Il video della performance di John Coltrane ed Eric Dolphy, registrato nel 1961 in una rara trasmissione televisiva tedesca del 4 novembre 1961, girata a Baden-Baden per Jazz gehört und gesehen (“Jazz sentito e visto”), è uno di quei documenti in cui il jazz si fa rivoluzione, visione e resistenza contro i canoni precostituiti.
A vederli oggi, in bianco e nero, mentre dialogano con furia e profondità nei rispettivi strumenti – Coltrane al sax soprano e tenore, Dolphy al flauto o al clarinetto basso – si ha la netta impressione che stiano parlando un linguaggio già proiettato nel futuro. Un linguaggio che, all’epoca, suscitò non poche polemiche.
Nel 1961 Coltrane era da poco uscito dall’esperienza con Miles Davis. Con il suo nuovo quartetto – e con Dolphy come compagno d’avventure – aveva intrapreso un percorso di ricerca che rompeva con la forma standard del jazz post-bop. Le loro esplorazioni armoniche, i lunghi assoli, le dissonanze, le strutture aperte… tutto sembrava tradire la tradizione. E infatti la reazione di certa critica fu brutale: DownBeat, nel luglio dello stesso anno, pubblicò un articolo che accusava Coltrane e Dolphy di "non suonare jazz", definendo la loro musica “anti-jazz”.
Questo video è, in un certo senso, la loro risposta. Senza parole, senza polemiche: solo musica. Ma una musica che brucia, che travolge.
Coltrane suona con un’intensità quasi religiosa. Ogni frase sembra cercare qualcosa che sta oltre la nota, oltre l’accordo. Dolphy risponde, rilancia, crea tensione, poi la scioglie con un gesto melodico inatteso. Non si tratta solo di virtuosismo – che pure è straordinario – ma di dialogo profondo, di una visione condivisa della musica come forma di esplorazione spirituale.
Il video mostra anche il lato più umano del gruppo: lo sguardo concentrato dei musicisti, la comunicazione non verbale, i cenni d’intesa. Non c’è nulla di patinato, nulla di costruito. È jazz vissuto nel momento, nel rischio, nel respiro.
Oggi, a più di sessant’anni di distanza, questa performance conserva tutta la sua forza e la sua attualità. Non solo per il valore storico, ma perché ci ricorda cosa significa davvero fare musica: cercare, ascoltare, osare. In un’epoca in cui tutto è misurato in numeri e algoritmi, questa musica "sbagliata", "rumorosa", "estrema" ci restituisce un’idea autentica di espressione artistica.
Guardare (e ascoltare) Coltrane e Dolphy su quel palco televisivo tedesco è un’esperienza che chiede attenzione e apertura. Non è un sottofondo, non è un esercizio accademico. È una porta spalancata su un mondo dove l’improvvisazione è libertà e la dissonanza è un modo per raccontare il reale.
Per chi ama il jazz, per chi vuole capirlo, ma anche per chi è semplicemente curioso di scoprire un altro modo di pensare la musica: questo video è una tappa fondamentale.

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