 

La rivista americana specializzata JazzTimes di lui ha scritto che «Come [Miles] Davis, Cohen può trasformare la sua tromba in un grido struggente di umanità». 

Riconosciuto come musicista dal suono personalissimo e dalla spiccata indole per la ricerca, esecutore creativo e compositore aperto alle diverse esperienze del jazz, Avishai Cohen, oltre all’apprezzato lavoro degli ultimi anni con il suo quartetto ha registrato e suonato in tournèe con Mark Turner, con il collettivo del SFJazz Center di San Francisco, con Zakir Hussain, e con il sestetto 3 Cohens con la sorella Anat a clarinetto e sax e il fratello Yuval al sassofono. 

Il nuovo album Ashes to Gold, del 2024, è un’esplorazione profondamente introspettiva e sfaccettata che conferma quell’abilità unica dell’artista nel miscelare bellezza lirica e brillantezza tecnica e ne rafforza la reputazione di innovatore del jazz contemporaneo.

La formazione è composta da Avishai Cohen tromba, Yonathan Avishai piano, Barak Mori contrabbasso, Ziv Ravitz batteria

Samara Joy - Live at Philharmonie de Paris 2025

Ecco il video del concerto di Samara Joy trasmesso live da Parigi, nella celebre Grande Salle Pierre Boulez della Philharmonie de Paris, lo scorso 15 marzo. 

Samara Joy McLendon arriva a Parigi con un bagaglio di successi che ha pochi eguali nella storia recente del jazz. 

Con un impressionante record di cinque Grammy vinti su cinque nomination, Joy rappresenta il volto nuovo e fresco del jazz contemporaneo, capace di coniugare tradizione e innovazione con una naturalezza disarmante. 

Sul palco parigino, la sua interpretazione diventa quasi cinematica: inquadra i dettagli della sala, mostra le sue emozioni, trasmette un’intimità sorprendente in un contesto così prestigioso.

Il concerto propone brani classici del jazz reinterpretati con freschezza: standards senza tempo prendono nuove forme, grazie all’arrangiamento delicato e al riverbero della Philharmonie. Ogni nota sembra sospesa, ogni frase vocale costruita per raccontare una storia diversa, anche all’interno di un medley. Il risultato è una performance che emoziona sia l’appassionato sia chi si avvicina per la prima volta a questo repertorio.

Johnny Hodges: 118 anni dalla nascita del "Rabbit"

Dontworry, CC BY-SA 2.5

Il 25 luglio 1907, esattamente 118 anni fa, nasceva a Cambridge, Massachusetts, John Cornelius Hodges, destinato a diventare uno dei sassofonisti più influenti e amati della storia del jazz. 

Johnny Hodges è stato descritto come un sassofonista che riusciva a ottenere dal suo strumento un suono più bello di qualsiasi altro, ed è difficile contestare questo giudizio.

Conosciuto affettuosamente con i soprannomi di "Rabbit" e "Jeep", Hodges sarebbe diventato il sassofonista di riferimento per Duke Ellington, forgiando un partnership artistica che avrebbe definito il suono del jazz per decenni.

Fin da piccolo fu autodidatta su batteria e pianoforte, suonando quest'ultimo ai balli. Quando aveva 14 anni, Hodges iniziò a suonare il sassofono soprano. La sua formazione fu quasi completamente autodidatta, eccetto alcune lezioni, che evidentemente ebbero un ottimo risultato, con Sidney Bechet per il sassofono soprano.

All'epoca l'unico sassofonista jazz significativo era Sidney Bechet, il maestro del soprano, che divenne una delle poche influenze dirette di Hodges nel suo percorso di crescita musicale.

Johnny Hodges fu il principale solista dell'orchestra di Duke Ellington nella quale suonò dal 1928, diventando il lead alto nella sezione dei sassofoni per molti anni. Questa collaborazione, durata quasi quarant'anni con una breve interruzione, rappresenta una delle partnership più durature e fruttuose nella storia del jazz.

Durante i suoi quasi quarant'anni con la band, Hodges perfezionò il suo stile morbido e vellutato su brani come "Passion Flower," "Lush Life," e "Prelude to a Kiss." Eseguì anche blues e pezzi up-tempo, inclusi "Jeep's Blues" e "Hodge-Podge".

Tra i maggiori solisti e sassofonisti di jazz, sviluppò uno stile originale, nato dal blues, fortemente lirico, caratterizzato dall'uso del glissando. Hodges suonava con considerevole autorità quando era con una band. Possedeva anche una padronanza tecnica del suo strumento e uno stile individualistico. Il suo uso del vibrato era unico nel suo genere.

Il suo tono puro sul sassofono contralto era il suo biglietto da visita, e lo utilizzava sia su ballate romantiche e lussureggianti che su brani più blues che mantenevano la band radicata nella musica delle sale da ballo, anche mentre Ellington si sforzava di produrre opere sinfoniche del più alto livello in un idioma americano.

Keith Jarrett – At The Deer Head Inn: The Complete Recordings

Trentadue anni dopo la sua prima pubblicazione, ECM ci regala finalmente la documentazione completa di una serata leggendaria: il concerto di Keith Jarrett al Deer Head Inn del 16 settembre 1992, ora raccolto nel cofanetto in vinile "At The Deer Head Inn – The Complete Recordings" (4LP, ECM, 2025).

Il Deer Head Inn rappresentava per Jarrett una sorta di "homecoming" - fu proprio in questo piccolo club delle montagne Pocono, vicino alla sua città natale in Pennsylvania, che il pianista aveva guidato il suo primo trio all'età di circa 16 anni. 

Situato nella regione del Delaware Water Gap in Pennsylvania, il locale presenta musica dal vivo ininterrottamente dal 1950, rendendolo uno dei più antichi jazz club degli Stati Uniti.

La performance originale, registrata con Gary Peacock al contrabbasso e Paul Motian alla batteria, aveva già dato vita nel 1994 al celebrato album "At The Deer Head Inn", contenente una selezione di sette brani del concerto. Nel novembre 2024, ECM aveva pubblicato "The Old Country: More From The Deer Head Inn", completando il quadro con il materiale rimasto inedito per oltre tre decenni.

Ora, nel 2025, questa performance ispirata viene riproposta nel cofanetto in vinile "At The Deer Head Inn – The Complete Recordings", distribuito su 4 LP in due copertine gatefold con tip-on racchiuse in un elegante slipcase deluxe, e disponibile per la prima volta su vinile in edizione limitata senza ristampe future.

Come ha dichiarato lo stesso Keith Jarrett: "Penso che in questa registrazione si possa sentire di cosa si tratta quando parliamo di jazz" - parole che catturano perfettamente lo spirito di questa performance intima e spontanea.

La critica dell'epoca non tardò a riconoscere la qualità eccezionale della registrazione: Stereophile nel 1994 scrisse che "la musica ha lo slancio e il lirismo senza compromessi del miglior lavoro di Keith Jarrett", mentre Gramophone parlò di un'esecuzione "incantevole".

Matthew Shipp – The Cosmic Piano

Con The Cosmic Piano, Matthew Shipp ci conduce ancora una volta nel suo universo sonoro inconfondibile, fatto di tensioni magnetiche, silenzi eloquenti e improvvise esplosioni di luce. 

Il pianista newyorkese, figura cardine del jazz d’avanguardia contemporaneo, firma un disco che sembra voler esplorare le profondità del cosmo e dell’interiorità in un unico, affascinante respiro.

Il titolo non è un vezzo: il pianoforte di Shipp diventa davvero uno strumento cosmico, capace di disegnare orbite invisibili e traiettorie imprevedibili. Le sue note si rincorrono, si scontrano, si abbracciano in un dialogo continuo tra logica e mistero. 

La musica non procede mai in linea retta: è un fluire libero, spesso astratto, ma sempre intenso e vibrante. Ogni brano sembra nascere da un gesto spontaneo, ma nasconde un’architettura complessa, dove intuizione e riflessione convivono in equilibrio instabile.

In questo lavoro, Shipp si muove in completa solitudine, ma la sua solitudine è popolata: da reminiscenze monkiane, da fantasmi del free jazz, da echi di musica colta contemporanea e da quel senso spirituale che attraversa tutta la sua discografia. Il pianoforte diventa medium, antenna, corpo risonante di un pensiero musicale radicale ma mai freddo.

Spirale - Spirale 50th

Siamo nei primi anni ‘70, cinque diciottenni di Roma iniziano a sperimentare nuove forme sonore, cercando di coniugare le loro aspirazioni jazzistiche con l’estetica del progressive rock inglese nel quale si sono formati.

Iniziano così a proporre questa diversa contaminazione musicale, partecipando a numerosi concerti nei club, nelle scuole, nelle manifestazioni di piazza… nasce il gruppo Spirale, che è composto da Gaetano Delfini alla tromba, Giancarlo Maurino ai sassofoni, Michele Ascolese alla chitarra (sostituito poi da Corrado Nofri al piano), Peppe Caporello al contrabbasso e Giampaolo Ascolese alla batteria.

Tutto ciò non è un percorso semplice, poiché per proporre e sostenere in quegli anni, in Italia, un gruppo di progressive jazz ci vuole un certo coraggio: sia dal punto di vista musicale, ma soprattutto da quello commerciale. 

Il successo di Spirale nasce così da un’intuizione di Mario Schiano, padre del free jazz italiano, che sorregge e promuove il gruppo, permettendogli di registrare il loro primo album (L.P. vinile), che diventa subito un importante riferimento nel panorama jazzistico nazionale poiché propone una musica del tutto nuova e particolare, che strizza l’occhio al progressive jazz anglosassone e alle nuove tendenze del jazz americano, ma anche alla rivisitazione di materiale sonoro che si rifà alle tradizioni popolari italiane ed africane.

Ancora oggi, dopo 50 anni, questo vinile è ricercatissimo dai cultori del genere e ha raggiunto sul mercato un valore altissimo. In seguito al successo dell’album, Spirale partecipa a decine di festival, suonando in centinaia di concerti, sia a proprio nome sia come supporto al suo mentore, Mario Schiano, con cui partecipa all’epica edizione di Umbria Jazz del 1975, diventando nella seconda metà degli anni 70 uno dei più importanti gruppi musicali italiani.

Auguri a Brian Blade

Dbeck03, CC BY-SA 4.0

Oggi Brian Blade celebra il suo 55° compleanno, confermandosi come uno dei batteristi più influenti e rispettati del panorama jazz contemporaneo. 

Nato il 25 luglio 1970 a Shreveport, Louisiana, Blade rappresenta una figura unica nel jazz moderno, capace di fondere la tradizione gospel delle sue origini con un approccio innovativo e profondamente lirico alla batteria.

Figlio di Brady L. Blade, pastore di Shreveport per 22 anni, Brian ha i primi contatti con la musica tramite il gospel. La sua formazione musicale inizia in modo particolare: all'età di nove anni inizia lo studio del violino che però lascia in favore della batteria, influenzato dal fratello maggiore Brady Blade Jr., anch'egli batterista.

Fu allievo di Dorsey Summerfield Jr. durante le high school, periodo nel quale inizia ad ascoltare e ad appassionarsi al jazz. Arrivato ai 18 anni, Blade si trasferisce a New Orleans per approfondire i suoi studi musicali, immergendosi nella ricca tradizione jazzistica della città.

La carriera di Blade decolla nei primi anni '90 quando entra a far parte del rinomato quartetto del sassofonista Wayne Shorter. Wayne Shorter non si riposò mai sugli allori suoi o di chiunque altro, così quando all'inizio di questo secolo convocò il suo grande quartetto della fase finale con il pianista Danilo Pérez, il bassista John Patitucci e il batterista Brian Blade, diede vita a una delle formazioni più innovative del jazz contemporaneo.

Il suo talento eccezionale lo ha reso uno dei sideman più ricercati della scena internazionale, collaborando con artisti del calibro di Joni Mitchell, Bob Dylan, Emmylou Harris, Daniel Lanois e molti altri, sia nel jazz che in altri generi musicali.

Il tour italiano di Joey Calderazzo

È uno dei pianisti più influenti della sua generazione, il newyorkese Joey Calderazzo che sarà in Italia per 4 date in piano solo.

Nato il 27 febbraio 1965 a New Rochelle, New York, Joey Calderazzo è cresciuto in una famiglia musicale ed ha iniziato a studiare pianoforte classico all'età di otto anni. Durante l'adolescenza, ha sviluppato un interesse per il jazz, influenzato da artisti come Oscar Peterson, Chick Corea, Herbie Hancock e McCoy Tyner. 

Nel 1987, Calderazzo è entrato a far parte del quintetto di Michael Brecker, grazie a un incontro avvenuto durante una clinica musicale. Questa collaborazione ha segnato l'inizio della sua carriera professionale nel jazz. 

Successivamente, ha lavorato con numerosi artisti di spicco, tra cui Bob Belden, Bob Mintzer, John Blake, Dave Stryker, Arturo Sandoval, George Garzone, Cæcilie Norby, Chris Minh Doky, Vincent Herring, Terumasa Hino e Jeff "Tain" Watts. Nel 1998, dopo la scomparsa di Kenny Kirkland, Calderazzo ha assunto il ruolo di pianista nel quartetto di Branford Marsalis, consolidando ulteriormente la sua reputazione nel panorama jazzistico internazionale. 

Oltre alle collaborazioni, Calderazzo ha intrapreso una carriera solista prolifica, pubblicando diversi album come leader. Il suo debutto discografico, "In the Door", è stato prodotto da Michael Brecker e ha visto la partecipazione di musicisti del calibro di Jerry Bergonzi e Branford Marsalis. Altri lavori degni di nota includono "To Know One" (1991), "The Traveler" (1993), "Secrets" (1995) e "Haiku" (2004), quest'ultimo caratterizzato da performance di pianoforte solo che mettono in luce la sua profondità espressiva. 

Addio a Chuck Mangione

John Mathew Smith
CC BY‑SA 2.0

Il mondo del jazz piange la scomparsa di Chuck Mangione, il leggendario flicornista e compositore americano che è morto pacificamente nel sonno nella sua casa di Rochester, New York, il 22 luglio 2025, all'età di 84 anni.

Charles Frank Mangione, nato a Rochester il 29 novembre 1940 da genitori siciliani, ha trasformato il flicorno da strumento di nicchia a simbolo del jazz melodico contemporaneo. La sua musica, caratterizzata da melodie avvolgenti e arrangiamenti sofisticati, ha saputo costruire ponti tra il jazz tradizionale e il grande pubblico, creando un sound inconfondibile che ha definito un'epoca.

Il suo brano più celebre, "Feels So Good" del 1977, non è stato solo un successo commerciale straordinario, ma è diventato un vero e proprio inno generazionale. Quella melodia dolce e malinconica, suonata con il suo caratteristico flicorno, ha accompagnato momenti di vita di milioni di persone in tutto il mondo, diventando colonna sonora di un'America che sognava e che credeva nella bellezza della musica.

La carriera di Mangione ha attraversato sei decenni di evoluzione musicale. Dai primi passi negli anni '60 con il fratello Gap nel quintetto The Jazz Brothers, fino alla maturità artistica degli anni '70 e '80, Chuck ha sempre mantenuto una coerenza stilistica che lo ha reso immediatamente riconoscibile. Le sue composizioni, spesso strumentali, hanno dimostrato che la musica può comunicare emozioni profonde senza bisogno di parole.

Non è stato solo un interprete, ma un vero compositore, capace di creare atmosfere uniche che mescolavano jazz, pop e influenze classiche. I suoi concerti erano eventi memorabili, dove la spontaneità del jazz si fondeva con la precisione di arrangiamenti elaborati, sempre al servizio della melodia.

Le radici siciliane di Chuck Mangione non sono mai state un dettaglio biografico marginale. La madre, originaria di Serradifalco, e il padre siciliano hanno trasmesso al musicista quella sensibilità melodica mediterranea che si ritrova in molte delle sue composizioni. C'è qualcosa di profondamente italiano nella sua musica: la capacità di trasformare la tecnica in emozione, di rendere complesso ciò che appare semplice.

Alec Wilder in Jazz (playlist)

Quando si parla di grandi compositori di standard jazz, i nomi che vengono subito alla mente sono quelli di George Gershwin, Cole Porter, Irving Berlin o Jerome Kern. Tuttavia, c'è una figura meno conosciuta dal grande pubblico ma venerata dai musicisti: Alec Wilder (1907-1980), un compositore dalla personalità eccentrica e dal talento straordinario che ha saputo costruire ponti tra il jazz, la musica classica e la canzone popolare americana.

Alexander Lafayette Chew Wilder nasce a Rochester, New York, in una famiglia benestante dell'alta borghesia. La sua formazione musicale riflette fin da subito un'indole anticonformista: rifiuta le convenzioni accademiche, studia composizione da autodidatta e sviluppa uno stile personalissimo che sfugge alle classificazioni tradizionali. 

Questa indipendenza intellettuale si manifesta anche nella sua vita privata: per decenni vive in alberghi, evitando legami fissi e mantenendo una libertà che considera essenziale per la sua creatività.

A differenza dei suoi contemporanei di Tin Pan Alley, Wilder non scrive per Broadway o Hollywood. La sua produzione nasce da una necessità espressiva personale, lontana dalle logiche commerciali dell'industria dello spettacolo. Questa scelta lo porta a sviluppare un linguaggio musicale unico, caratterizzato da una sofisticazione armonica che non sacrifica mai l'immediatezza melodica.

Il rapporto di Wilder con il jazz non è quello del compositore "colto" che si avvicina a un genere popolare per sperimentazione. Per lui, il jazz rappresenta un linguaggio naturale, una forma espressiva che gli permette di comunicare emozioni complesse attraverso strutture musicali al tempo stesso accessibili e raffinate.

Le sue composizioni jazz nascono spesso dalla collaborazione diretta con i grandi interpreti dell'epoca. 

Dave Douglas - Alloy

In una nuova importante affermazione compositiva, il trombettista Dave Douglas torna con Alloy, insieme a due giovani e promettenti trombettisti: Alexandra Ridout, originaria del Regno Unito e ora residente a New York, e Dave Adewumi, originario del New Hampshire e attualmente nel vivo della scena musicale improvvisata contemporanea newyorkese. 

Ben lungi dall'essere una sessione di tromba a tutto volume, questa è un'uscita calda e lirica, con composizioni originali che mettono in risalto le molteplici e ricche sfumature degli ottoni, oltre a una band stellare di improvvisatori riunita per la prima volta qui. 

Con l'obiettivo di riunire i musicisti in una comunità, la scrittura presenta ognuno come un tutt'uno organico e parla del nostro bisogno di vivere e respirare insieme come un'unità. Di essere coesi e coesistere.

La rinomata vibrafonista Patricia Brennan è a bordo, aggiungendo atmosfere superbe al processo. Originaria di Perth, in Australia, la bassista Kate Pass è una nuova scoperta in questi circoli. Il collaboratore di lunga data di Douglas e collega di Frisell, Rudy Royston, porta alla sessione la sua batteria incalzante e cinematografica. Registrato il 19 gennaio 2025 a New York, Alloy apre un capitolo completamente nuovo per Douglas e il team.

In metallurgia, una lega è una miscela di elementi per creare una sostanza nuova e più forte. Una lega unisce particelle disparate in un'espressione unificata, più forte delle sue singole parti.

Questa lega è il suono di tre trombe insieme. Ogni suono è personale, ogni tono unico. Si intreccia perfettamente nell'arazzo della band. Alloy è l'alchimia di voci contrastanti che creano una nuova anatomia.

Il primo singolo degli Alloy, "Standing Watch", è una dichiarazione di cautela, con una fede incrollabile nella nostra capacità di farcela. Un'ode al lavoro di squadra, "Standing Watch" vede tutti coinvolti: i trombettisti inizialmente suonano insieme e poi ognuno esegue un assolo su questo blues, seguito da una brillante interpretazione di Patricia Brennan. Dediti e con l'impegno di essere testimoni, oltre a divertirsi nel farlo. "Standing Watch" esce il 23 luglio.

The Dreamworld of Paul Motian - Anat Fort

Paul Motian è stato uno dei più influenti visionari musicali del nostro tempo, un batterista che ha rivoluzionato l'approccio alle percussioni e alla composizione. 

Sebbene sia scomparso quasi 14 anni fa, la sua eredità continua a influenzare le nuove generazioni attraverso la sua concezione liberatoria della batteria e le sue melodie dal sapore folk.

La pianista Anat Fort ha scoperto il genio di Motian attraverso le registrazioni del leggendario Bill Evans Trio, rimanendo immediatamente affascinata dal suo approccio musicale innovativo. 

Trasferitasi a New York City, Fort non perdeva occasione di assistere ai concerti di Motian, fino a quando non iniziò a collaborare con Ed Schuller, bassista e storico collaboratore di Motian. 

Il primo incontro musicale tra Fort e Motian si concretizzò nell'album del 2007 "A Long Story". L'entusiasmo di Motian per quella musica lo portò a proporre la pubblicazione per ECM Records, dando inizio a una collaborazione artistica che si protrasse fino all'ultimo concerto del batterista, che si esibì proprio con un gruppo guidato da Fort al Cornelia St. Café.

Fort aveva da tempo il desiderio di realizzare un album dedicato alle composizioni di Motian. Dopo aver studiato approfonditamente la sua musica attraverso i volumi "The Compositions of Paul Motian", compilati da Cynthia McGuirl, si rese conto che il progetto richiedeva una formazione più ampia del semplice trio pianistico.

Considerando la musica di Motian intrinsecamente legata alla chitarra, Fort coinvolse Steve Cardenas, chitarrista e veterano delle formazioni di Motian, che si rivelò fondamentale nella selezione dei brani e nella supervisione del missaggio e mastering.

Lôro Malandro - Enrumbado

Prodotto da Dodicilune, distribuito in Italia e all’estero da IRD e nei principali store online da BELIEVE DIGITAL, mercoledì 23 luglio 2025 esce “Enrumbado“, il nuovo CD del duo composto dal fisarmonicista siciliano di adozione marchigiana Antonino De Luca e dal sassofonista marchigiano Leonardo Rosselli con la speciale partecipazione del grande flautista spagnolo Jorge Pardo, considerato tra i grandi innovatori della musica contemporanea per la sua capacità di fondere jazz e flamenco e per le sue prestigiose collaborazioni con Paco de Lucía, 

Camarón de la Isla e Chick Corea (con cui vince un Grammy nel 2020). Un progetto o riginale - dedicato alla figura del polistrumentista e compositore brasiliano Egberto Gismonti - che esplora l’incontro tra la cultura flamenca, la cultura brasiliana, il mondo della sperimentazione elettronica e della musica concreta.

“Fare in modo che la musica popolare smetta di suonare uguale e passi dall'artigianato all'arte è una sfida che mi ha sempre affascinato. Forse perché sono immerso nel Flamenco, che fa di questo sentimento la sua religione, incontro sempre artisti, musicisti e altri appassionati che manifestano questo sentimento. Ecco cosa penso del fare musica con Nino in generale e di questa registrazione in particolare.”

Elsewhere un singolo tratto dall'album Openness Trio

“Elsewhere”, è brano tratto dall’album Openness Trio, pubblicato solo pochi giorni fa, lo scorso 21 luglio

Pubblicato da Blue Note Records, Openness Trio è l’album che sancisce l’incontro creativo tra tre personalità affini e visionarie: Nate Mercereau alla chitarra e sound design, Josh Johnson alla batteria e Carlos Niño alle percussioni. Tre voci distinte che si fondono in un’esperienza sonora fluida, contemplativa e fortemente improvvisata.

L’album, come suggerisce il titolo, è un inno all’apertura: apertura al momento, all’ascolto reciproco, alla trasformazione continua del suono. Tra ambienti rarefatti, ritmi organici e passaggi quasi meditativi, Openness Trio si pone al confine tra jazz sperimentale, ambient e spiritual music.

Registrato dal vivo in studio, senza overdub, ogni brano è un atto di creazione istantanea. Un viaggio musicale che invita chi ascolta a lasciarsi andare, a esplorare un “altrove” sonoro dove le etichette si dissolvono e resta solo l’esperienza pura.

Un disco ideale per chi ama il jazz che si reinventa, e per chi cerca nella musica un momento di presenza profonda e silenziosa meraviglia.

Joe Lovano celebra John Coltrane: in arrivo un tour tributo nel 2026

Nel 2026 ricorrerà il centenario della nascita di John Coltrane, uno dei più grandi visionari della storia del jazz. 

Per l’occasione, Joe Lovano, sassofonista tra i più profondi e rispettati del panorama contemporaneo, ha annunciato un tour tributo internazionale intitolato "Coltrane 100: Both Directions at Once". Un progetto ambizioso, spirituale e creativo che si propone di omaggiare l’eredità coltraniana non con la nostalgia, ma con uno sguardo vivo, personale e attuale.

Il titolo del tour, Both Directions at Once, è un riferimento diretto al celebre album postumo di Coltrane pubblicato nel 2018, ma anche a quella tensione costante del sassofonista tra tradizione e sperimentazione, tra linguaggio formale e trascendenza. Lovano, che da sempre riconosce Coltrane come una delle sue principali fonti d’ispirazione, raccoglie questa eredità con rispetto ma senza imitazione, scegliendo piuttosto di reinterpretarla attraverso il filtro della propria sensibilità musicale.

Per questa avventura Lovano sarà accompagnato da una formazione di altissimo livello: Melissa Aldana al sax tenore, astro emergente del jazz internazionale; Nduduzo Makhathini, pianista sudafricano che unisce spiritualità e lirismo; Matthew Garrison, figlio d’arte e innovatore del basso elettrico; e Jeff "Tain" Watts, batterista esplosivo e profondamente radicato nella tradizione afroamericana. Insieme, daranno vita a una lettura collettiva dell’universo coltraniano, attraversando brani storici, riletture e nuove composizioni ispirate al suo linguaggio.

Sotto Le Stelle Del Jazz a Laterza

Torna a  Laterza il festival “Sotto le Stelle del Jazz”, e quest’anno lo fa con un tema che è più di un titolo: “Genealogie”. Un invito a riscoprire le radici, le influenze e le eredità musicali che attraversano generazioni di artisti e ascoltatori.

Tre serate straordinarie ci attendono sotto il cielo di Laterza con artisti nazionali e internazionali del panorama jazz: si comincia il 31 luglio con l’Eternal Love del Maestro Roberto Ottaviano che capitanerà un quintetto eccezionale per un omaggio alla musica africana; il 4 agosto, invece, sarà la volta della stella del jazz italiano, il trombettista Fabrizio Bosso, accompagnato al piano da Julian Oliver Mazzariello, in un emozionante tributo alla musica di Pino Daniele. 

La rassegna si concluderà, con un progetto inedito del direttore artistico, Michele Sannelli, e Andrea Dulbecco che, con la straordinaria sezione ritmica affidata al grande Dario Deidda e a Nicola Angelucci, renderanno omaggio alla musica di Chick Corea.

“Sotto le Stelle del Jazz” non è solo un insieme di eventi musicali, è la sfida che una “periferia dell’impero” pone a quanti, con un fatalismo senza speranza, la immaginano condannata alla marginalità culturale e pertanto rassegnata e incapace di realizzare progetti attrattivi.

Enrico Pieranunzi plays J.S. Bach a Udine

Un pianoforte, tre giganti della musica nati nello stesso anno e l’eleganza senza tempo di Enrico Pieranunzi

Giovedì 24 luglio alle ore 21, nella suggestiva cornice di Corte Morpurgo a Udine, More Than Jazz presenta “1685 – Enrico Pieranunzi plays J.S. Bach, Handel, D. Scarlatti”, un concerto che fonde profondità classica e sensibilità jazzistica in un’esperienza musicale unica. In caso di maltempo, l’evento si terrà allo Spazio Venezia (via Stuparich 8, Udine).

Il 1685 fu l’anno che vide nascere tre compositori destinati a cambiare per sempre la storia della musica: Johann Sebastian Bach, Georg Friedrich Handel e Domenico Scarlatti. A questi tre straordinari protagonisti è dedicato il progetto del pianista romano, tra i più raffinati interpreti della scena europea, capace di muoversi con naturalezza tra la musica scritta e l’improvvisazione, tra il rigore della forma e la libertà dell’invenzione.

Ma “1685” non è un’operazione di rilettura jazzistica né un esercizio di stile: Pieranunzi evita sia l’ibridazione forzata sia la retorica della “nobilitazione” del jazz. Il suo è piuttosto un incontro tra due mondi che dialogano in profondità, rispettandosi e arricchendosi a vicenda. Le architetture sonore di Bach, la teatralità di Handel, la leggerezza brillante di Scarlatti si rifrangono nel pianismo sofisticato e poetico di Pieranunzi, che restituisce l’essenza della loro musica attraverso il filtro del proprio linguaggio personale.

Un ricordo di Steve Lacy nel giorno del suo compleanno

NEPM – New England Public Media

Oggi ricordiamo uno dei più rivoluzionari e influenti sassofonisti della storia del jazz: Steve Lacy, nato Steven Norman Lackritz il 23 luglio 1934 a New York. Un musicista che ha trasformato completamente il ruolo del sassofono soprano nel panorama jazzistico contemporaneo.

Se Steve Lacy fosse ancora con noi, oggi compirebbe 91 anni. Il musicista, scomparso il 4 giugno 2004 a Boston, iniziò la sua straordinaria avventura musicale a soli sedici anni suonando jazz tradizionale con Henry "Red" Allen, Pee Wee Russell, Pops Foster, Zutty Singleton e successivamente con jazzisti di Kansas City come Buck Clayton, Dicky Wells, e Jimmy Rushing.

Questi primi anni furono fondamentali per la sua formazione, ma fu la sua visione rivoluzionaria del sassofono soprano a distinguerlo nel panorama musicale degli anni '50. In pratica uno strumento inesplorato, anch'esso fuori dal ciclone bop e limitato al fenomeno dixieland. Tutto questo più o meno fino al 1958, anno di pubblicazione di Soprano Sax, primo album solista di Steve Lacy pubblicato dalla Prestige.

Thelonious Monk è stato per Lacy un maestro, non solo in senso musicale, ma anche spirituale e artistico. La loro collaborazione rappresenta uno dei momenti più alti della storia del jazz moderno. La maggior parte della sua carriera l'ha passata con Thelonious Monk: con lui incise il primo album (1958). Per breve tempo suonò nella band di Monk nel 1960 e successivamente suonò nella "Monk Big Band", dal 1963.

Il rapporto con Monk fu così profondo che i Brani di Monk diventarono un elemento permanente del suo repertorio. La dedizione di Lacy alle composizioni di Monk non si limitò a un semplice omaggio: rappresentò una vera e propria missione artistica di preservazione e reinterpretazione dell'eredità musicale del grande pianista.

We Insist! Freedom Now Suite: quando il jazz divenne protesta

Nel panorama del jazz degli anni Sessanta, pochi album hanno rappresentato una fusione così potente tra arte e attivismo politico come "We Insist! Max Roach's Freedom Now Suite", pubblicato dalla Candid Records nel 1960. 

Quest'opera rappresenta molto più di una semplice registrazione musicale: è un documento storico che cristallizza un momento cruciale della lotta per i diritti civili negli Stati Uniti.

L'album vede la luce in un periodo di fermento sociale senza precedenti. Il 1960 è l'anno dei sit-in studenteschi, che iniziano il 1° febbraio a Greensboro, North Carolina, quando quattro studenti afroamericani del North Carolina A&T decidono di sedersi al banco riservato ai bianchi di un Woolworth's. Questi atti di disobbedienza civile si diffondono rapidamente in tutto il Sud, coinvolgendo migliaia di giovani attivisti.

È anche l'anno in cui nasce lo Student Nonviolent Coordinating Committee (SNCC), organizzazione che diventerà centrale nel movimento per i diritti civili. Il clima sociale è incandescente: da un lato cresce la pressione per l'uguaglianza razziale, dall'altro si intensifica la resistenza segregazionista, culminata in episodi di violenza che scuotono la coscienza nazionale.

Max Roach, già leggenda del bebop e collaboratore di Charlie Parker e Dizzy Gillespie, si trova in una fase di profonda evoluzione artistica e personale. La sua decisione di creare una suite dedicata alla libertà non nasce dal nulla: Roach ha vissuto direttamente il razzismo sistemico americano, dalle umiliazioni quotidiane alle discriminazioni professionali che limitavano le opportunità per i musicisti afroamericani.

Il batterista aveva iniziato a concepire l'idea dell'album già alla fine degli anni Cinquanta, collaborando con Oscar Brown Jr. per i testi. L'urgenza del messaggio si fa sempre più pressante man mano che gli eventi del movimento per i diritti civili si intensificano.

David Kikoski - Weekend at Smalls

Il jazz newyorchese ha una dimensione molto particolare, fatta di locali storici dove la musica vive e respira ogni sera. Tra questi, il Smalls nel Greenwich Village rappresenta da sempre un punto di riferimento per musicisti e appassionati. 

È proprio in questo tempio del jazz che il pianista David Kikoski ha registrato il suo nuovo album "Weekend at Smalls", in uscita il 26 settembre 2025 per la Cellar Music Group.

David Kikoski non è certo un nome nuovo sulla scena jazzistica. Nominato al Grammy e riconosciuto per il suo approccio post-bop e la sua fluency straight-ahead, il pianista vanta collaborazioni con giganti del calibro di Roy Haynes, Michael e Randy Brecker, e la Mingus Big Band - quest'ultima gli è valsa un Grammy nel 2011 per "Live at the Jazz Standard".

Non è un caso che il compianto Chick Corea abbia detto di lui: "Il brillante suonare di David Kikoski è semplicemente straordinario. Il suo modo di suonare è scintillante". Anche Roy Haynes ha riconosciuto le sue qualità: "Dave ha così tanto feeling. Può suonare qualsiasi cosa. Dipendo da lui per così tante cose".

L'album nasce da due serate live e una sessione del lunedì davanti a un piccolo pubblico, registrate nell'autunno 2024. Kikoski è affiancato dal bassista Joe Martin, dal batterista Billy Hart e dal guest d'onore Randy Brecker alla tromba. Una formazione che, pur non avendo mai suonato insieme come quartetto, ha dimostrato un'alchimia immediata.

"Siamo tutti vecchi amici - musicalmente e personalmente - quindi è sembrato completamente naturale, come indossare un paio di scarpe da ginnastica comode", spiega Kikoski. E si sente: la naturalezza e la complicità traspaiono da ogni traccia dell'album.

Donald Byrd - Stepping Into Tomorrow

Il mondo del vinile si arricchisce di un'altra perla: la celebrata "Stepping Into Tomorrow" di Donald Byrd, originariamente pubblicata nel 1974, è stata ristampata attraverso la serie Classic Vinyl di Blue Note lo scorso 18 luglio.

"Stepping Into Tomorrow" rappresenta un classico jazz-funk bomb del grande Donald Byrd, realizzato in collaborazione con i leggendari Mizell Brothers e featuring un cast stellare che include Gary Bartz al sassofono e Chuck Rainey al basso. 

Questo capolavoro R&B-funk fusion del 1974 fu il terzo album che la leggenda della tromba realizzò con il visionario produttore Larry Mizell, includendo la traccia title e "Think Twice", diventando una pietra miliare per le future generazioni hip-hop.

L'album arriva in un momento cruciale della carriera artistica di Byrd. Il trombettista era in una nuova fase creativa, allontanandosi dal hard bop dei suoi primi anni e collaborando con i Mizell Brothers per pionierizzare il genere jazz-funk, combinando elementi di jazz, funk, soul e R&B. Questo disco, insieme a "Black Byrd", "Street Lady", "Places and Spaces" e "Caricatures", ha ridefinito completamente il sound della Blue Note negli anni '70.

La collaborazione tra Donald Byrd e Larry Mizell rappresenta uno dei sodalizi più innovativi nella storia del jazz. L'approccio utilizzato è molto simile al lavoro della coppia su "Places & Spaces", ma "Stepping Into Tomorrow" spinge ancora più in là i confini sonori, creando quello che oggi riconosciamo come un prototipo perfetto dell'acid jazz e del jazz-funk moderno.

Ferdinando Romano - The Legends Of Otranto

GleAM Records è orgogliosa di annunciare l’uscita di The Legends of Otranto, il nuovo album del bassista e compositore fiorentino Ferdinando Romano, disponibile in formato CD e digital download/streaming dal 11 aprile 2025 e distribuito da IRD International e Galileo Music.

Il disco è una suite in sei movimenti, ispirati a storie e leggende legate alla città di Otranto.

È un racconto musicale di questa magica e antica terra nel profondo sud d’Italia: La Torre del Serpe, Idrusa, La Cava di Bauxite, L’albero della Vita, Le Due Sorelle, Re Artù sono personaggi, luoghi, immagini che prendono gradualmente vita nota dopo nota.

Alcune di queste storie sono radicate nelle vicende storiche che hanno caratterizzato questa zona del Salento, altre tramandate dalla cultura popolare.

Legends of Otranto nasce nel 2023 su commissione dell’AccordionFest Estonia, con l’obiettivo di creare una composizione originale per il repertorio della fisarmonica che potesse unire sonorità della musica contemporanea con l’improvvisazione. La première è stata eseguita nell’Ottobre 2023 a Tallin e trasmessa in diretta dalla Radio Estone.

Dal punto di vista compositivo la musica è molto eterogenea, con una sua cifra caratteristica di difficile definizione che attinge da jazz, musica contemporanea, echi cameristici, sperimentazione, drum’n bass, rock. Ritmi incalzanti e intrecciate poliritmie, sperimentazioni sonore, passaggi atonali e improvvisazioni si alternano a momenti minimalisti e introspettivi. 

James Kaplan - 3 Shades of Blue: Miles Davis, John Coltrane, Bill Evans, and the Lost Empire of Cool (Edizione inglese)

Il mito degli anni '60 si basa sul fatto che gli anni '50 siano stati il "prima" del conformismo, della segregazione, dell'eterosessualità: The Lonely Crowd e The Organization Man. 

Tutto ciò ha un fondo di verità, ma non spiega come, nel 1959, la grande forma d'arte indigena americana, il jazz, abbia raggiunto l'apice del suo potere e della sua popolarità, grazie a una serie di geni neri così leggendari da essere conosciuti con un solo nome: Monk, Mingus, Rollins, Coltrane e, soprattutto, Miles.

Il 1959 vide Miles, Coltrane, Bill Evans e altri riunirsi per registrare quello che è ampiamente considerato il più grande album jazz di tutti i tempi, e certamente il più venduto: Kind of Blue.

3 Shades of Blue è il magnifico resoconto di James Kaplan del percorso dei tre giganti fino alla vetta del 1959 e oltre. È un libro sulla musica, sugli affari, sulla razza, sull'eroina e sulle città che hanno dato casa al jazz, da New Orleans e New York a Kansas City, Filadelfia, Chicago e Los Angeles. 

È una sorprendente meditazione sulla creatività e sulle strane serre che possono produrne la piena fioritura. È un libro sui grandi precursori di quest'età dell'oro, in particolare Charlie Parker e Dizzy Gillespie, e sui rivoluzionari, come Ornette Coleman, che avrebbero portato la musica su strade davvero inedite. E parla del perché il mondo del jazz che la maggior parte delle persone conosce sia un museo dedicato a questo periodo mai replicato. 

Cittadella Jazz 2025

Nove concerti più una parata musicale concentrati in tre giorni che punta al 100% sui migliori talenti del jazz italiano. 

Paolo Jannacci in duo con Daniele Moretto, Fabrizio Bosso con i Blue Moka, il trio di Francesca Tandoi con ospite Gianluca Carollo, l’ensemble di Mauro Ottolini con Vanessa Tagliabue Yorke saranno alcuni dei protagonisti delle tre giornate musicali che inizieranno nel tardo pomeriggio e proseguiranno senza sosta sino a notte fonda in un susseguirsi di esibizioni.

Dal 29 luglio al 31 agosto il Palazzo Pretorio di Cittadella sarà tenuta anche una mostra del fumettista Antonio “Oak” Carrara, rinnovando l’interesse multidisciplinare del festival verso altre forme d’arte permeate dalla passione jazzistica.

Con la direzione artistica di Valerio Galla, Cittadella Jazz è organizzato dall’Associazione Culturale Miles (‘gemellaggio’ organizzativo con la struttura del Padova Jazz Festival), con il contributo del comune di Cittadella e la collaborazione di Pro Cittadella.

Programma:

Venerdì 29 agosto
Piazza Pierobon, ore 19:00 si esibirà Mauro Ottolini & Vanessa Tagliabue in Yorke“Nada Màs Fuerte”. Ingresso libero
Jazz Arena Campo della Marta, ore 21:30 con Blue Moka e Fabrizio Bosso. In caso di maltempo il concerto si terrà al Teatro Sociale
Autostazione, ore 23:30 “Round Midnight”, Pulse! Trio.  Ingresso libero

Kevin Hays Trio a Isola del Gran Sasso

Giovedì 31 luglio ore 21.30, tra le rovine dell’Abbazia di San Giovanni ad Insulama Isola del Gran Sasso d’Italia. concerto del Kevin Hays Trio con Thomas Morgan e Jeff Ballard.

Kevin Hays è un pianista di grande talento con una carriera ricca di collaborazioni con illustri musicisti, iniziando a soli 17 anni con Nick Brignola e proseguendo con nomi come George Coleman, Benny Golson, Roy Haynes, Joe Henderson, Joshua Redman, Sonny Rollins, John Scofield e Al Foster. 

È uno dei protagonisti della scena jazz internazionale, noto per il suo lavoro con artisti come Seamus Blake, Larry Grenadier, Bill Stewart e Chris Potter, tra gli altri. Hays ha un ampio repertorio discografico, con album in trio e piano solo molto apprezzati dalla critica.

Il suo stile unico è caratterizzato da una straordinaria sensibilità armonica e un ritmo efficace, unito a una sonorità brillante e ricercata. La sua tecnica jazzistica eccellente e il suo talento nel creare voicings innovativi lo rendono un maestro nell’elaborazione armonica, capace di costruire suoni ricchi e stratificati che riflettono una profonda espressività artistica.

Ben Webster e Oscar Peterson - NDR Jazz Workshop 1972

Il 14 dicembre 1972, presso lo Studio II di Hannover, Germania, si è tenuto l'84° NDR Jazz Workshop, che ha immortalato un incontro musicale di straordinaria importanza storica. 

Questo evento ha riunito due giganti del jazz nordamericano: il sassofonista tenore Ben Webster e il pianista Oscar Peterson, accompagnati da una sezione ritmica d'eccezione composta da Niels-Henning Ørsted Pedersen al basso e Tony Inzalaco alla batteria.

Ben Webster si era guadagnato il soprannome di "The Brute and The Beautiful" per la sua capacità unica di alternare due stili completamente diversi. Nei brani più veloci, il suo suono era caratterizzato da una ruvidezza gutturale e potente, mentre nelle ballate si trasformava in qualcosa di caldo, morbido e talvolta sussurrato. Questo dualismo rifletteva anche la sua personalità complessa, che poteva oscillare dalla gentilezza più assoluta a comportamenti esplosivi, spesso influenzati dall'alcol.

Oscar Peterson apparteneva alla ristretta cerchia di individualisti del jazz riconoscibili in pochi secondi di ascolto. Sebbene fosse celebre per la sua tecnica mozzafiato, paragonabile solo ad Art Tatum o Martial Solal, la sua vera grandezza risiedeva nel fatto che dietro il virtuosismo si celava un poeta della tastiera, aspetto spesso messo in ombra dalla sua stessa abilità tecnica.

I due musicisti si conoscevano fin dall'inizio degli anni '50, quando Norman Granz li aveva inclusi nel suo pacchetto di all-star del JATP (Jazz at the Philharmonic). La loro collaborazione trasse particolare beneficio dal fatto che Webster non era solo un sassofonista, ma aveva anche competenze pianistiche, essendosi fatto un nome come pianista all'inizio della carriera e padroneggiando l'arte dello stride piano. Questa conoscenza reciproca degli strumenti facilitava enormemente la loro interazione musicale.

Donny McCaslin - Lullaby for the Lost

Il sassofonista Donny McCaslin, divenuto celebre in tutto il mondo per il suo ruolo fondamentale nell'ultimo capolavoro di David Bowie "Blackstar", è pronto a tornare sulle scene con un nuovo progetto discografico che promette di ridefinire ancora una volta i confini tra jazz e rock. 

"Lullaby for the Lost", in uscita il 26 settembre 2025 per Edition Records, rappresenta il quattordicesimo album da leader per il visionario musicista statunitense.

Dopo l'acclamato "I Want More" del 2023, McCaslin abbraccia con ancora maggiore convinzione un'estetica guidata dalle chitarre e influenzata dal rock. 

L'album, composto da nove brani dinamici e emotivamente carichi, testimonia l'evoluzione artistica di un musicista che non smette mai di esplorare territori sonori inesplorati. "L'equilibrio nell'esprimere passione, rabbia e la meraviglia della bellezza, mentre si cerca l'unità con la band, ha portato a questo momento", spiega McCaslin.

Le influenze che permeano il disco spaziano dall'energia primitiva di Neil Young - la cui performance di "Rockin' in the Free World" al Saturday Night Live viene definita da McCaslin "un momento iconico nella storia della musica" - fino al punch industriale dei Nine Inch Nails e al ruggito combattivo dei Rage Against the Machine. Queste contaminazioni si materializzano in brani come il singolo "Wasteland", dove il sassofono di McCaslin raggiunge l'intensità di una voce solista, bruciando nel mix con lo stesso fuoco che aveva caratterizzato il capolavoro finale di Bowie.

Per questo nuovo lavoro, McCaslin si è affidato ai suoi collaboratori di lunga data: Jason Lindner alle tastiere, Tim Lefebvre al basso (che ricopre anche il ruolo di produttore), Jonathan Maron al basso, Zach Danziger e Nate Wood alla batteria, e Ben Monder alla chitarra. La versatilità condivisa e la profonda intesa musicale del gruppo permettono una fusione perfetta tra l'intensità rock grezza e la sofisticatezza esplorativa che caratterizza il sound dell'album.

Eddie Daniels - To Milton With Love

La Resonance Record ha annunciato l'uscita, il prossimo 29 agosto, dell'omaggio del maestro degli strumenti a fiato Eddie Daniels al leggendario musicista e compositore brasiliano Milton Nascimento, dal titolo "To Milton With Love".

Daniels, noto per la sua straordinaria versatilità e per aver collaborato con alcuni dei più grandi nomi del jazz internazionale, ha scelto di dedicare questo lavoro alle composizioni di Milton Nascimento, figura di riferimento della MPB (Música Popular Brasileira) e artista capace di toccare il cuore di generazioni di ascoltatori in tutto il mondo.

"To Milton With Love" nasce dalla profonda ammirazione che Daniels nutre da anni per l'opera del compositore di Minas Gerais. L'album presenta una selezione di brani del repertorio nascimentiano reinterpretati attraverso il clarinetto, strumento che Daniels ha saputo rendere protagonista di numerosi progetti discografici di successo.

Il disco include alcune delle composizioni più celebri e amate di Milton Nascimento, riarrangiate per evidenziare le qualità melodiche e l'intensità emotiva che caratterizzano la scrittura del maestro brasiliano. Daniels ha lavorato con un gruppo di musicisti selezionati per creare un sound che rispetti lo spirito originale dei brani, pur donando loro una nuova veste interpretativa.

L'album si inserisce nella tradizione dei progetti tributo che hanno caratterizzato parte della carriera di Daniels, artista che ha sempre dimostrato grande sensibilità nel rendere omaggio ai compositori che più hanno influenzato il suo percorso musicale.

Celidea e Mattia Parissi - Metamorfosi

Da venerdì 18 luglio è disponibile su tutti gli store digitali il nuovo disco di Celidea e Mattia Parissi dal titolo Metamorfosi pubblicato su etichetta Halidon.

La produzione di Metamorfosi, a cura di Caprioni Edizioni, è il premio per la vittoria della prima edizione di Abbazie Jazz Contest, ottenuta da parte del duo.

Abbazie Jazz Contest è un format dedicato alla valorizzazione della creatività emergente per le formazioni dal duo al quartetto di musicisti under 35. I finalisti si esibiscono live in forma di concerto all’interno di Abbazie Jazz Festival presentando un repertorio libero di 30 minuti con almeno una composizione originale eseguita in prima nazionale.

La cantautrice Valeria Mancini, in arte Celidea, ed il pianista Mattia Parissi si conoscono in Conservatorio e iniziano a suonare insieme in diversi progetti fino a scoprire la loro forte intesa nella formazione intima del duo: nasce Metamorfosi. Il disco si articola in una successione di brani in costante movimento, si apre con Crisalide e si conclude con Ali, come a rappresentare una farfalla pronta ad inebriarsi in volo dopo aver concluso il suo processo di trasformazione di traccia in traccia. Il progetto si compone unicamente di brani scritti da Valeria Mancini e Mattia Parissi, fatta eccezione per due omaggi a Wayne Shorter e Burt Bacharach, compositori che hanno fortemente ispirato la genesi di questo disco.

Nuove edizioni Deluxe in vinile di A Love Supreme e Village Vanguard di Coltrane

L'album in studio più iconico di John Coltrane e la sua registrazione live più celebrata saranno entrambi ristampati in speciali edizioni in vinile questo autunno.

L'etichetta storica del sassofonista, Impulse! Records, pubblicherà "A Love Supreme: Mono Edition" il 26 settembre (pre-ordine qui). Il 24 ottobre, Impulse! pubblicherà "The Complete 1961 Village Vanguard Recordings", un cofanetto di 7 LP (pre-ordine qui).

Il materiale del Vanguard proviene da uno dei primi ingaggi del quartetto di Coltrane, con McCoy Tyner al pianoforte, Jimmy Garrison al basso ed Elvin Jones alla batteria. Il produttore Bob Thiele si occupò degli arrangiamenti per una registrazione dal vivo al club, con il fonico Rudy Van Gelder che sistemò la sua attrezzatura su un tavolo vicino al palco. L'LP che ne risultò, "Coltrane "Live" At the Village Vanguard", vedeva il bassista Reggie Workman e il polistrumentista Eric Dolphy su un lato. Ma l'intera raccolta di registrazioni del Vanguard fu pubblicata negli Stati Uniti solo nel 1997, in un cofanetto di 4 CD.

Quel cofanetto, anch'esso intitolato The Complete 1961 Village Vanguard Recordings, è fuori catalogo da tempo. Il cofanetto di prossima uscita segnerà la sua prima uscita in vinile, con tutto il materiale – quattro ore e mezza di musica – presentato in ordine di esecuzione. Sarà pubblicato in edizione limitata in un cofanetto di 7 LP, con un libretto di 20 pagine contenente saggi, foto d'archivio e illustrazioni originali.

Come insieme di opere, le registrazioni del Village Vanguard rappresentano una dichiarazione di arrivo. "Coltrane aveva appena ultimato il suo quartetto", osserva Ben Ratliff in Coltrane: The Story of a Sound, "e la musica irradia sicurezza di sé". Quando Coltrane portò il quartetto ai Van Gelder Studios qualche anno dopo per registrare A Love Supreme, il linguaggio era ormai pienamente coerente, e la sicurezza di sé era solo un mezzo per raggiungere un fine.