Dopo anni di collaborazioni con leggende del jazz come Marc Ribot, Tim Berne e Bill Frisell, il batterista e compositore californiano ci presenta un lavoro che distilla la sua esperienza in una forma quartettistica di rara intensità.
Clone Row nasce dall'incontro di quattro musicisti eccezionali. Oltre a Smith alla batteria, percussioni, vibrafono ed elettronica, troviamo due delle voci più innovative della chitarra contemporanea: Mary Halvorson e Liberty Ellman, insieme al bassista Nick Dunston.
Non si tratta di una formazione casuale, ma di un progetto pensato per esplorare nuove possibilità sonore attraverso l'interazione di personalità artistiche fortemente caratterizzate.
L'album segna una netta evoluzione rispetto al precedente Laugh Ash (2024), dove Smith dirigeva un ensemble di dieci musicisti. Qui la scelta è opposta: ridurre l'organico per intensificare l'interazione, creando uno spazio sonoro dove ogni elemento può emergere con maggiore chiarezza e forza espressiva.
Fin dalle prime note, Clone Row colpisce per la sua capacità di creare atmosfere avvolgenti. Le due chitarre di Halvorson ed Ellman dialogano attraverso i canali stereo, creando un paesaggio sonoro dove ogni strumento trova il suo spazio naturale. Non si tratta mai di sovrapposizioni casuali, ma di un dialogo costruito con cura, dove tensione e rilassamento si alternano in modo organico.
Smith dimostra ancora una volta la sua versatilità, passando dalla batteria al vibrafono con naturalezza, mentre l'elettronica non è mai invasiva ma sempre al servizio della musica. Il risultato è un suono che respira, che si espande e si contrae seguendo logiche interne precise ma mai prevedibili.
Ciò che rende Clone Row particolarmente affascinante è la capacità di Smith di sintetizzare influenze diverse in un discorso coerente. L'album attinge dal jazz d'avanguardia, dalla musica elettronica contemporanea, dalle tradizioni percussive che Smith ha esplorato nei suoi progetti precedenti, ma tutto confluisce in una visione unitaria che suona fresca e personale.
Ogni brano dell'album presenta una sua identità specifica, eppure l'ascolto dall'inizio alla fine rivela una narrazione sottile, un percorso che attraversa stati d'animo e atmosfere diverse mantenendo sempre una forte coerenza stilistica. Smith si conferma non solo un musicista tecnicamente impeccabile, ma anche un narratore capace di costruire architetture sonore complesse.
Clone Row si inserisce perfettamente nella tradizione del jazz contemporaneo più avventuroso, quello che non teme di esplorare territori inesplorati. Allo stesso tempo, l'album non rinnega mai le radici del jazz, ma le reinterpreta in chiave moderna, creando un ponte tra passato e futuro che suona del tutto naturale.
La presenza di Mary Halvorson e Liberty Ellman non è solo un colpo di scena per gli amanti del jazz, ma una scelta artistica precisa. Entrambi i chitarristi portano con sé linguaggi distintivi che, sotto la guida di Smith, trovano nuove possibilità espressive. Il risultato è un album che riesce a sorprendere anche chi conosce bene il lavoro individuale di questi musicisti.
Clone Row è uno di quegli album che si rivelano completamente solo dopo ascolti ripetuti. La prima impressione è già forte, ma è nelle riascoltate che emergono i dettagli, le sfumature, le connessioni interne che rendono questo lavoro così ricco e stratificato. Smith ha creato un mondo sonoro dove c'è sempre qualcosa di nuovo da scoprire.
L'album rappresenta un punto di arrivo ma anche un nuovo inizio per Ches Smith. Dopo anni di ricerca e sperimentazione, il musicista sembra aver trovato una formula che gli permette di esprimere al meglio la sua visione artistica. Clone Row è la dimostrazione che il jazz contemporaneo può essere al contempo accessibile e complesso, familiare e sorprendente.
Clone Row è molto più di un semplice album di jazz: è un'esperienza sonora che invita all'ascolto attento e alla riflessione. Smith ha creato un'opera che parla tanto ai musicisti quanto agli appassionati, un lavoro che riesce a essere profondo senza mai essere inaccessibile.
In un panorama musicale spesso frammentato, Clone Row rappresenta un esempio di come la collaborazione tra artisti di alto livello possa generare qualcosa di veramente nuovo. È un album che conferma Ches Smith come una delle voci più interessanti e innovative del jazz contemporaneo, un musicista capace di guardare al futuro senza mai dimenticare le proprie radici.
Per chi cerca musica che sfidi le convenzioni senza rinunciare alla bellezza, Clone Row rappresenta un ascolto imprescindibile. È un album che cresce con chi lo ascolta, rivelando nuove sfaccettature a ogni incontro, proprio come dovrebbe fare la grande musica.

Nessun commento:
Posta un commento