Dopo l'acclamato "I Want More" del 2023, McCaslin abbraccia con ancora maggiore convinzione un'estetica guidata dalle chitarre e influenzata dal rock.
L'album, composto da nove brani dinamici e emotivamente carichi, testimonia l'evoluzione artistica di un musicista che non smette mai di esplorare territori sonori inesplorati. "L'equilibrio nell'esprimere passione, rabbia e la meraviglia della bellezza, mentre si cerca l'unità con la band, ha portato a questo momento", spiega McCaslin.
Le influenze che permeano il disco spaziano dall'energia primitiva di Neil Young - la cui performance di "Rockin' in the Free World" al Saturday Night Live viene definita da McCaslin "un momento iconico nella storia della musica" - fino al punch industriale dei Nine Inch Nails e al ruggito combattivo dei Rage Against the Machine. Queste contaminazioni si materializzano in brani come il singolo "Wasteland", dove il sassofono di McCaslin raggiunge l'intensità di una voce solista, bruciando nel mix con lo stesso fuoco che aveva caratterizzato il capolavoro finale di Bowie.
Per questo nuovo lavoro, McCaslin si è affidato ai suoi collaboratori di lunga data: Jason Lindner alle tastiere, Tim Lefebvre al basso (che ricopre anche il ruolo di produttore), Jonathan Maron al basso, Zach Danziger e Nate Wood alla batteria, e Ben Monder alla chitarra. La versatilità condivisa e la profonda intesa musicale del gruppo permettono una fusione perfetta tra l'intensità rock grezza e la sofisticatezza esplorativa che caratterizza il sound dell'album.
L'approccio produttivo dettagliato ed espansivo dell'album è stato plasmato dal missaggio del leggendario produttore Dave Fridmann (The Flaming Lips, MGMT), con contributi aggiuntivi di Steve Wall per "Celestial", "Solace" e "Lullaby for the Lost", e Aaron Nevezie per "Stately" e "Mercy". La produzione integra perfettamente effetti come riverberi, modulazioni e delay per creare contrasti tra spazi organici e sintetici, evidenziando i momenti musicali sia in modo sottile che drammatico.
Il singolo di lancio "Celestial" esemplifica la chimica spontanea della band. Nato durante un soundcheck a Fano, in Italia, il brano è emerso quando Lindner ha creato un suono di sintetizzatore "pieno di meraviglia", Lefebvre ha contribuito con una linea di basso con "una sfumatura da Weather Report", e Wood ha aggiunto un groove coinvolgente. McCaslin ha registrato il momento con il suo telefono, sviluppandolo poi nel brano finito insieme a Lefebvre e Lindner.
Il titolo dell'album racchiude molteplici significati per McCaslin, rappresentando sia il peso dei traumi personali e collettivi, sia la resilienza che può emergere attraverso di essi. "Si tratta di speranza... di quella luce interiore che non si spegne, ma si trasforma invece", riflette. "È imparare a incanalare il dolore in qualcosa di significativo, persino bello". Le composizioni riflettono questo equilibrio, fondendo profondità emotiva e chiarezza melodica con l'energia grezza e non filtrata delle performance dal vivo della band.
La title track è stata inizialmente ispirata dall'album "Le Noise" di Neil Young, con il lavoro di chitarra di Monder che crea quello che McCaslin descrive come uno spirito che ricorda "I Can't Give Everything Away" di Bowie. Il risultato cattura "bellezza e desiderio su un letto di angoscia - bellissima angoscia".
Con "Lullaby for the Lost", McCaslin si pone saldamente nel momento presente. "Non penso di essere mai stato più contento di come sia riuscito un disco", confida. "È significativo, è urgente, e sono io". L'album invita gli ascoltatori a perdersi nel suo paesaggio sonoro stratificato per emergerne rigenerati, una testimonianza del dono di McCaslin nel trasformare l'emozione grezza in musica profondamente espressiva e senza confini di genere.

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