"Plural" di Gabriel Grossi è esattamente questo: un album che racconta 25 anni di incontri musicali straordinari, collaborazioni creative e una passione sconfinata per l'arte del suono.
Gabriel Grossi ha sempre avuto un dono particolare: quello di far parlare l'armonica in lingue diverse. Non è solo virtuosismo tecnico - anche se quello non manca - ma è la capacità di far dialogare questo strumento con sonorità che vanno dal jazz brasiliano al pop internazionale, dal choro al tango, creando ogni volta una conversazione autentica e mai forzata.
In "Plural", questa versatilità raggiunge forse il suo apice. L'album presenta dieci composizioni originali di Grossi, ognuna delle quali diventa un palcoscenico per incontri musicali irripetibili. È come se ogni brano fosse una piccola storia, con protagonisti diversi che si incontrano e creano qualcosa di nuovo insieme.
Quello che colpisce immediatamente nell'ascolto è la qualità delle collaborazioni vocali. Ed Motta trasforma "Onde Nascem as Ondas" in una ballad soul dall'intensità emotiva palpabile, con quel timbro inconfondibile che sembra accarezzare ogni nota. Zélia Duncan porta invece una delicatezza unica in "Nosso Amor Vadio", creando un samba che ha la cadenza ipnotica di una conversazione intima.
Ma è forse con "Chamego no Salão" che l'album trova uno dei suoi momenti più gioiosi. La voce di Lenine cattura perfettamente lo spirito del nordest brasiliano, aggiungendo quel tocco jazz che rende il brano irresistibile. E quando Leila Pinheiro interpreta "Nossa Valsa", si percepisce quella passione intensa che trasforma una canzone in una dichiarazione d'amore.
Se le collaborazioni vocali mostrano Grossi come compositore e arrangiatore, è nei brani strumentali che emerge la sua anima più libera. "Catarina e Teresa", creata in collaborazione con il leggendario Hermeto Pascoal, è un gioiello di improvvisazione dedicato alle figlie gemelle di Grossi. È musica che nasce dal momento, autentica e spontanea.
"Banzo" con Omar Sosa è un altro esempio di come Grossi riesca a creare dialoghi ritmici che superano le barriere culturali. Il pianista cubano e l'armonicista brasiliano si parlano attraverso i loro strumenti, creando una conversazione che è al tempo stesso personale e universale.
L'album non si limita ai confini del Brasile. "Motion" con Jacob Collier e Seamus Blake è un perfetto esempio di come jazz e pop possano fondersi in una conversazione melodica fluida e naturale. È bello sentire come Grossi riesca a tenere il passo con musicisti di questa caratura senza mai perdere la propria identità.
"Paisagem" con Anat Cohen è un altro momento magico. Il clarinetto della musicista israeliana si intreccia perfettamente con l'armonica di Grossi, creando atmosfere che oscillano tra choro e bolero con una naturalezza disarmante.
Quello che rende "Plural" un album speciale non è solo la qualità delle singole collaborazioni, ma la coerenza del progetto nel suo insieme. Grossi ha saputo creare un disco che celebra la diversità musicale senza mai perdere il filo conduttore della propria visione artistica.
Eduardo Farias, co-arrangiatore dell'album, merita una menzione particolare per le bellissime armonie pianistiche in "Botero" e per il contributo fondamentale alla realizzazione del progetto. La sua presenza discreta ma essenziale conferma che i migliori album nascono sempre da collaborazioni genuine.
"Plural" è, in definitiva, un album che parla d'amore. Amore per la musica, per le collaborazioni, per la diversità culturale, per l'arte del suono. Gabriel Grossi ha creato un disco che non è solo una celebrazione della propria carriera, ma un invito ad esplorare un universo musicale vasto e senza confini.
In un'epoca in cui la musica è spesso etichettata e categorizzata, "Plural" ci ricorda che la bellezza sta proprio nell'incontro tra mondi diversi, nella capacità di abbracciare l'arte con emozione profonda e passione autentica. È questo che sentiamo in ogni nota di questo album: un rispetto profondo per la diversità musicale che diventa il vero segno distintivo di una carriera straordinaria.
Non è solo il primo album non-jazz che molti ascoltatori potrebbero acquistare, come testimoniato dalle recensioni entusiastiche. È un disco che ridefinisce i confini stessi della musica, dimostrando che quando c'è vera passione e autentico talento, ogni categoria diventa troppo piccola per contenere la bellezza che ne nasce.

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