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| Foto di Riccardo Piccirillo |
È quello di Luca Aquino, trombettista, compositore, viaggiatore sonoro che da anni porta avanti un percorso musicale coraggioso, personale, in costante evoluzione. In questi giorni, una notizia importante ha fatto vibrare le corde dell’orgoglio jazzistico italiano: Down Beat, la più autorevole rivista jazz statunitense, lo ha inserito nella sezione “Rising Star Trumpeter of the Year” del suo annuale Critics Poll.
Non è un riconoscimento qualsiasi. Fondata nel 1934, Down Beat è da quasi un secolo un punto di riferimento per musicisti, critici e appassionati di jazz. Essere menzionati sulle sue pagine, accanto a nomi già noti o in ascesa a livello mondiale, è una sorta di passaggio di testimone simbolico: un segnale che dice “questo musicista merita di essere ascoltato con attenzione”.
Aquino, che ha cominciato a suonare la tromba da autodidatta a 19 anni, ha costruito nel tempo una voce inconfondibile. Il suo suono è lirico, arioso, impregnato di spazi e silenzi. Non a caso ama registrare in luoghi naturali o acusticamente speciali: grotte, anfiteatri, chiese.
La sua discografia è ampia e variegata, ma mai disorientante: dai primi lavori come Sopra le Nuvole (2007) fino agli esperimenti di OverDOORS, in cui rilegge i Doors in chiave jazz, o Petra, inciso nel sito archeologico giordano insieme a un ensemble internazionale.
Oltre alla musica, Aquino è anche ideatore del festival Riverberi, un progetto che intreccia musica, luoghi e comunità, dando voce al territorio e creando ogni anno nuove connessioni tra artisti e pubblico. Un festival che riflette perfettamente la sua idea di arte come esperienza condivisa, immersiva, spesso nomade.
La menzione su Down Beat arriva in un momento di grande fermento: Aquino sta lavorando alla quindicesima edizione di Riverberi, ma soprattutto continua a scrivere musica, a collaborare, a cercare nuove frontiere espressive. “Sono onorato e grato”, ha scritto lui stesso sui social commentando la notizia, con la discrezione e l’umiltà che lo contraddistinguono. Ma dietro quelle parole c’è un mondo fatto di studio, ascolto, scelte fuori dagli schemi.
Essere oggi l’unico italiano in quella lista significa molto. Non solo per lui, ma per tutta una scena jazz che spesso lotta per emergere, per ottenere spazio e riconoscimento anche fuori dai confini nazionali. Aquino è la prova che un linguaggio personale, onesto e poetico può davvero superare barriere geografiche e culturali.

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