Non capita spesso di trovarsi a registrare da soli in una chiesa alle 3 del mattino. Non sono religioso, ma ho provato qualcosa di unico suonando durante la notte mentre le strade intorno a me dormivano. Era come se la musica mi dicesse cosa suonare e io fossi il passeggero.
Lumen è nato da una varietà di semi compositivi: da canzoni composte in modo completo che rimangono fedeli alla partitura, lasciando poco spazio alla libertà, a improvvisazioni aperte registrate sul momento senza nulla di pre-definito. È nello spazio tra composizione e improvvisazione che avviene la magia e dove, se i musicisti sono disposti, la musica può condurre.
Ho registrato giorno e notte su un pianoforte a coda Yamaha e su un pianoforte verticale in feltro. Mi sembrava una sorta di ritiro solitario: seduto in un edificio di fede per tutta la notte, scavavo sempre più a fondo nella musica. Quando alla fine sono riemerso, ho sentito profondamente che era stata la musica a guidarmi, piuttosto che il contrario.
Come compositore, è la semplicità che cerco: come dire il massimo con il minimo. I miei album precedenti erano incentrati sul riempimento dello spazio, sia dal punto di vista testuale che dinamico. Ma l’esecuzione da solista è diversa. La libertà è illimitata e se da un lato può essere liberatoria, dall’altro comporta una maggiore responsabilità.

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