Pubblicato dall’etichetta italiana Dodicilune, il progetto è monumentale nel formato — 64 tracce distribuite su due dischi — ma agile e frammentario nel contenuto. Non c’è nulla di monumentale, in realtà: ogni brano sembra nascere e svanire come un pensiero musicale sospeso, un sussurro che attraversa lo spazio acustico per poi dissolversi.
È un songbook “immaginario” non solo per il titolo, ma per la natura stessa dell’ascolto che propone: ci sono standard — The Girl from Ipanema, Bag’s Groove, Serenade in Blue, Round Midnight — ma non sono mai citazioni pedisseque. Piuttosto, sono ombre, spunti, pretesti da cui emergono nuove forme.
Il primo disco si apre con una serie di brevi miniature che alternano composizioni originali a rivisitazioni. La forma è libera, ma non casuale: tutto ruota attorno a un equilibrio fragile tra struttura e destrutturazione. Il secondo CD prosegue in questa direzione, amplificando le sfumature, introducendo nuove tonalità emotive. A tratti sembra di ascoltare una trasmissione da una radio lontana, in cui passato e presente si sovrappongono, interferiscono, si confondono.
Sergio Armaroli, vibrafonista raffinato e sperimentatore instancabile, guida il progetto con sensibilità pittorica — non a caso, sua è anche la copertina del disco, che raffigura un paesaggio quasi onirico. Elliott Sharp, figura centrale della scena avant-garde newyorchese, con la sua chitarra e il sax soprano porta un'energia nervosa e visionaria. Steve Piccolo, già membro degli storici Lounge Lizards, aggiunge al contrabbasso e all’elettronica una componente verbale, recitativa, che dona ulteriori strati interpretativi all’intero lavoro.
Registrato tra Milano e New York, “Imaginary Songbook” è un dialogo a distanza, geografica e stilistica, ma anche una conversazione intima. Gli strumenti sembrano parlarsi sottovoce, scambiandosi impressioni più che idee. Il linguaggio è jazz, ma un jazz astratto, fluido, che sfugge alle definizioni.
Nel panorama discografico contemporaneo, in cui spesso la forma prende il sopravvento sul contenuto, questo disco rappresenta un gesto necessario: un invito a immaginare di nuovo il repertorio, a pensare la musica come spazio di possibilità più che di repertorio. “Imaginary Songbook” non è solo una raccolta di canzoni: è un archivio di fantasmi sonori, una mappa in divenire disegnata da tre esploratori dell'invisibile.

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