Johnny Hodges: 118 anni dalla nascita del "Rabbit"

Dontworry, CC BY-SA 2.5

Il 25 luglio 1907, esattamente 118 anni fa, nasceva a Cambridge, Massachusetts, John Cornelius Hodges, destinato a diventare uno dei sassofonisti più influenti e amati della storia del jazz. 

Johnny Hodges è stato descritto come un sassofonista che riusciva a ottenere dal suo strumento un suono più bello di qualsiasi altro, ed è difficile contestare questo giudizio.

Conosciuto affettuosamente con i soprannomi di "Rabbit" e "Jeep", Hodges sarebbe diventato il sassofonista di riferimento per Duke Ellington, forgiando un partnership artistica che avrebbe definito il suono del jazz per decenni.

Fin da piccolo fu autodidatta su batteria e pianoforte, suonando quest'ultimo ai balli. Quando aveva 14 anni, Hodges iniziò a suonare il sassofono soprano. La sua formazione fu quasi completamente autodidatta, eccetto alcune lezioni, che evidentemente ebbero un ottimo risultato, con Sidney Bechet per il sassofono soprano.

All'epoca l'unico sassofonista jazz significativo era Sidney Bechet, il maestro del soprano, che divenne una delle poche influenze dirette di Hodges nel suo percorso di crescita musicale.

Johnny Hodges fu il principale solista dell'orchestra di Duke Ellington nella quale suonò dal 1928, diventando il lead alto nella sezione dei sassofoni per molti anni. Questa collaborazione, durata quasi quarant'anni con una breve interruzione, rappresenta una delle partnership più durature e fruttuose nella storia del jazz.

Durante i suoi quasi quarant'anni con la band, Hodges perfezionò il suo stile morbido e vellutato su brani come "Passion Flower," "Lush Life," e "Prelude to a Kiss." Eseguì anche blues e pezzi up-tempo, inclusi "Jeep's Blues" e "Hodge-Podge".

Tra i maggiori solisti e sassofonisti di jazz, sviluppò uno stile originale, nato dal blues, fortemente lirico, caratterizzato dall'uso del glissando. Hodges suonava con considerevole autorità quando era con una band. Possedeva anche una padronanza tecnica del suo strumento e uno stile individualistico. Il suo uso del vibrato era unico nel suo genere.

Il suo tono puro sul sassofono contralto era il suo biglietto da visita, e lo utilizzava sia su ballate romantiche e lussureggianti che su brani più blues che mantenevano la band radicata nella musica delle sale da ballo, anche mentre Ellington si sforzava di produrre opere sinfoniche del più alto livello in un idioma americano.

Nel gennaio 1951, Johnny Hodges scioccò il mondo musicale e Duke Ellington decidendo di lasciare la band e formare il proprio gruppo. Dopo oltre 22 anni, si era stancato di essere solo un sideman stella e di suonare musica simile ogni sera. Tuttavia, questa separazione durò solo alcuni anni, e Hodges tornò nell'orchestra di Ellington negli anni '50.

Duke Ellington stesso riconobbe la grandezza artistica di Hodges: "Johnny Hodges ha completa indipendenza di espressione. Dice quello che vuole dire sul corno e questo è tutto. Lo dice nella sua lingua, che è specifica, e si potrebbe dire che la sua è pura arte".

L'influenza di Hodges fu così pervasiva nel jazz americano che le generazioni successive di sassofonisti, anche quelli che non lo hanno mai sentito suonare, hanno emulato il suo stile. Era un vero originale.

Quando Hodges morì l'11 maggio 1970 all'età di 62 anni per un attacco cardiaco, Ellington disse: "A causa di questa grande perdita, la nostra band non suonerà mai più allo stesso modo... Che Dio benedica questo bellissimo gigante nella sua identità".

A 118 anni dalla sua nascita, Johnny Hodges rimane un punto di riferimento assoluto per chiunque si avvicini al sassofono jazz. Il suo suono cremoso, la sua fraseggiatura impeccabile e la sua capacità di trasformare ogni melodia in poesia continuano a ispirare musicisti di tutto il mondo.

La sua eredità vive in ogni glissando espressivo, in ogni vibrato perfettamente controllato, in ogni frase che trasforma la tecnica in emozione pura. Johnny "Rabbit" Hodges non è stato solo un grande sassofonista: è stato un poeta dello strumento, un artista che ha saputo trovare la bellezza in ogni nota e trasmetterla con una naturalezza che ancora oggi lascia senza fiato.

Nel giorno del suo 118° compleanno, il jazz ricorda con gratitudine uno dei suoi figli più illustri, un musicista che ha elevato il sassofono contralto a vette di espressività mai raggiunte prima e probabilmente mai più eguagliate.

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